Politica
Accuse di disinformazione russa: video sulla distruzione di schede per Trump suscita polemiche
Le autorità statunitensi hanno lanciato gravi accuse contro la Russia, sostenendo che il governo russo abbia creato e distribuito video manipolati che mostrano la presunta distruzione di schede elettorali favorevoli all’ex presidente Donald Trump. Questi video, apparsi su X, mostrano una persona che apre delle buste contenenti schede e distrugge quelle votate per Trump, accompagnati da insulti rivolti all’ex presidente.
La registrazione sarebbe stata realizzata nella contea di Bucks, in Pennsylvania, un’area cruciale per le elezioni, ma l’ufficio elettorale locale ha prontamente smentito la veridicità del contenuto, affermando che né le buste né le schede presenti nel video corrispondono a quelle utilizzate nel processo elettorale.
L’FBI e l’ufficio del direttore della National Intelligence, Avril Haines, hanno indicato che le prove raccolte suggeriscono che il video sia il frutto di un’operazione orchestrata da “attori russi”, evidenziando un’ulteriore preoccupazione riguardo alla disinformazione e alle interferenze straniere nelle elezioni statunitensi.
Questa situazione solleva interrogativi sul ruolo delle piattaforme social nel diffondere contenuti potenzialmente fuorvianti e sull’impatto che tali azioni potrebbero avere sulla percezione pubblica e sul clima politico in vista delle prossime elezioni. Gli esperti avvertono che è fondamentale una vigilanza costante contro le campagne di disinformazione, che mirano a minare la fiducia nel sistema elettorale e a influenzare l’opinione pubblica.
Politica
Von der Leyen blinda la Commissione 2.0: accordo raggiunto su Fitto e Ribera tra tensioni e compromessi
Ursula von der Leyen ha ottenuto un nuovo successo politico, sbloccando lo stallo che aveva paralizzato le trattative sulla composizione della sua Commissione 2.0. Dopo giorni di contrapposizioni tra popolari, socialisti e liberali, è stato raggiunto un accordo che garantisce il sostegno a due figure chiave: Raffaele Fitto e Teresa Ribera, entrambi nominati vicepresidenti esecutivi. La plenaria del Parlamento europeo del 27 novembre formalizzerà il compromesso, con uno scrutinio che, nonostante il dissenso dei Verdi, dovrebbe includere anche il voto favorevole di Fratelli d’Italia.
La premier Giorgia Meloni ha definito la nomina di Fitto una vittoria per l’Italia, sottolineando l’importanza strategica del ruolo ottenuto per il Paese. Anche il vicepremier Antonio Tajani ha espresso soddisfazione, augurandosi che Fitto possa contribuire al rafforzamento del ruolo italiano nella governance europea. Tuttavia, socialisti e liberali hanno espresso riserve, chiedendo che il politico italiano mantenga una posizione indipendente dal governo nazionale, una condizione inserita in un addendum al testo di accordo.
Le tensioni più forti si sono registrate intorno alla posizione di Ribera, accusata in Spagna di cattiva gestione delle alluvioni. Per superare le resistenze del Partito Popolare Europeo, è stata inclusa una clausola che prevede le sue dimissioni qualora venisse formalmente indagata. L’introduzione di questa condizione ha richiesto lunghe trattative, risoltesi solo in tarda serata con un’intesa tra le principali famiglie politiche pro-europee: PPE, S&D e Renew.
Nonostante l’accordo, i contrasti all’interno della coalizione restano evidenti. I socialisti hanno contestato la nomina di Fitto, mentre i conservatori di Fratelli d’Italia hanno chiesto al Partito Democratico di prendere le distanze dalla linea dei socialisti europei. Von der Leyen, intanto, continua a spingere per una collaborazione tra le forze politiche favorevoli a un’Europa integrata, ai diritti democratici e al sostegno all’Ucraina, principi cardine della sua presidenza.
