Politica
Beppe Grillo celebra l’addio al M5S delle origini e apre a nuovi scenari
La tensione all’interno del Movimento 5 Stelle continua a crescere, con Beppe Grillo che interviene in modo eclatante, segnando una possibile svolta storica. Alla guida di un carro funebre, simbolo provocatorio del suo messaggio, il fondatore ha annunciato la “morte” del M5S delle origini. “Il Movimento 5 Stelle è morto,” ha dichiarato Grillo, lanciando una stoccata a Giuseppe Conte e invitandolo a trovare “un nuovo simbolo”.
Le critiche di Grillo si concentrano sul contrassegno pentastellato, un emblema che, secondo lui, è stato snaturato dall’attuale leadership. “Vedere tutto quello che ha rappresentato in mano a queste persone mi dà un senso di disagio,” ha aggiunto. Ma il fondatore del Movimento non si è limitato al lamento: ha lasciato intendere un possibile nuovo progetto politico, senza però svelarne i dettagli.
Il dibattito sul logo del M5S si preannuncia come il nuovo terreno di scontro tra Grillo e Conte. La disputa coinvolge aspetti complessi di diritto civile, marchi e diritto elettorale, aprendo un fronte che potrebbe avere ripercussioni anche sulla strategia politica del Movimento.
Per Giuseppe Conte, che ha cercato di guidare il M5S verso una posizione più istituzionale e moderata, l’attacco di Grillo rappresenta un’ulteriore sfida. Mentre Grillo sembra intenzionato a richiamare lo spirito originario del Movimento, fatto di protesta e visione rivoluzionaria, Conte ha puntato su una leadership più pragmatica, spingendo il M5S verso una maggiore integrazione nel sistema politico tradizionale.
La frattura tra i due leader riflette le tensioni tra il passato e il futuro del Movimento. Se il confronto sul logo è solo l’inizio, è chiaro che il destino del M5S è in bilico, con un possibile cambio di rotta che potrebbe ridisegnare il panorama politico italiano nei prossimi mesi.
Politica
Rissa in Consiglio regionale della Lombardia: Majorino e La Russa protagonisti di un acceso scontro
Il Consiglio regionale della Lombardia è stato teatro di una violenta rissa verbale e fisica durante la discussione di una mozione di censura nei confronti dell’assessore alla Sicurezza, Romano La Russa. La mozione era stata presentata dalle opposizioni a seguito di un episodio accaduto qualche settimana fa, quando La Russa aveva provocato i consiglieri di centrosinistra, accusandoli di scarsa capacità politica e lanciando pesanti insulti.
Durante la discussione, La Russa ha nuovamente provocato l’opposizione, lanciando un attacco diretto al capogruppo del PD, Pierfrancesco Majorino, e facendo un riferimento a “tue antenati” legati agli anni Settanta, con parole che hanno suscitato la reazione furiosa di Majorino. L’assessore, inoltre, ha aggiunto un’altra provocazione, dicendo a Majorino di “tornarsi al Corvetto”, quartiere milanese recentemente al centro di violenti scontri. Queste parole hanno scatenato la reazione immediata di Majorino, che si è alzato dai banchi dell’opposizione, si è avvicinato ai banchi della giunta e ha strappato il microfono dalle mani di La Russa.
Il gesto ha fatto scaturire una breve ma intensa colluttazione tra i due, con spintoni reciproci, che è stata interrotta solo dall’intervento di altri consiglieri regionali e degli addetti all’Aula. La seduta è stata sospesa per evitare che la situazione degenerasse ulteriormente.
La mozione di censura era nata a seguito delle polemiche che erano esplose quando La Russa aveva commentato il rapporto del Consiglio d’Europa sul presunto razzismo delle forze dell’ordine italiane, accusando i consiglieri di centrosinistra di mentire e dicendo loro di “andare a dire ai loro amici in Europa di raccontare meno palle”. Questo episodio aveva alimentato le tensioni politiche e la mozione di censura si inseriva in un clima già molto acceso, caratterizzato da insulti e provocazioni reciproche tra maggioranza e opposizione.
