Tv e Spettacolo
Dieci anni senza Pino Daniele, un documentario al cinema
Sono tranno trascorsi dieci anni dalla morte di Pino Daniele, cantautore napoletano diventato ormai parte
fondamentale della cultura partenopea che, tra l’altro, nel 2025 avrebbe compiuto 70 anni. Per l’occasione sono tante le iniziative messe in piedi e non solo a Napoli. Citiamo, tra tutte, il documentario “Pino Daniele – Nero a metà” di Marco Spagnoli e Stefano Senardi nelle sale il 4, 5 e 6 gennaio per ripercorrere le tappe fondamentali della vita e della carriera del cantautore grazie anche alle testimonianze di icone della musica napoletana come Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Enzo Avitabile e Teresa De Sio.
In realtà la celebrazione di Pino Daniele, è iniziata già lo scorso 24 novembre quando allo stadio Maradona, prima della partita Napoli – Roma, è stato presentato in anteprima “Again”, brano inedito che Daniele aveva scritto, prodotto, arrangiato e cantato ma mai distribuito e che è stato pubblicato per volere di Alessandro e Sara, due dei cinque figli che il cantante ha avuto dalle due mogli Dorina Giangrande e Fabiola Sciarrabasi (gli altri sono Cristina, Sofia e Francesco).
Come ricordiamo, la morte di Pino Daniele è arrivata all’improvviso dieci anni fa: il cantante, che soffriva di problemi cardiaci, è stato colpito da un infarto nella sua casa di Magliano, in Toscana. A nulla è valsa la corsa verso l’ospedale Sant’Eugenio di Roma dove era in cura e dove è morto alle 22.45 del 4 gennaio.
Daniele era nato a Napoli, nel quartiere di Santa Chiara, il 19 marzo 1955, primo dei sei figli di una famiglia modesta. Inizia giovanissimo a suonare la chitarra e, dopo avere conseguito il diploma di ragioneria, nel 1974 esordisce con il 45 giri “Che calore / Fortunato”.
Tre anni dopo, quando Pino è già il bassista del gruppo Napoli Centrale, arriva il primo album, “Terra mia”, che contiene tra l’altro “‘Na tazzulella e cafè” e “Napule è”, diventata col tempo un manifesto della città. Il disco non ottiene successo ma la critica si accorge del talento di questo giovane cantautore e della sua voce dal timbro particolare. L’incontro con James Senese contribuisce ai tre album successivi, nati intorno a quello che Pino chiama “Taramblù”, un insieme di tarantella, rumba e blues: “Pino Daniele” (“con “Je so’ pazzo”, solo per citare uno dei brani, 1979), “Nero a metà” (quello di “A me me piace ‘o blues” e “Quanno chiove”, 1980) e “Vai Mo’” del 1981, quello di “Yes I know my way”, nell’anno in cui raduna duecentomila persone in un concerto in piazza del Plebiscito, a Napoli. Con l’album successivo, “Bella ‘mbriana” (1982), iniziano le collaborazioni con musicisti di fama internazionale: Alphonso
Johnson e Wayne Shorter dei Weather Report. In questi anni si consolida anche l’amicizia con Massimo Troisi (ironia della sorte, tradito anche lui dal suo cuore) per il quale scrive le musiche dei film “Ricomincio da tre”, “Le vie del Signore sono finite”, “Pensavo fosse amore… invece era un calesse”. Gli anni novanta lo consacrano a livello nazionale con album che
vendono milioni di copie ma, nel frattempo, diventa anche uno dei musicisti italiani più conosciuti all’estero, suonando con Bob Marley, Bob Dylan, Pat Metheny ed Eric Clapton. Collabora anche con Jovanotti, Eros Ramazzotti e Claudio Baglioni e duetta con Mina, Franco Battiato, Mario Biondi e J-Ax. Nel 2022 partecipa a una tournéè con Fiorella Mannoia, Francesco De Gregori e Ron. Nel 2013 esce la raccolta live “Tutta n’ata storia – Vai mo’ – Live in Napoli”.
Il 31 dicembre 2014 l’ultima apparizione in televisione ne “L’anno che verrà”: il programma di Rai1 condotto da Flavio Insinna da Courmayeur: in apertura Pino ha cantato “Quando” e poi, dopo la mezzanotte, “Io per lei”, “Yes I know my way” e “‘O Scarrafone”. Quattro giorni dopo, quel maledetto infarto.
-foto Agenzia Fotogramma-
(ITALPRESS)
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Tv e Spettacolo
Adrien Brody vince il Golden Globe, “Un onore raccontare gli immigrati”
Adrien Brody, già celebre per aver vinto l’Oscar come miglior attore protagonista nel 2003 per Il Pianista, ha nuovamente conquistato un importante riconoscimento ai Golden Globes 2024 per la sua interpretazione nel film The Brutalist. Il film, diretto da Brady Corbet, ha visto Brody protagonista nel ruolo di László Tóth, un architetto ebreo ungherese che sopravvive all’Olocausto e si rifugia negli Stati Uniti.