L’accordo non ha previsto modifiche ai ruoli di Fitto e Ribera, ma ha ridotto le competenze del commissario ungherese Oliver Varhelyi, vicino a Viktor Orban. L’unico ampliamento riguarda le deleghe della socialista Roxana Minzatu, che si concentrerà su diritti sociali e lavoro di qualità. Mentre la votazione del 27 novembre si avvicina, è chiaro che le tensioni politiche all’interno della maggioranza Ursula continueranno a influenzare la nuova Commissione nei prossimi mesi.
Politica
Schlein “Lavoriamo perchè il Governo duri il meno possibile”
“Il 2024 è stato un lungo anno elettorale e noi siamo soddisfatti perchè si sta vedendo che un’alternativa alla destra c’è. Nelle Regioni in cui si è votato siamo partiti 6 a 1 per loro e ora siamo 4 a 3. Meloni, stiamo arrivando”.
Così la segretaria del Pd, Elly Schlein, in un’intervista al Corriere della Sera. Secondo la leader dem il successo alle ultime regionali è da scrivere a due fattori: ” l’unità e l’umiltà. L’unità non solo della coalizione, ma anche del Pd. questi elementi hanno pesato molto sul voto”. Quanto all’astensionismo osserva che “sarà un lavoro lungo: non si contrasta una tendenza strutturale che è europea in pochi mesi, ma il Pd è assolutamente determinato ad affrontare questa ferita alla democrazia”. A chi obietta però che l’alleanza scricchiola, tra veti incrociati e obiettivi, Schlein dice che “la prima questione che affronteremo insieme è la manovra su cui il governo continua a fare distrazione di massa”.
Tra le altre iniziative unitarie indica la “sanità pubblica, il congedo paritario per entrambi i genitori, sul terreno delle politiche industriali, le opposizioni tutte insieme hanno chiesto al governo di rinunciare al taglio di 4,6 miliardi al settore dell’automotive, il salario minimo e la ricostruzione per aiutare le imprese e gli agricoltori”. Sulle prospettive per la durata del governo, la segretaria del Pd chiosa: “Lavoriamo perchè duri il meno possibile visto che stanno facendo male. Hanno fatto tre manovre senza visione, senza investimenti e quest’ultima, in particolare, è recessiva. La coperta è corta e bisogna usare bene le risorse. Questo governo, però, sta imboccando la strada opposta e le sta usando male. Questa è una manovra senza prospettive per l’Italia. Quindi, noi lavoriamo per arrivare a elezioni prima della scadenza perchè, visti i danni di questi due anni, non vogliamo vederne altri per i prossimi tre”-
-Foto: Agenzia Fotogramma-
Politica
Migranti, per 45% italiani la magistratura agisce contro il Governo
Ci sono temi che, da sempre, animano lo scenario politico italiano. Tra questi sicuramente la giustizia e l’immigrazione. Nelle ultime settimane, questi due argomenti si sono intrecciati a seguito di alcune sentenze di tribunali italiani che hanno sospeso i trasferimenti di diversi migranti nel centro albanese di Gjader. Una decisione che non è stata condivisa dalla maggioranza della popolazione italiana. Inoltre, quasi 1 cittadino su 2 (il 45,5%) ritiene che queste decisioni della Magistratura siano attuate volontariamente per agire contro il Governo in carica e, quindi, con un intento prettamente politico. Sotto questo aspetto, l’elettorato si divide nettamente tra gli elettori dei partiti di maggioranza che ritengono si sia trattato, appunto, di una azione politica e quelli di opposizione che, invece, sono sicuri si sia trattato di una azione giuridica nel rispetto delle leggi. In conclusione, considerando questo scenario e il contesto di questi fatti, poco meno della metà della popolazione italiana ritiene giusto un ricorso in Cassazione da parte del Governo contro queste sentenze che respingono i trasferimenti di alcuni migranti nei centri di trattamento e di permanenza in Albania.
Dati Euromedia Research per Porta a Porta – Realizzato il 12/11/2024 con metodologia CATI/CAWI su un campione di 1.000 casi rappresentativi della popolazione italiana maggiorenne
– foto Euromedia Research –
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