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PROVA TRIUMPH DAYTONA 660: UNA VERA DAYTONA?

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Come si dice? “Via il dente, via il dolore!”, giusto? Perciò andiamo subito al sodo e affrontiamo la questione più complicata – e al tempo stesso più futile – che riguarda la nuova sportiva stradale di media cilindrata Triumph: il suo nome. A Hinckley hanno infatti scelto di graziare le carene della loro media con il marchio Daytona 660, riservandole dunque l’onore di entrare a tutti gli effetti nella gloriosa stirpe che negli anni 2000 ci ha regalato la 675, sparita dai listini a fine 2016 e poi ritornata fugacemente nel 2019, sotto forma della pregiatissima 765 Moto2 in tiratura limitata. Ed è esattamente in riferimento a questi due modelli che il popolo degli smanettoni di internet pare essersi indignato, ritenendo la nuova 660 immeritevole di tale lignaggio, in virtù del suo status di “umile” sportiva d’accesso.

PROVA TRIUMPH DAYTONA 660: NOME IMPORTANTE

Ora, posto che io stesso continuo ad aspettare una nuova supersport inglese dura e pura, credo che tanto ardore nell’additare il marketing inglese di eresia, sia un pelino fuori luogo, e per almeno due motivi. Primo, con un prezzo di listino sotto i 10.000 euro e la possibilità di essere depotenziata per la A2, questa 660 non ha mai avuto alcuna pretesa di sostituire le race replica di qualche anno fa.

Secondo, l’appellativo “Daytona” ha storicamente caratterizzato tutte le sportive Triumph, a prescindere dalla cilindrata e dall’indole più o meno racing, dunque aveva senso usarlo anche per la nuova proposta inglese in un settore mai così vivo come oggi. E nulla vieta che in futuro, possa ricostituirsi una vera e propria gamma di sportive sotto tale marchio, con la 660 affiancata dalla supermedia pistaiola che in molti vorremmo, come non ho mancato di sottolineare anche in questa occasione agli uomini Triumph.

Il mio sermone in difesa del nome Daytona 660 non vi ha convinto? Pazienza, non è poi così importante. Quel che conta è scoprire se, sotto alle carene e alle scelte di marketing, ci sia anche della sostanza. Dunque, allacciatevi il casco immaginario, e partiamo per il giro di prova nei dintorni di Alicante, nel sud della Spagna.

ALTRO CHE TRIDENT CARENATA

Le prime impressioni sono buone. La moto è ben disegnata, fa una discreta scena anche parcheggiata sul cavalletto, e, soprattutto in alcune colorazioni, non trasmette per nulla l’impressione di essere “solo” una semplice sportiva d’accesso. Le finiture sono di ottimo livello e alcuni dettagli, come le pinze radiali, il forcellone a banana sul lato destro e il gruppo di scarico ben armonizzato sotto al motore, fanno capire di trovarsi al cospetto di qualcosa che va oltre il concetto di banale adattamento sportivo di una naked.

Lore sulla Daytona 660

Molto bene anche quando salgo: sulla Daytona 660 mi sento subito a casa, accolto dalla sella sufficientemente bassa da farmi poggiare saldamente a terra entrambi i piedi (dall’alto dei miei 174cm) e dalla strumentazione a doppio schermo, TFT e LCD, derivata dalla Trident. Prima dentro, rilascio la morbida frizione e assieme al mio gruppo di colleghi seguo l’apripista in un breve tratto urbano per uscire da Benidorm, cittadina vicino ad Alicante in cui ci troviamo. Col riding mode Road inserito, il motore risponde con dolcezza e precisione a ogni input sul gas, rendendo semplice e naturale destreggiarsi nel traffico, anche quando c’è da filtrare tra le auto, complice un angolo di sterzata più da naked che da sportiva.

LA POSIZIONE DI GUIDA

Ben presto ci lasciamo alle spalle la città dirigendoci verso l’entroterra su alcuni chilometri di strade a scorrimento veloce. Ho così il tempo per mettermi comodo e fare qualche considerazione sulla posizione di guida, abbastanza equilibrata tra i concetti di sportività e comfort. Pur senza essere estremi, i semimanubri sono più bassi e avanzati rispetto al manubrio da naked della Trident, il che dà la sensazione di una moto un po’ più grossa e spaziosa. Forse li avrei preferiti leggermente più aperti, ma in ogni caso mi piace il carico aggiuntivo che in questo modo si porta sull’anteriore.

