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Politica

Cgil contro la precettazione: “Grave violazione del diritto di sciopero”

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Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ha espresso una dura critica nei confronti dell’ordinanza di precettazione firmata dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, in relazione allo sciopero previsto nel settore dei trasporti. Durante un’intervista a Metropolis, piattaforma del gruppo Gedi, Landini ha definito l’atto come una “grave violazione del diritto di sciopero”, sottolineando che tale misura limita la libertà dei lavoratori di scegliere se aderire alla protesta.

La Cgil non intende rimanere passiva di fronte a quella che considera una restrizione dei diritti fondamentali. Landini ha annunciato che il sindacato ricorrerà al TAR per ottenere una sospensiva dell’ordinanza. “Lo sciopero ci sarà e sarà consistente”, ha comunque dichiarato con fermezza, ribadendo l’intenzione di portare avanti la mobilitazione nonostante le difficoltà. Tuttavia, il leader sindacale ha precisato che non metterà a rischio i singoli lavoratori: “Non possiamo permettere che vengano esposti a sanzioni”.

Landini ha poi denunciato quella che ritiene una strategia mirata del governo per delegittimare il ruolo del sindacato e la sua leadership. “Da sempre il sindacato confederale svolge una funzione politica nel fare contrattazione”, ha evidenziato, ricordando il valore storico delle organizzazioni sindacali nel garantire la tutela dei diritti dei lavoratori.

La protesta, che si preannuncia significativa, punta non solo a salvaguardare il diritto di sciopero, ma anche a riaffermare il ruolo cruciale del sindacato nel contesto politico e sociale italiano. Questo scontro con il governo rappresenta un ulteriore capitolo delle tensioni tra le parti sociali e l’esecutivo, confermando un clima di confronto sempre più acceso.

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Von der Leyen II: fiducia con record negativo, la Commissione parte divisa

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Ursula von der Leyen ha ottenuto la fiducia per il suo secondo mandato alla guida della Commissione europea, ma con un record negativo che evidenzia le divisioni interne al Parlamento europeo. La sua nuova squadra ha raccolto 370 voti favorevoli su 688 partecipanti, il risultato più basso di sempre per un presidente della Commissione. Un confronto significativo rispetto ai 461 voti che lei stessa aveva ricevuto nel 2019 o ai 510 che avevano sostenuto Romano Prodi in passato.

La votazione ha evidenziato un Parlamento frammentato, con perdite di consensi per von der Leyen da parte di una parte dei Verdi, di socialisti di diverse nazioni e persino di alcuni membri del suo Partito Popolare Europeo (PPE). Tuttavia, il supporto di Fratelli d’Italia e di una parte dei Conservatori e Riformisti ha contribuito a garantirle il risultato. Questo spostamento verso destra è stato criticato da esponenti come Nicola Zingaretti, del Partito Democratico italiano, che ha evidenziato come la Commissione risulti indebolita ogni volta che cerca il sostegno conservatore.

La delegazione italiana ha votato in modo frammentato. Forza Italia, Fratelli d’Italia e gran parte del Partito Democratico hanno sostenuto la Commissione, mentre il Movimento 5 Stelle, la Lega, Verdi e Sinistra italiana si sono opposti. Anche all’interno del Pd, due deputati indipendenti hanno votato contro.

Le tensioni che hanno preceduto il voto hanno messo in luce le difficoltà di von der Leyen nel costruire una maggioranza stabile. Le nomine di figure controverse come Raffaele Fitto, vicepresidente scelto per accontentare i popolari e i conservatori, e della socialista spagnola Teresa Ribera, che ha alienato una parte del PPE, hanno alimentato divisioni.

Nonostante ciò, von der Leyen ha dimostrato abilità politica nel negoziare compromessi, includendo un ex leader dei Verdi come consigliere per recuperare parte del loro sostegno. Tuttavia, l’avvio del nuovo mandato, che inizierà ufficialmente il primo dicembre, preannuncia un quinquennio segnato da sfide e turbolenze politiche, con una maggioranza parlamentare fragile e potenziali cambi di equilibri in vista.

