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Il mercato sommerso dei crediti fiscali del Superbonus: tra speranze, incagli e guadagni internazionali

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ADN24

Il Superbonus 110%, nato per incentivare la ristrutturazione degli edifici e migliorare l’efficienza energetica, si è trasformato da promessa rivoluzionaria a un terreno accidentato di crediti fiscali incagliati. L’iniziativa, pensata per permettere ai cittadini di ristrutturare casa “gratis” trasferendo i costi a imprese edili, ha visto la creazione di un meccanismo complesso: i crediti maturati dalle aziende per i lavori effettuati venivano ceduti a banche e istituti finanziari in cambio di liquidità immediata. Tuttavia, il blocco delle cessioni di credito da parte del governo Meloni nel 2023 ha creato una crisi senza precedenti, con miliardi di euro congelati e migliaia di imprese in difficoltà.

Per far fronte a questo blocco, sono nate nuove soluzioni finanziarie: le SPV, o società veicolo. Queste entità, tipicamente utilizzate in operazioni di cartolarizzazione, acquistano i crediti fiscali bloccati dalle aziende edili, li aggregano in pacchetti e li trasformano in obbligazioni da piazzare sui mercati finanziari. Il ricavato viene poi redistribuito lungo la filiera, permettendo alle imprese di recuperare parte della liquidità sperata.

Secondo i dati della Banca d’Italia, nel 2023 si è registrato un boom di queste società: oltre 1.000 SPV sono state create in Italia, con una concentrazione significativa nel Veneto. A Conegliano, in provincia di Treviso, ne sono state censite 285, rendendo la cittadina un vero e proprio epicentro del mercato dei crediti fiscali.

L’emergere delle SPV ha dato vita a un panorama eterogeneo di attori. Non si tratta solo di grandi operatori finanziari, ma anche di profili inaspettati: studenti universitari, wedding planner, cooperative e imprenditori locali. Uno dei casi più emblematici è quello di Francesco Edoardo Barzago, un ventitreenne studente di economia, che è riuscito a gestire pacchetti di crediti per milioni di euro.

Tuttavia, la mancanza di regolamentazione stringente e la fretta di monetizzare i crediti hanno portato a situazioni controverse. Alcuni intermediari sono scomparsi con i soldi delle commissioni, lasciando le imprese ancora più in difficoltà. Altri, pur avendo acquisito ingenti quantità di crediti, non sono riusciti a piazzarli sul mercato, bloccando ulteriormente il flusso di liquidità.

Le SPV utilizzano un processo noto come cartolarizzazione per gestire i crediti fiscali. Questo consiste nell’aggregare i crediti in pacchetti finanziari e convertirli in obbligazioni da vendere a investitori. Tuttavia, il valore effettivo di queste obbligazioni dipende dalla solvibilità del sistema fiscale e dalla capacità dello Stato di riconoscere i crediti.

In molti casi, il prezzo di acquisto dei crediti da parte delle SPV è significativamente inferiore al loro valore nominale, consentendo ai compratori di realizzare un potenziale guadagno. Per le imprese edili, però, questo deprezzamento rappresenta un’ulteriore perdita rispetto a quanto avevano inizialmente previsto.

Il blocco delle cessioni di credito e la difficoltà di smaltire i crediti incagliati stanno avendo ripercussioni su tutta la filiera. Le imprese edili, prive della liquidità necessaria, sono costrette a rallentare o sospendere i lavori, con conseguenze dirette per i cittadini che hanno intrapreso ristrutturazioni basandosi sulla promessa di un sistema che si è rivelato instabile.

Nel frattempo, il mercato sommerso creato dalle SPV solleva interrogativi sulla trasparenza e sulla sostenibilità del meccanismo. Chi guadagna realmente da questo sistema? E a quale costo per lo Stato e per i contribuenti?

Il caso del Superbonus 110% rappresenta un esempio emblematico di come una politica ambiziosa possa degenerare in un problema sistemico senza una pianificazione adeguata. Con miliardi di euro ancora bloccati e migliaia di imprese in difficoltà, il futuro di questo meccanismo appare incerto.

Se da un lato le SPV offrono una possibile via d’uscita per i crediti incagliati, dall’altro rischiano di trasformare il mercato in una giungla finanziaria, dove i guadagni sono concentrati nelle mani di pochi, lasciando imprese e cittadini a fare i conti con le conseguenze.

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