Economia
Settore agroalimentare si conferma chiave dell’economia
Il sistema agro-alimentare nel suo complesso – agricoltura, industria alimentare e delle bevande, intermediazione, distribuzione all’ingrosso e al dettaglio e ristorazione – si conferma un settore cardine della nostra economia, con un fatturato di circa 676 miliardi nel 2023, circa 15% del fatturato globale dell’economia nazionale, grazie alle buone performance di tutte le sue componenti, ma in particolare dei servizi di ristorazione (+12%) che hanno completamente recuperato i livelli pre-pandemia. E’ quanto emerge dai dati dell’annuario dell’Agricoltura italiana 2023, realizzato dal Crea con il suo Centro Politiche e Bioeconomia.
L’agricoltura insieme all’industria alimentare e delle bevande rappresentano il 41% del fatturato di questo sistema complessivo. Da notare il fatto che tre Regioni (Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto) producono, congiuntamente, oltre il 42% del valore totale, quota che sale al 64,3% se si aggiungono Campania, Lazio e Piemonte. Il valore aggiunto agricolo si è collocato vicino ai 37,5 miliardi, registrando una variazione positiva in termini correnti (+7,9%), ma un calo in volume (-2,5%).
Il 2023, infatti, è stato caratterizzato da andamenti climatici avversi (la temperatura media annuale è stata superiore a quella degli ultimi 60 anni, per il decimo anno consecutivo) ed eventi meteorologici estremi, che hanno causato ingenti danni alle colture e agli allevamenti. Mentre, l’instabilità internazionale ha mantenuto alti i prezzi dei fattori di produzione. Tutto ciò si è tradotto nel perdurare di una forbice tra i prezzi dei prodotti acquistati e quelli dei prodotti venduti, che erode il margine di profitto delle aziende. Sul fronte degli scambi con l’estero, il 2023 segna un nuovo primato con le esportazioni, che, per la prima volta, superano la soglia dei 63 miliardi (+6,6%). La maggiore crescita dell’export rispetto all’import (+4,1%) determina una riduzione del deficit della bilancia agro-alimentare (che si attesta su -1,64 miliardi). Torna a crescere anche il peso dell’agro-alimentare sulla bilancia commerciale complessiva dell’Italia, che si colloca intorno al 10% per le esportazioni. Indiscusso anche il contributo (63,2%) dell’agricoltura e dell’industria alimentare e delle bevande alla bioeconomia che, nel 2023, ha generato in Italia un fatturato di 437,5 miliardi (+15,9% sull’anno precedente), e un’occupazione di circa due milioni di persone, ponendo il nostro paese al terzo posto in Europa per importanza del settore. Dal punto di vista ambientale, va evidenziato il contributo del settore agricolo alla produzione di energia da fonti rinnovabili (FER). Tra queste, si segnala il ruolo crescente giocato dalla produzione di biogas, con oltre 2.000 impianti (rispetto ai 150 del 2007) e una produzione che ci colloca al secondo posto in Europa e al quarto nel mondo. Da segnalare anche il fatto che il settore agricolo italiano abbia realizzato una riduzione nell’ultimo trentennio delle proprie emissioni climalteranti (-19%), ed è attualmente responsabile dell’8,4% delle emissioni settoriali a livello dell’UE, un valore considerevolmente più basso del contributo del nostro paese al valore della produzione agricola dell’intera UE (12,8%). Menzione particolare per le foreste, che ricoprono circa il 37% della superficie territoriale italiana, protagoniste nella cura del territorio, nel presidio delle aree interne, nella conservazione della biodiversità, oltre che nella regolazione delle emissioni climalteranti e nei servizi ecosistemici. Il patrimonio boschivo risulta, tuttavia, largamente sottilizzato, con un tasso di prelievo della massa legnosa pari a circa il 27% per il 2023, contro una media europea all’incirca doppia, da cui deriva anche la forte dipendenza dall’estero nell’approvvigionamento di materie prime legnose, legname e semilavorati. “L’annuario dell’agricoltura italiana restituisce ogni anno, da 77 anni, una fotografia del settore agricolo nazionale straordinariamente dettagliata, per comprendere fenomeni e dinamiche in atto. Il 2023, nonostante gli andamenti climatici avversi e l’aggravamento della instabilità internazionale, è stato un anno in cui l’agricoltura italiana ha saputo reagire alle difficoltà, ridisegnando il proprio ruolo in un sistema agroalimentare in fase di rilevante crescita, in parte anche grazie alla nuova Pac, che punta molto sulla sostenibilità e per la quale come Crea forniamo supporto al Masaf per la formulazione degli interventi”, ha sottolineatio Andrea Rocchi, presidente del Crea.