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Politica

Assemblea costituente M5S: contestazioni e sfide per il futuro del Movimento

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L’assemblea costituente del Movimento 5 Stelle, tenutasi al Palazzo dei Congressi di Roma con l’evento “Nova”, ha visto un’importante partecipazione ma è stata segnata da contestazioni. Secondo gli organizzatori, oltre 3.500 persone hanno preso parte all’iniziativa, ma l’atmosfera è stata turbata dall’intervento di un gruppo di dissidenti che hanno espresso malcontento verso la leadership di Giuseppe Conte e la direzione intrapresa dal Movimento. I contestatori, legati al gruppo “I figli delle stelle”, hanno interrotto i lavori con slogan critici come “Siete come il Pd” e “Due mandati e a casa”, accusando il M5S di aver tradito i principi originari di onestà, trasparenza e vicinanza alla gente comune.

Conte, dal palco, ha difeso il processo costituente, dichiarando che il dissenso è un elemento naturale e segno di una forza politica sana, pur ribadendo che opporsi alla partecipazione democratica contraddice i valori fondativi del Movimento. Il leader ha sottolineato che, grazie alla piattaforma digitale Skyvote, il M5S sta superando i modelli tradizionali di democrazia diretta, dando a tutti gli iscritti la possibilità di decidere il futuro del partito.

Tra le decisioni in discussione, spiccano temi fondamentali come il limite dei due mandati, la modifica di nome e simbolo, il ruolo di Beppe Grillo come garante e quello di Conte come presidente. Inoltre, gli iscritti sono chiamati a esprimersi su questioni strategiche quali giustizia, economia, alleanze politiche e la posizione sulla guerra.

Nonostante le contestazioni, Conte ha definito il raggiungimento del quorum “una vittoria della partecipazione” e ha evidenziato l’importanza del coinvolgimento attivo per costruire il futuro del Movimento. L’assemblea rappresenta una tappa cruciale per il M5S, che cerca di consolidare la propria identità e affrontare le tensioni interne in un momento politico complesso. Tuttavia, le divisioni emerse riflettono le difficoltà di un Movimento che, pur rinnovandosi, fatica a mantenere l’unità e la coesione che lo avevano caratterizzato alle origini.

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Politica

Decreto fiscale approvato tra tensioni e veti: cosa cambia per gli italiani

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Il decreto fiscale collegato alla manovra 2025 ha superato l’esame della commissione Bilancio del Senato, ma il percorso è stato tutt’altro che lineare. Le tensioni all’interno della maggioranza sono esplose con un botta e risposta tra Lega e Forza Italia, che si sono reciprocamente ostacolate su temi chiave. Il clima teso è destinato a pesare anche sulle prossime tappe parlamentari.

Uno dei punti più controversi riguarda il canone Rai. Per il 2025, l’importo sarà di 90 euro, un aumento rispetto ai 70 euro del 2024. La Lega avrebbe preferito mantenere il taglio, ma Forza Italia, con un voto inaspettato a fianco dell’opposizione, ha bloccato la proposta di proroga.

Il decreto introduce anche un’estensione del Bonus Natale: un contributo una tantum di 100 euro, ampliato per includere i genitori single con redditi fino a 28.000 euro. Tuttavia, il beneficio sarà concesso a un solo membro per nucleo familiare.

Tra le altre misure, il provvedimento prevede l’aumento di 3 milioni di euro al tetto per i contributi ai partiti e l’estensione dei termini, fino al 12 dicembre, per aderire al concordato preventivo biennale. Questo strumento consente ai contribuenti di pagare le tasse secondo le proposte dell’Agenzia delle Entrate per un periodo di due anni.

In ambito sanitario, i fondi stanziati durante l’emergenza Covid e non utilizzati saranno destinati al potenziamento delle prestazioni e allo smaltimento delle liste d’attesa, coinvolgendo anche operatori privati accreditati.

Le divisioni nella maggioranza hanno suscitato un acceso dibattito. Il voto di Forza Italia con le opposizioni sul canone Rai ha scatenato la reazione della Lega, che ha bocciato emendamenti sostenuti dagli azzurri. La premier Giorgia Meloni ha minimizzato pubblicamente definendo questi contrasti “schermaglie”, ma fonti interne parlano di un malumore crescente nei confronti dei suoi alleati.

L’opposizione, intanto, cavalca la situazione. La leader del PD, Elly Schlein, ha definito la maggioranza “in frantumi” e sottolineato come queste divisioni indeboliscano la capacità del governo di affrontare le sfide future.

La discussione del decreto proseguirà con il voto in Aula al Senato, seguito dall’approvazione alla Camera. Giovedì 5 dicembre è previsto il voto finale, ma l’atmosfera resta rovente e il percorso della manovra 2025 si annuncia tutt’altro che agevole.

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