Lore sulla Daytona 660

Allo stesso tempo avrei apprezzato delle pedane appena più arretrate, che si sarebbero armonizzate meglio con la postura più sportiva. Ma proprio quando inizio a chiedermi come mai non ci abbiano pensato in Triumph, di lì a poco mi arriva la risposta. Non appena iniziano le curve e passo dalla modalità Road alla Sport – sia sulla 660, sia nella mia testa – noto infatti che già così, col mio 43 di piede e gli stivali da pista, portando la punta sui poggiapiedi per spingere la moto in piega, il tallone finisce spesso per toccare le pedane del passeggero, facendomi capire che non ci sarebbe stato spazio per portare più indietro quelle del pilota.

PROVA TRIUMPH DAYTONA 660: MANEGGEVOLE E REATTIVA

La notizia positiva è che, nonostante il peso aggiuntivo e la diversa posizione di guida, la Daytona si mantiene piuttosto maneggevole tra le curve, con una minor reattività non così marcata rispetto alla naked. E in ogni caso, impegnandosi anche solo un pochino per lavorare in maniera corretta col corpo, la 660 non suscita alcuna lamentela in quanto ad agilità.

IL TRE CILINDRI È DA OSCAR

Ma queste sono tutte considerazioni di contorno rispetto al vero, assoluto protagonista dello show: il tre cilindri da 660cc. Non è tanto e solo per il sostanzioso salto da 81 a 95cv fatto nel passaggio da Trident a Daytona, quanto per la qualità della curva di erogazione che lo accompagna. La risposta all’acceleratore è inappuntabile, e già dai medi la Daytona spinge con decisamente più vigore, ampliando la differenza sulla sorella scarenata man mano che i giri salgono.

Insomma, se è vero che la velocità vera si ottiene mantenendosi tra i 9 e i 12.000, la zona utile del contagiri è molto più ampia, estendendosi praticamente dai 5 ai 12.650 giri del limitatore, col propulsore che si mostra vivace tanto nel riprendere dai bassi con una marcia di troppo, quanto nell’allungare fino alla zona rossa. Potrà apparire prematuro senza aver guidato assieme le tantissime avversarie, ma la sensazione è che questo triple sia il miglior motore della categoria. Sensazione accentuata dal gustosissimo sound di scarico che accompagna tutta l’esperienza di guida, trasformandosi da pieno e sfizioso, a determinato e aggressivo col salire dei giri. Peccato solo per qualche vibrazione di troppo trasmessa a pedane e manubri agli alti regimi, più che altro perché non le ricordavo sulla Trident.

Lore sulla Daytona 660

PROVA TRIUMPH DAYTONA 660: IMPENNA?

Un doveroso cenno va poi fatto alle impennate, capitolo imprescindibile in qualsiasi articolo riguardi una Daytona, e pratica in cui la 660 si difende bene, pur senza eccellere. Il carico sull’anteriore e l’erogazione super lineare, infatti, non agevolano i decolli, ma la coppia spalmata a tutti i regimi, il gas preciso e l’ottimo allungo, in parte compensano.

Lore sulla Daytona 660

 Così, se è vero che la Daytona non si produce mai in monoruota non voluti e, anzi, sembra quasi faticare ad alzarsi di gas, con un pizzico di frizione può regalare delle belle soddisfazioni in prima. E, usando più frizione e un po’ di mestiere, anche in seconda. Peccato solo che per dedicarsi a simili, divertenti stupidaggini, occorra spegnere il traction control, rigorosamente a moto ferma e da una voce apposita del menu, che lo disattiva in tutti i riding mode e non in uno solo a scelta.

SPORTIVITÀ DA DAYTONA?

Se il motore è uno spettacolo, nelle prime fasi di guida non vengo colpito altrettanto positivamente dal grip che la Daytona riesce a generare sull’asfalto spagnolo. È come se le Michelin Power 6 non si scaldassero a dovere o fossero troppo alte di pressione, col risultato che fatico a trovare un buon feeling quando forzo un po’ di più sull’anteriore, per esempio per seguire le tante curve del percorso con traiettoria a chiudere in uscita, mentre in un paio di occasioni il posteriore scivola leggermente pur senza esagerare col gas. Va però detto che fa ancora fresco (siamo sui 14-15°) e nei giorni scorsi ha piovuto abbondantemente, portando sull’asfalto sporco e detriti, che faticano a essere ripuliti dallo scarsissimo traffico locale.

Lore sulla Daytona 660

E in effetti, quando cambiamo strada e ne imbocchiamo una dal fondo più nuovo, grossolano e pulito, la situazione migliora nettamente, convincendomi a lasciare in sospeso il giudizio sulle Michelin almeno fino a quando potrò riprovarle su percorsi che già conosco. Proprio in questo tratto, raccolgo anche le impressioni più significative sulla guida e la ciclistica, che mi impressiona innanzitutto per il sostegno all’anteriore.

