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Politica

Meloni: “Il cessate il fuoco in Libano è solo un punto di partenza”

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Il cessate il fuoco in Libano, annunciato nella notte, rappresenta “uno sviluppo molto importante e positivo”, ma deve essere considerato “un punto di partenza e non di arrivo”. Lo ha dichiarato la premier Giorgia Meloni intervenendo ai Med Dialogues di Roma.

Meloni ha sottolineato l’importanza di sfruttare questa opportunità per lavorare alla stabilizzazione del confine tra Israele e Libano, consentendo il ritorno in sicurezza di tutti gli sfollati, sia israeliani che libanesi.

L’IMPEGNO DELL’ITALIA

La premier ha ribadito che l’applicazione completa della risoluzione 1701 delle Nazioni Unite è fondamentale, insieme al rafforzamento della capacità di Unifil e delle forze armate libanesi. “Sono orgogliosa che l’Italia, attraverso il comando dell’iniziativa Military Technical Committee for Lebanon, abbia un ruolo centrale in questa sfida”, ha affermato. Ha inoltre evidenziato la necessità di lavorare con i partner del G7, del Golfo e dell’Unione Europea per potenziare le forze armate libanesi, così da consentire loro di assumersi le responsabilità previste dal mandato ONU.

LA CRISI IN MEDIO ORIENTE

Meloni ha poi affrontato il tema della crisi in Medio Oriente, che comprende il conflitto nella Striscia di Gaza e le tensioni in Libano. Ha lodato il lavoro del governo italiano, in particolare il ministro degli Esteri Antonio Tajani, per l’impegno verso una de-escalation del conflitto e la promozione di una soluzione politica duratura.

“È essenziale gettare le basi per una prospettiva dei due Stati, dove Israele e Palestina possano finalmente coesistere in pace e sicurezza”, ha concluso, ribadendo l’importanza della diplomazia italiana nel contribuire alla stabilità della regione.

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Question Time alla Camera con i ministri Tajani, Nordio, Pichetto e Bernini

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Oggi, alle 15, si è svolto il Question Time trasmesso in diretta televisiva dalla Rai, con la partecipazione di vari ministri.

Antoni Tajani, ministro degli Esteri, ha risposto a una domanda sulla decisione della Corte Penale Internazionale (CPI) riguardo i mandati di arresto per il primo ministro israeliano Netanyahu e l’ex ministro della difesa Gallant. Tajani ha dichiarato che il governo italiano ha preso atto della decisione della Corte, ma ha sottolineato la necessità di esaminare in dettaglio le motivazioni alla base di tali mandati. Ha anche rimarcato che l’Italia sta conducendo approfondimenti giuridici insieme ad altri Paesi dell’Unione Europea, in relazione alla prevalenza del diritto internazionale generale sulle immunità. Il ministro ha ribadito che il ruolo della CPI deve rimanere giuridico, non politico, e ha ribadito che la via per la pace in Medio Oriente è quella della diplomazia, non dei mandati di arresto.

Carlo Nordio, ministro della Giustizia, ha risposto a interrogazioni relative a diverse questioni, tra cui la permanenza in carica del sottosegretario Delmastro Delle Vedove, e le misure a favore dei detenuti e degli agenti di polizia penitenziaria, in relazione alle condizioni di vita e di lavoro nelle carceri italiane. Ha anche parlato di proposte per semplificare l’elezione dei componenti degli organi territoriali e nazionali dell’Ordine dei giornalisti.

Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, ha risposto a una interrogazione sulla Conferenza COP29 sui cambiamenti climatici e sulle iniziative per favorire misure energetiche che rispettino la neutralità tecnologica. Ha sottolineato l’importanza di diversificare le fonti energetiche e di continuare a lavorare per una transizione ecologica equilibrata.

Anna Maria Bernini, ministra dell’Università e della Ricerca, ha risposto a una domanda riguardante il confronto accademico e il contraddittorio in ambito universitario, in particolare in relazione a corsi e eventi riguardanti le cosiddette teorie di genere. Bernini ha chiarito la posizione del governo sull’importanza di un ambiente accademico libero e pluralista.

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Politica

Nuova fumata nera del Parlamento per l’elezione dei giudici della Consulta

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Il Parlamento ha registrato la decima fumata nera nella seduta comune per l’elezione dei giudici della Corte Costituzionale. Anche la votazione per l’elezione di altri tre giudici, prevista per la prima volta nella stessa seduta, ha visto un esito negativo, con nessuno dei candidati che ha raggiunto il quorum richiesto. La maggior parte delle schede è risultata bianca, con due voti dispersi.

Durante la seduta, i quorum per l’elezione dei giudici erano differenti: per il primo giudice, che dovrebbe sostituire Silvana Sciarra, il quorum richiesto era di tre quinti, mentre per gli altri tre, in scadenza a fine dicembre (il presidente Augusto Antonio Barbera, Franco Modugno e Giulio Prosperetti), il quorum era di due terzi. Sono state allestite due urne separate per le votazioni, una con schede gialle e una con schede azzurre.

Nonostante i tentativi di trovare un accordo tra i partiti, che prevede probabilmente la nomina di due giudici in quota centrodestra, uno in quota opposizione e un tecnico, il Parlamento non è riuscito a raggiungere un’intesa. Si stanno anche valutando le tempistiche per il possibile via libera, con l’ipotesi di spostare il voto a un altro scrutinio per riallineare i quorum per tutti i giudici della Consulta.

Il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, ha annunciato che la convocazione del Parlamento in seduta comune per l’elezione dei giudici continuerà ogni settimana finché non si raggiunga un accordo.

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Politica

Emendamento del governo sul 2 per mille ai partiti: i dubbi del Quirinale

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L’emendamento del governo al decreto Fisco, che ridisegna il sistema del 2 per mille ai partiti politici, ha sollevato perplessità da parte del Quirinale. La proposta prevede che anche la quota non scelta dai contribuenti vada a finanziare i partiti, in modo analogo all’8 per mille destinato alle confessioni religiose, e aumenta il tetto dei finanziamenti a 42,3 milioni di euro, rispetto agli attuali 25,1 milioni.

Tuttavia, secondo fonti del Quirinale, il provvedimento rischia di essere giudicato non conforme per due motivi principali: disomogeneità rispetto al decreto fiscale, che richiede misure di necessità e urgenza, e la natura della riforma, che avrebbe bisogno di un intervento normativo più articolato. Inoltre, il cambiamento impatta sia sulle finanze pubbliche sia sulla libertà di scelta dei cittadini.

Se approvato, l’emendamento permetterebbe alla politica di raddoppiare i fondi percepiti dal 2 per mille, portando complessivamente i contributi a oltre 40 milioni di euro annui. Attualmente, i partiti ricevono poco più di 24 milioni, con il Pd che raccoglie la quota maggiore (circa 30,45% del totale).

L’opposizione ha reagito con toni critici: il M5s ha definito l’iniziativa un “colpo di mano” del governo, mentre Avs ha annunciato che non accetterà la riformulazione proposta. Il Pd, più cauto, attende gli sviluppi del dibattito parlamentare.

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