Un personaggio che riflette il tema dell’immigrazione
Brody ha raccontato di essersi immedesimato profondamente nel personaggio di László, che, dopo la fuga dall’Europa devastata dalla guerra, costruisce una nuova vita negli Stati Uniti. L’attore ha spiegato che raccontare l’esperienza degli immigrati è stato per lui un onore, visto che anche la sua famiglia ha vissuto un viaggio simile. Sua madre, la fotografa Sylvia Plachy, emigrò negli Stati Uniti negli anni ’50, fuggendo da Budapest durante la rivoluzione ungherese.
Un film che celebra la resilienza
Il personaggio di László, sebbene ispirato da eventi storici, è frutto di fantasia, ma simboleggia la lotta per la sopravvivenza e il contributo degli immigrati alla costruzione del sogno americano. Brody ha sottolineato come gli immigrati, pur contribuendo alla crescita del paese, venivano trattati come estranei. “Nonostante l’assimilazione, molti immigrati venivano trattati come se non fossero all’altezza”, ha spiegato l’attore.
Il film, che racconta la vita di un architetto che trova successo in America, esplora anche l’arte e la cultura portata dagli emigranti che, pur affrontando difficoltà e discriminazioni, hanno dato un contributo fondamentale alla crescita urbana e sociale degli Stati Uniti.
Cinema come strumento di memoria e lotta contro l’intolleranza
Brody ha inoltre riflettuto sul potere del cinema di farci riflettere sull’importanza della memoria e sulla lotta contro l’intolleranza: “La bellezza del cinema è che ci fa sedere tutti insieme in una stanza buia, ricordandoci che dobbiamo essere vigili e non permettere più intolleranza e oppressione.”
Con la sua performance in The Brutalist, Brody non solo ha vinto il Golden Globe, ma ha anche offerto al pubblico una potente riflessione sulla resilienza degli immigrati e sull’importanza di accogliere e comprendere le diverse storie di vita.
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Addio ad Antonio Sancassani, storico proprietario del cinema Mexico di Milano
Antonio Sancassani, iconico proprietario del cinema Mexico di Milano, si è spento all’età di 82 anni dopo una lunga malattia. Fondatore del Mexico nel 1980, Sancassani era una figura di spicco nel panorama culturale milanese e internazionale, noto per aver mantenuto in programmazione per oltre quarant’anni il cult musicale “The Rocky Horror Picture Show”, trasformando ogni proiezione in un evento festoso e partecipativo.
Un uomo e il suo cinema
Nel 2011 Sancassani aveva ricevuto l’Ambrogino d’Oro, la massima onorificenza del Comune di Milano, in riconoscimento del suo contributo alla cultura cittadina. Il cinema Mexico, sotto la sua guida, è diventato un punto di riferimento per gli amanti del cinema indipendente e per chi cercava un’esperienza cinematografica unica.
Cordoglio sui social
La notizia della sua scomparsa ha suscitato numerosi messaggi di affetto e cordoglio sui social. “È morto Antonio Sancassani, favoloso combattente del cinema Mexico di Milano”, scrive un’utente su X (ex Twitter), aggiungendo poeticamente: “Per un momento nel mondo tutti i proiettori hanno smesso di funzionare”.
Cinema Mexico chiuso per lutto
Oggi il cinema Mexico ha chiuso le sue porte in segno di lutto, con un cartellone esposto all’ingresso e un messaggio registrato sulla segreteria telefonica per annunciare la perdita del suo storico fondatore.
Antonio Sancassani lascia un’eredità indelebile nel mondo del cinema e nella memoria collettiva di Milano, dove il suo impegno e la sua passione hanno dato vita a un luogo di cultura e comunità amato da generazioni.
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Morto il regista Jeff Baena, marito di Aubrey Plaza
Jeff Baena, noto regista e scrittore, è stato trovato morto il 3 gennaio all’età di 47 anni. Era il marito dell’attrice Aubrey Plaza. Baena, famoso per film come Life After Beth e The Little Hours, è stato trovato senza vita in una casa nella zona di Los Angeles. A darne notizia sono stati i media statunitensi, che citano fonti delle forze dell’ordine.
Secondo le informazioni fornite dalle autorità, Baena è stato trovato da un assistente che ha chiamato la polizia intorno alle 10:30 del mattino (ora locale). Le prime indagini suggeriscono che potrebbe trattarsi di un suicidio.
La notizia della sua morte ha sconvolto il mondo del cinema e i fan, con molti che hanno espresso le loro condoglianze sui social media. La tragica scomparsa di Baena lascia un vuoto nella comunità cinematografica, e in particolare nel cuore della sua famiglia e dei suoi cari.
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