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Milano | L’addio di Luciano Benetton “tradito”

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“In poche parole, ho dato fiducia e ho commesso errori. Mi sono sentito tradito nel senso più profondo del termine”. Queste sono le parole di Luciano Benetton, che, in un’intervista estesa al Corriere della Sera, si prepara a lasciare l’azienda Benetton che lui stesso ha fondato, proprio nei giorni del suo compleanno.

“Qualche tempo fa ho iniziato a percepire che qualcosa non andava. La rappresentazione del gruppo che ci veniva dipinta durante le riunioni del consiglio di amministrazione non corrispondeva alla realtà”, spiega Benetton, ricordando fortunatamente di aver deciso tempo prima di delistare Benetton dalla Borsa. “Così tutti i rischi imprenditoriali ricadevano e ricadono sulla famiglia”.

“Già il 23 settembre del ’23 si accennava a qualche problema, ma in modo molto vago. Sembrava che tutto fosse sotto controllo”, continua Benetton. Poi, “in una delle riunioni nei mesi successivi, è scoppiata la bomba. Hanno presentato improvvisamente un buco di bilancio drammatico, uno shock che ci ha lasciati senza parole”. “Siamo intorno ai 100 milioni”, ammette. “Ora dobbiamo guardare avanti. Nei prossimi mesi verrà elaborato un piano per il futuro. Abbiamo perso quattro anni, il che rende tutto più difficile senza una bacchetta magica. Purtroppo ci saranno sacrifici da fare”.

“Sono uscito dall’azienda nel 2012, quando era in buona salute, con un fatturato di 2 miliardi e con un utile, anche se si potrebbe sempre fare di meglio. Solo dopo l’insistenza di mio fratello Gilberto, ho deciso di rientrare nel 2018, poco prima della sua scomparsa”, racconta. “Edizione non era riuscita a trovare una squadra manageriale di qualità. L’azienda stava perdendo molto. Appena tornato, ho cercato di correggere gli errori più evidenti. Verso la fine del 2019, mi hanno suggerito di candidarmi per il ruolo di amministratore delegato”.

“Ho scelto un candidato proveniente dalla montagna, mi ha fatto buona impressione. Pensavo ‘scarpe grosse, cervello fino’. Si presentava con una volontà apparente di comprendere e affrontare i problemi, compreso il problema della squadra manageriale da integrare”. Anche se qualche preoccupazione è sorta quando “un conoscente mi ha avvertito telefonicamente di non procedere con questa persona, definendola assolutamente inadatta a un incarico così complesso”. “… il consulente che l’aveva proposto mi ha tranquillizzato, insistendo sul fatto che la persona era ambiziosa e molto adatta a crescere professionalmente”, continua Benetton, assumendosi la responsabilità di aver commesso un errore nella scelta.

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