Economia
A novembre inflazione in crescita, carrello della spesa più caro
A novembre, secondo i dati definitivi dell’Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, diminuisce dello 0,1% su base mensile e aumenta dell’1,3% su base annua (da +0,9% del mese precedente); la stima preliminare era +1,4%.
La risalita del tasso d’inflazione risente in primo luogo dell’accelerazione dei prezzi dei beni energetici regolamentati (da +3,9% a +7,4%) e dell’attenuarsi della flessione di quelli dei beni energetici non regolamentati (da -10,2% a -6,6%).
Un sostegno all’inflazione deriva inoltre dall’andamento dei prezzi dei beni alimentari, sia non lavorati (da +3,4% a +3,8%) sia lavorati (da +1,7% a +1,9%), dei servizi relativi ai trasporti (da +3,0% a +3,5%), dei beni non durevoli (da +0,9% a +1,4%) e, in misura minore, di quelli dei servizi relativi all’abitazione (da +2,3% a +2,5%) e dei servizi relativi alle comunicazioni (da +1,0% a +1,2%).
L’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera (da +1,8% a +1,9%), come anche quella al netto dei soli beni energetici (da +1,9% a +2,0%). Il tasso di crescita dei prezzi del carrello della spesa sale a +2,3%. La dinamica tendenziale dei prezzi dei beni registra un’inversione di tendenza portandosi su valori positivi (da -0,5% a +0,2%) e quella dei servizi accelera lievemente (da +2,7% a +2,8%). La diminuzione congiunturale dell’indice generale si deve principalmente ai prezzi dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (-1,2%) e a quelli dei beni durevoli (-0,6%). Tali effetti sono stati solo in parte compensati dall’incremento dei prezzi degli energetici regolamentati (+2,7%), degli alimentari non lavorati (+1,2%), degli alimentari lavorati, dei servizi relativi all’abitazione e dei beni non durevoli (tutti +0,3%).
-Foto: Agenzia Fotogramma-
Economia
Bilancia dei pagamenti della tecnologia, nel 2023 surplus di 1,6 mld
Nel 2023 il saldo della bilancia dei pagamenti della tecnologia dell’Italia – che comprende i compensi per l’uso della proprietà intellettuale e gli scambi di servizi informatici, servizi di ricerca e sviluppo e servizi di architettura e ingegneria (ovvero le transazioni con l’estero in tecnologia non incorporata in beni fisici: disembodied technology) – è risultato in surplus di 1,6 miliardi di euro, in
significativo aumento rispetto all’anno precedente (0,4 miliardi) e prossimo al picco del 2021. I dati sono elaborati dalla Banca d’Italia secondo i criteri del sesto Manuale della Bilancia dei pagamenti e posizione patrimoniale sull’estero del Fondo Monetario Internazionale. Il miglioramento è dovuto soprattutto a quello del surplus nei servizi di ricerca e sviluppo e alla riduzione del deficit nei compensi per la proprietà intellettuale.
Tra il 2010 e il 2023 le esportazioni di disembodied technology sono cresciute più delle altre tipologie di servizi. Nel 2023 il campione di aziende oggetto di rilevazione è stato ampliato per adempiere a nuove esigenze statistiche; sulla base delle nuove stime, le transazioni di disembodied technology sono attribuibili per quasi il 60 per cento alle imprese operanti nel comparto dei servizi, il cui saldo è positivo anche se inferiore a quello del complesso delle aziende manifatturiere. Il peso delle imprese di maggiore dimensione e delle società appartenenti a gruppi esteri sugli scambi di disembodied technology si conferma elevato.
