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Operazione Recovery | Come operava il clan degli zingari VIDEO
A Cosenza, il “Sistema” è il termine usato per descrivere l’organizzazione dei gruppi criminali, alcuni legati alla ‘ndrangheta, che formano una piramide in grado di controllare il mercato della droga, spesso sfruttando minorenni. Clan italiani e clan di “Zingari” – come si autodefiniscono per non essere confusi – sono considerati dalla Procura di Catanzaro come un’entità unificata.
L’operazione denominata “Recovery” ha avuto un impatto significativo sulla città di Cosenza, con l’esecuzione di 142 ordinanze di custodia cautelare. Queste misure sono state disposte dal gip Arianna Roccia, su richiesta del procuratore Vincenzo Capomolla e dei pm Vito Valerio e Corrado Cubellotti. Durante la notte, carabinieri, polizia e guardia di finanza, supportati da elicotteri, hanno eseguito gli arresti.
Le accuse principali includono associazione per delinquere di tipo mafioso e associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, oltre a vari altri reati aggravati dalle modalità e finalità mafiose. In totale, sono 179 gli indagati, di cui 109 sono finiti in carcere. Tra questi figurano il boss ergastolano Francesco Patitucci, già detenuto al 41 bis, il suo braccio destro Roberto Porcaro, che l’anno scorso aveva finto di voler collaborare con la giustizia, e Michele Di Puppo, considerato il suo “alter ego”.
Secondo i pm, Patitucci era il principale riferimento della confederazione di ‘ndrangheta operante a Cosenza e nei territori limitrofi, dirigendo il narcotraffico sul territorio e controllando i gruppi criminali italiani e gestendo gli approvvigionamenti di stupefacenti. Michele Di Puppo, dal canto suo, era responsabile delle grandi partite di droga e del controllo di significative aree di spaccio. Misure cautelari sono state disposte anche per Mario Piromallo, Salvatore Ariello, Antonio Illuminato e Adolfo D’Ambrosio, ritenuti vertici del sodalizio criminale dalla Dda.