Lo scontro, che ha avuto ripercussioni anche sulla gestione delle sedute parlamentari, evidenzia il clima di forte polarizzazione che attraversa la politica lombarda.
Politica
Riforma fiscale: via libera ai nuovi decreti, novità su Irpef e Ires, ma il Bonus Natale slitta
Il Consiglio dei ministri ha approvato un ulteriore decreto legislativo nell’ambito della riforma fiscale, introducendo importanti novità per Irpef e Ires. Tra le misure principali, è stata confermata la stabilizzazione dal 2025 dei tre scaglioni Irpef con le relative aliquote, insieme alla modifica delle soglie per le detrazioni destinate ai lavoratori dipendenti. Anche la tassazione per il lavoro autonomo e il reddito d’impresa subirà un adeguamento, delineando un quadro più chiaro per contribuenti e imprese.
Slitta, invece, il provvedimento sul Bonus Natale, inizialmente previsto nel decreto Omnibus. Il contributo di 100 euro sulle tredicesime per i lavoratori con redditi fino a 28 mila euro e figli a carico sarà oggetto di un decreto specifico che verrà approvato nei prossimi giorni.
Nel frattempo, il governo ha deciso la destinazione dell’otto per mille Irpef di competenza statale per il 2023: i fondi saranno utilizzati per progetti di prevenzione e recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche. Una scelta che mira a fronteggiare l’aumento di fenomeni legati alle dipendenze, considerati una priorità sociale e sanitaria.
Le novità rientrano in un quadro più ampio di interventi volti a semplificare e razionalizzare il sistema fiscale italiano. Tuttavia, alcune misure, come il Bonus Natale, richiedono ancora perfezionamenti per garantire il sostegno ai lavoratori e alle famiglie in tempi utili per le festività.
Politica
Caso Stellantis: dimissioni di Carlos Tavares e crisi nell’automotive, preoccupazione tra lavoratori e politica
Le dimissioni dell’amministratore delegato Carlos Tavares hanno gettato Stellantis in un momento di forte incertezza, generando allarme tra i lavoratori e accendendo il dibattito politico. A preoccupare è il futuro del gruppo automobilistico, una delle colonne portanti dell’industria italiana, e le ripercussioni sulle fabbriche nazionali e sui dipendenti.
John Elkann, presidente di Exor e figura chiave di Stellantis, ha scelto la linea del silenzio, rifiutando di presentarsi davanti alla commissione Attività produttive della Camera. Ha dichiarato di voler attendere gli sviluppi dei tavoli di confronto con il governo, prima al ministero delle Imprese e poi a Palazzo Chigi. Questa posizione ha suscitato critiche trasversali.
Matteo Salvini ha puntato il dito contro la proprietà, sostenendo che Stellantis ormai “di italiano ha ben poco” e denunciando anni di trasferimenti produttivi all’estero nonostante i finanziamenti pubblici ricevuti. Anche il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi e Sinistra e Azione hanno chiesto al premier Giorgia Meloni un’informativa urgente per chiarire la posizione del governo sulla crisi in atto.
Intanto, l’esecutivo valuta misure per sostenere il settore automobilistico nella prossima manovra economica. Non ci saranno incentivi diretti ai consumatori per l’acquisto di veicoli, ma si pensa a uno stanziamento di 400 milioni di euro per supportare le aziende della filiera. Gli interventi, che includeranno aiuti alla componentistica come motori, marmitte e vetri, sono tuttavia limitati dalle scarse risorse disponibili.
La situazione rimane delicata. Da un lato, si teme che il vuoto di leadership e le tensioni tra politica e proprietà possano minare la competitività di Stellantis in Italia; dall’altro, i lavoratori chiedono garanzie sul futuro delle fabbriche e dell’occupazione. Le prossime settimane saranno cruciali per delineare il destino del gruppo e del settore automotive italiano.
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