 Provando la Trident ho sottolineato più volte come sia più sportiva e rigorosa in curva di quanto il suo aspetto faccia sospettare, e la Daytona esalta questa indole, non solo reggendo, ma addirittura richiedendo dei ritmi belli allegri per far sì che l’anteriore lavori a dovere. Nel fare ciò aiuta anche un impianto frenante bello in forma per mordente iniziale e potenza assoluta, in grado di far rallentare con decisione la 660 da qualsiasi velocità il suo pepato tre cilindri vi abbia fatto raggiungere. Oltretutto senza interventi eccessivamente prudenziali dell’ABS, cosa mai scontata su sistemi tradizionali e non regolabili.

PROVA TRIUMPH DAYTONA 660: QUESTIONE DI MONO

L’unica cosa che non mi convince fino in fondo, riguarda il set-up del monoammortizzatore, decisamente più cedevole della forcella. Non che sia troppo morbido in assoluto, ma non sembra perfettamente armonizzato con l’anteriore, lasciando la moto più carica sul posteriore di quanto “vorrebbe” essere.

In un primo momento tengo per me questa sensazione, ma nel pomeriggio, confrontandomi con qualche collega, scopro di non essere stato l’unico a rilevare la cosa. Chiacchierando con gli uomini Triumph scopriamo che il precarico del mono è impostato di fabbrica sulla posizione 0 di 6, la più scarica, e siccome nessuno di noi è un peso piuma, chiediamo di modificare il set up di due moto per fare qualche prova, una con il livello 2 e una con il 4.

Risultato? Assetto molto più coerente tra le due estremità, con la moto più alta dietro che di conseguenza carica maggiormente l’anteriore facendo lavorare meglio la forcella, e al contempo reggendo con più convinzione gli abusi sul gas in uscita dalle curve. In pratica, la dimostrazione che persino una semplice regolazione del precarico può cambiare l’esperienza di guida di una moto.

Personalmente sospetto che in Triumph abbiano deliberato la posizione più morbida per agevolare i neofiti e le ragazze nel poggiare i piedi a terra. Una mossa sensata da un punto di vista commerciale, meno da quello della guida sportiva per un motociclista esperto di circa 85kg (tenendo presente gli extra della tuta e dello zaino sulle spalle) come il sottoscritto.

Lore sulla Daytona 660

QUINDI, COM’È LA DAYTONA 660?

Motore spettacolare, attitudine sportiva pur senza essere estrema, design aggressivo ed elegante come ogni Triumph e guida gustosa tra le curve, meglio ancora dopo aver sistemato il precarico al posteriore. A me sembrano tutte buone ragioni perché la Daytona 660 possa portare con orgoglio questo nome sulle carene, specialmente tenendo in considerazione un altro fattore non secondario: il prezzo di 9.795 euro.

Per questa cifra si ottiene l’ormai proverbiale qualità costruttiva Triumph, con finiture ottime ovunque si posi lo sguardo, e un pacchetto quasi inappuntabile per completezza. Quasi, perché il quickshifter con blipper è optional e, per quanto sia a punto la trasmissione dal punto di vista meccanico, l’esperienza di guida col cambio elettronico sarebbe senza dubbio su un livello superiore. E saranno anche queste piccole cose su cui si giocherà la vittoria, in una futura comparativa tra le ormai tantissime sportive stradali di media cilindrata disponibili sul mercato…

Lore sulla Daytona 660

Fonte:www.superbikeitalia.it

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Moto Guzzi Open House, in 30 mila hanno invaso Il “Nido dell’Aquila”

