Il calcio italiano si trova in un periodo di trasformazioni cruciali, dove le decisioni politiche e le alleanze all’interno del sistema sportivo potrebbero segnare un punto di svolta. Dopo il passaggio di poteri del 4 novembre, il presidente federale Gabriele Gravina si è trovato a un bivio: continuare la sua guida o passare la mano? In un’intervista esclusiva, Gravina non ha escluso una sua ricandidatura, ma ha chiarito che la sua decisione dipenderà dal consenso ottenuto dalle varie componenti del calcio italiano, che devono essere coinvolte nel processo decisionale.
Gravina ha sottolineato che il cambiamento in atto nel calcio italiano rappresenta una vera e propria “rivoluzione”, specialmente con le nuove modifiche statutarie che conferiscono maggiore autonomia alle Leghe. In futuro, le Leghe professionistiche potranno organizzare i propri campionati con maggiore indipendenza dalla Federazione, decidendo ad esempio su playoff, playout e modifiche al numero di promozioni e retrocessioni senza dover ottenere il via libera dalla Federazione. Un passo importante verso una governance più decentrata, anche se sempre all’interno dei limiti legali stabiliti dalla normativa statale.
Tuttavia, il presidente ha messo in evidenza che il rispetto per le leggi dello Stato e l’equilibrio tra le diverse componenti del calcio rimangono imprescindibili. Nonostante i cambiamenti, il sistema dovrà continuare a mantenere un rapporto di solidarietà tra professionisti e dilettanti, come previsto dalla legge Melandri. Se da una parte c’è chi sostiene una maggiore rappresentanza per la Serie A, dall’altra Gravina ha difeso l’attuale struttura come una forma di equilibrio necessario per evitare di snaturare l’intero sistema del calcio italiano.
Mentre il dibattito politico e istituzionale si fa sempre più acceso, con accuse di conflitti di interesse e battaglie interne alla Federazione, Gravina ha ribadito l’importanza di una politica sportiva trasparente e lontana da manovre personali. Secondo lui, il calcio italiano ha bisogno di cambiamenti concreti, come un più ampio investimento sui vivai, la semplificazione burocratica per la costruzione degli stadi e una regolamentazione più efficiente per le scommesse, ma tutto ciò deve avvenire nell’interesse del sistema e non per scopi particolari.
Il futuro della leadership del calcio italiano sembra dunque incerto, ma ciò che è chiaro è che qualunque cambiamento, a partire dalle nuove norme sulle Leghe, rappresenta un passaggio significativo verso un nuovo equilibrio nel panorama sportivo nazionale.