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Quanto vivrà il tuo gatto? Ecco le razze di gatti che vivono di più (e di meno)
Chi si occupa di animali domestici afferma senza dubbio che i cani siano stati studiati in modo più approfondito rispetto ai gatti, per vari motivi legati alle diverse caratteristiche delle due specie. Anche per quanto riguarda la vita media, disponiamo di meno dati sui felini rispetto ai cani. Pertanto, uno studio pubblicato sul Journal of Feline Medicine and Surgery è particolarmente significativo, in quanto analizza dati raccolti su circa 8.000 gatti e svela quali razze abbiano l’aspettativa di vita più alta e quali, invece, vivano di meno.
Le razze più longeve
Lo studio, condotto dal Royal Veterinary College di Londra, ha coinvolto i proprietari di 7.936 gatti deceduti tra gennaio 2019 e marzo 2021. I dati sono stati raccolti e suddivisi per razza, sesso e stato di sterilizzazione dell’animale. Il risultato generale indica che, almeno nel Regno Unito, i gatti hanno un’aspettativa di vita media di 11,7 anni.
Puri e ibridi
Una prima differenza significativa emerge tra gatti di razza pura e ibridi: questi ultimi vivono in media 1,5 anni in più rispetto ai primi. Tra le razze esaminate, quelle con l’aspettativa di vita più lunga sono il burmese e il gatto sacro di Birmania, con una media di 14,4 anni. Non sorprende che la razza meno longeva sia il gatto sfinge, privo di pelo, che vive solo 6,7 anni a causa di una predisposizione genetica alle malattie cardiache e altre patologie.
Una questione di sesso
Oltre alla razza, altri fattori influenzano la vita media dei gatti: le femmine vivono in media 1,3 anni in più rispetto ai maschi, mentre i gatti sterilizzati (sia maschi che femmine) guadagnano circa 1,1 anni di vita.
Vita fuori casa
Un aspetto che non è stato possibile includere nell’analisi, ma che potrebbe avere un impatto significativo, è lo stile di vita dei gatti, ossia se vivono esclusivamente in casa o se hanno la libertà di uscire. È possibile che i gatti con accesso all’esterno abbiano una vita media più breve, a causa dell’esposizione a malattie e pericoli vari. Tuttavia, questo elemento non è stato considerato perché le cliniche veterinarie non registrano la frequenza con cui un gatto esce di casa e il tipo di vita che conduce fuori dalle mura domestiche.