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Il popolo dei Guzzisti è tornato a Mandello del Lario. Come ogni anno a settembre, migliaia di Guzzisti sono tornati a visitare quel ramo incantevole del lago di Como dove la loro amata moto è nata. Perchè ogni Moto Guzzi deve tornare, prima o poi, là dove fu costruita, non importa se cento, o sessanta, o tre anni fa, o se solo da poche settimane è uscita dal mitico portone rosso di via Parodi. Quello al Nido dell’Aquila è un vero e proprio pellegrinaggio e come sempre, insieme al popolo degli amanti di Moto Guzzi, è arrivato un fiume di appassionati motociclisti, di gruppi di amici, di famiglie. Tutti per celebrare la festa di un marchio italiano che ha saputo farsi amare in tutto il mondo. Alla fine delle giornate di festa sono state trentamila le presenze e il solo Museo Moto Guzzi ha accolto oltre 22.000 visitatori, affascinati da una collezione di moto unica al mondo.
Lo scenario che i Guzzisti hanno trovato è stato ben diverso da quello consueto. Nello spazio di fabbrica che, nelle edizioni passate, ospitava il villaggio, tradizionale epicentro dei festeggiamenti, ora sta sorgendo l’impianto produttivo Moto Guzzi del futuro. Una costruzione totalmente nuova, che restituirà presto non solo una fabbrica di assoluta avanguardia nella quale nasceranno le prossime Moto Guzzi, ma anche un nuovo ambiente con spazi aperti e fruibili al pubblico, che sarà un centro di aggregazione della comunità e una meta per gli appassionati di tutto il mondo, grazie anche alla presenza del nuovo Museo Storico Moto Guzzi. Intanto il Museo, ancora nella sua sede tradizionale, continua a essere uno dei luoghi più visitati con le ventiduemila persone che lo hanno visitato durante Open House, attratte dalla preziosa collezione di oltre 150 esemplari unici.
Nell’area antistante il cancello rosso, da sempre simbolo dello stabilimento di Mandello, è stato allestito lo shop dell’Aquila che ha offerto agli ospiti l’opportunità di un ricco shopping col merchandising e con gli accessori firmati Moto Guzzi. Immancabile l’esposizione dell’intera gamma Moto Guzzi: dalla inimitabile V7 in tutti i suoi allestimenti, alla modernissima V100 Mandello, oltre alle ultime arrivate Stelvio e V85. Tutti i modelli sono stati offerti per i test ride gratuiti che hanno permesso a quasi 1.300 motociclisti di provare le Moto Guzzi lungo le incantevoli strade del Lario. L’edizione 2024 di Moto Guzzi Open House ha visto protagonista lo sport più nobile, quello che può fregiarsi dell’alloro olimpico. Alla storica sede della Canottieri Moto Guzzi, in una serata condotta da Ringo e Virgin Radio, è stato premiato Andrea Panizza, fresco vincitore della medaglia d’argento alle recenti Olimpiadi di Parigi nella specialità del quattro di coppia. Andrea, cresciuto nella Canottieri Moto Guzzi, è il continuatore della straordinaria tradizione del sodalizio sportivo di Mandello, che vanta nel suo palmares 17 medaglie olimpiche dal 1948 a oggi, oltre a una serie di 22 allori mondiali ed europei.

foto: ufficio stampa Piaggio Group

(ITALPRESS).

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Grande successo di pubblico per il Salone dell’Auto di Torino

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Grande successo di pubblico nel secondo giorno di Salone Auto Torino, con migliaia di visitatori agli stand delle case automobilistiche, nelle aree motorsport e carrozzieri e ai test drive. La passione per il mondo automotive si rinnova a Torino, tra turisti e torinesi, che in questo sabato si sono dati appuntamento tra piazza Carlo Felice, via Roma, piazza San Carlo, piazzetta Reale complice il bel tempo e la voglia di vivere l’entusiasmo che si respira tra gli stand.
Pubblico delle grandi occasioni anche per gli eventi dinamici, che hanno visto la mattina sfilare nel circuito cittadino la parata di prototipi, one-off, limited edition di tutti i tempi, dai grandi carrozzieri fino ai modelli restomod dei giorni nostri. A seguire le regine del motorsport di tutti i tempi.
Nel pomeriggio è stato tempo di Gran Premio, con il convoglio di appassionati e collezionisti di Ferrari, Porsche e limited edition del Club Italia in arrivo dalla Reggia di Venaria e che hanno dato spettacolo schierandosi in via Roma.
Un sabato dinamico quello di Salone Auto Torino, anche grazie alla partecipazione dei club Special Stages, Fiat Coupè Club, Abarth Club Torino, Scuderie Reali e Hardcore Drivers, che hanno colorato piazza Vittorio Veneto e acceso di entusiasmo il pubblico. Andrea Levy, presidente Salone Auto Torino, sottolinea: “Un grande successo di pubblico, tante le persone che guardano le auto, ci entrano, le provano su strada. Questo è il risultato al quale volevamo arrivare e attorno a questo concetto abbiamo costruito un format innovativo come quello di Salone Auto Torino, un evento popolare in cui vengono raccontate tutte le sfumature della passione automobilistica e in cui si avvicinano le novità delle case alle persone, con tutte le differenti peculiarità di tecnologia e alimentazione”. Domani ultimo giorno del Salone, che continua con l’esposizione di novità commerciali e prototipi aperta dalle ore 9 alle 22 e i test drive attivi dalle 9 alle 19. Continua anche l’esposizione in piazza Arbarello della passione tutta italiana portata in mostra da Torino Heritage, oltre ai mezzi speciali di piazza Solferino.

-Foto: ufficio stampa-

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CX-80, sette posti secondo Mazda

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La vettura più spaziosa presente sul mercato europeo, con un assetto che può arrivare, al massimo della sua estensione, fino a 7 posti: ecco la CX-80. La nuova proposta targata Mazda è stata presentata al Salone dell’Auto di Torino, all’interno del museo dedicato all’industria torinese, con la partecipazione dei vertici della casa giapponese. Si tratta della sorella maggiore della CX-60, anch’essa presente alla manifestazione. Le vendite partiranno dall’autunno, con un prezzo base sarà di 61.235 euro.
f19/abr/mrv

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