– foto ufficio stampa Banca d’Italia –
Economia
Giorgia Meloni e i leader europei chiedono riforme per il settore Automotive: focus su emissioni e transizione energetica
Il settore automobilistico europeo sta affrontando una trasformazione profonda e sfidante, al centro della quale si trovano le nuove normative sulle emissioni di CO2 e le politiche per la transizione verso veicoli a zero emissioni. In questo contesto, la premier italiana Giorgia Meloni ha sollevato preoccupazioni riguardo l’introduzione delle multe previste dal regolamento dell’Unione Europea, che entreranno in vigore nel 2025 per le case automobilistiche non in grado di adeguarsi ai target di emissioni stabiliti.
Meloni ha chiesto una sospensione temporanea di queste sanzioni, citando le difficoltà che stanno affrontando le aziende, già alle prese con la chiusura di numerosi stabilimenti. Inoltre, la premier ha ribadito l’importanza di riaprire il dibattito sulla neutralità tecnologica, per consentire alle case automobilistiche di esplorare diverse soluzioni tecniche per ridurre l’inquinamento, al di là dell’elettrificazione.
La richiesta di Meloni è condivisa da altri importanti attori europei. La ministra francese per la Transizione ecologica, Agnès Pannier-Runacher, ha sottolineato che il sistema delle multe potrebbe rivelarsi controproducente per l’industria automobilistica, rendendola più fragile e ostacolando il processo di elettrificazione. Anche la Germania ha fatto sentire la sua voce, chiedendo una maggiore flessibilità nell’applicazione delle sanzioni, in modo da evitare che la competitività delle aziende tedesche venga compromessa. Philipp Nimmermann, segretario di Stato tedesco all’Economia e al Clima, ha esortato la Commissione Ue a considerare un sistema di sanzioni più adattabile, pur mantenendo gli obiettivi di emissioni zero per il 2035.
In risposta a queste preoccupazioni, il governo italiano ha già messo in campo misure concrete per supportare le aziende nel settore automotive. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha annunciato un piano che prevede oltre un miliardo di euro nel 2025 per accompagnare le imprese italiane nella transizione verso modelli di produzione più ecologici. L’investimento mira a stimolare l’innovazione tecnologica e a preservare l’occupazione, mentre il governo italiano ha anche introdotto misure per ripristinare i fondi destinati al settore automotive, dopo i tagli previsti in manovra.
Un esempio concreto di impegno da parte delle aziende italiane arriva da Stellantis, il colosso automobilistico che ha confermato significativi investimenti in Italia. Per il 2025 sono previsti circa 2 miliardi di euro per gli stabilimenti italiani e 6 miliardi per gli acquisti da fornitori italiani. Inoltre, Stellantis ha pianificato una serie di nuove produzioni, tra cui modelli elettrici e ibridi, che contribuiranno a rafforzare il settore. Tra le novità annunciate, la produzione di modelli come la Jeep Compass e la Lancia Gamma a Melfi e l’introduzione della nuova Panda a Pomigliano d’Arco, che proseguirà fino al 2030.
Stellantis ha anche comunicato che, pur continuando a portare avanti il piano industriale con risorse proprie, senza incentivi pubblici diretti, continuerà a investire nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie per batterie e veicoli a zero emissioni. Un segnale importante per l’industria automobilistica italiana e per la transizione energetica in corso, con l’obiettivo di mantenere l’industria europea competitiva nel panorama globale.
Mentre la discussione su come bilanciare la transizione ecologica con la sostenibilità economica del settore automotive continua a evolversi, l’Italia sembra pronta a essere protagonista di un cambiamento che si preannuncia complesso ma cruciale per il futuro dell’industria automobilistica e dell’ambiente.
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