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Economia

Panetta “Colmare gap Sud con politiche di sviluppo adeguate”

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“Da decenni, il PIL pro capite del Sud Italia è poco più della metà di quello del Centro-Nord, consolidando disuguaglianze e rallentando la crescita del Paese. Colmare questo divario richiede politiche di sviluppo, non semplici misure redistributive. La crisi economica ha colpito duramente il Mezzogiorno, ma tra il 2019 e il 2023 la regione ha mostrato segnali di ripresa, con una crescita del 3,7% e una riduzione significativa della disoccupazione”. Lo ha detto il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, a Catania per parlare di sviluppo nel Sud Italia in occasione dell’appuntamento itinerante “Il Polso dell’Economia – Il Mezzogiorno”, sottolineando come dalla crisi attuale possano nascere comunque opportunità per il Mezzogiorno, favorite proprio dalla posizione a Sud d’Europa. A patto, però, di trovare una soluzione ad alcuni nodi irrisolti.

“L’attuale instabilità geopolitica può favorire il Sud, grazie alla sua stabilità e vicinanza ai centri economici europei. Tuttavia, per attrarre capitali e valorizzare le risorse locali, serve migliorare il contesto produttivo e rafforzare la legalità. L’esodo dei giovani evidenzia la necessità di un ambiente che valorizzi i talenti e di una visione strategica a lungo termine” ha evidenziato, spostanto poi l’attenzione sul tema della crisi idrica e delle infrastrutture: “Vanno privilegiati gli interventi infrastrutturali per accrescere la capacità produttiva. Per esempio quelli per contrastare la crisi idrica e rafforzare la rete elettrica, per sfruttare il vantaggio comparato nella produzione di energie rinnovabili. Vanno inoltre migliorati i collegamenti potenziando il sistema portuale e aeroportuale e le reti stradali e ferroviarie”.

Ad anticipare il discorso di Panetta è stato l’intervento del direttore della filiale di Catania della Banca d’Italia, Gennaro Gigante: “L’intervento del governatore è basilare, significativo, su una tematica di sviluppo che ha tantissime soluzioni. Queste devono essere messe all’attenzione di chi deve fare delle scelte. Il nostro è un momento di scelta. Occorre scegliere e non lasciare che le cose procedano senza una strategia. Il nostro territorio sta vivendo una possibile crescita e tramite molti settori, uno è quello infrastrutturale, necessario a risalire il gap con il Centro-Nord nord. Di occasioni ce ne sono tante, serve cogliere”.

“E” ragione di grande orgoglio per la nostra città ospitare un momento di confronto in cui dobbiamo metterci in discussione tutti – ha aggiunto il sindaco della Città metropolitana di Catania Enrico Trantino -. Dobbiamo abbandonare le rendite di posizione che hanno fossilizzato il dibattito e cominciare a pensare a cosa ci consente di realizzare il miglior tiro possibile (Trantino utilizza una metafora calcistica ndr). Negli ultimi anni ci siamo poco spesi nell’adempimento dei nostri doveri. Abbiamo bisogno di spingere sull’acceleratore attraverso il PNRR ed Fsc, Po Fesr e tutte gli altre fondi a disposizione per gli investimenti. Dobbiamo essere concentrati e proattivi verso una progettualità che deve diventare fatto e rendere i nostri figli orgogliosi di essere catanesi, siciliani e meridionali”, ha concluso Trantino.

– Foto xo5/Italpress –

Economia

Per Confindustria tra le priorità fisco, riforme e investimenti

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Taglio del cuneo fiscale permanente, nucleare di nuova generazione, riforme, investimenti, Piano straordinario di edilizia, sicurezza sul lavoro. Sono solo alcune delle ricette contenute nella relazione del presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, nel corso dell’assemblea che ha visto una platea gremita e la presenza, tra gli altri, del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Il numero uno degli industriali, in vista della manovra, esorta il Governo a un “taglio del cuneo fiscale che va reso permanente: poiché se le retribuzioni sono al di sotto della media europea, il costo del lavoro è più elevato. Siamo alle porte della stesura della Legge di Bilancio e, come capita ogni anno – evidenzia -, fioccano ipotesi, timori e speranze.

Diamo atto al Governo di voler tenere la barra dritta sui conti pubblici, e di questo lo ringraziamo. Entro novembre, gli Stati membri dell’Unione Europea dovranno presentare un piano fiscale strutturale di medio termine. Ci aspettiamo che il nostro Piano Strutturale di Bilancio includa quelle riforme e quegli investimenti che sono assolutamente necessari. Bisogna prevedere serie politiche industriali e rilevanti incentivi agli investimenti, la risposta al post Pnrr. Si tratta di una questione per noi estremamente importante: dobbiamo pensare ora a come proseguire con gli investimenti, come la spinta che ci deve dare Industria 5.0.

Altrimenti rischiamo lo stallo o, addirittura, un passo indietro. Presenteremo inoltre al Governo – entro poche settimane – una serie di misure a costo zero, che sono essenziali per la certezza del diritto e la sburocratizzazione degli oneri che soffocano oggi le nostre imprese, tanto da trasformare l’imprenditore in una sorta di funzionario pubblico aggiuntivo”. Orsini parla poi di un progetto che ha “a cuore”: il Piano straordinario di edilizia per i lavoratori neoassunti. “Rappresenta il modo concreto di rispondere ad un bisogno primario: la casa, quale bene fondamentale per affrontare dignitosamente la propria vita e costruire un futuro. Noi tutti sappiamo che uno dei maggiori ostacoli per reperire nuovi occupati è la scarsità di abitazioni a un costo sostenibile. L’idea che abbiamo proposto – e che il Governo ha accolto – è di costituire un tavolo congiunto che coinvolga anche l’Ance, l’Anci, le assicurazioni, le banche, la Cassa Depositi e Prestiti, i fondi immobiliari e i fondi pensione, per studiare insieme le migliori formule di garanzie finanziarie, così da consentire a ‘fondi pazienti’ di poter attuare i progetti garantendo un canone sostenibile. Di questo ringrazio la Presidenza del Consiglio e tutto il Governo, con cui sono già in corso le interlocuzioni per valutare tutti gli aspetti connessi all’attuazione del progetto e alla sua fiscalità. Sono convinto che questo Piano sia fondamentale per ripristinare quell’ascensore sociale, base della fiducia e della spinta stessa alla natalità, che ha fatto correre il Paese in altre fasi della seconda metà del secolo scorso.

Un’altra sfida sociale riguarda i nostri giovani. Non possiamo dimenticare che, purtroppo, da diciotto mesi la produzione industriale italiana ha un segno negativo – osserva – . Gli ordini di molte nostre filiere sono in calo, sia in Italia che all’estero. La frenata europea, e soprattutto quella tedesca, continuano a spingerci verso il basso. Il mercato interno continua a mostrare le sue debolezze e molte delle nostre imprese stanno facendo fatica. A maggior ragione, la contrazione dell’industria italiana obbliga a considerare una vera e propria responsabilità collettiva, di tutti i soggetti sociali e politici del nostro Paese, quella di realizzare un deciso balzo in avanti della produttività italiana”. Il presidente, inoltre, pone l’accento sulla sicurezza sul lavoro spiegando che, assieme ai sindacati, c’è molto da fare assieme.

“Noi siamo pronti ad avviare un confronto. Su una questione ci siamo ripromessi da subito di fare tutto quello che è in nostro potere per contenerla, ridurla, abbatterla. Ed è mia ferma convinzione andare fino in fondo. Parlo degli infortuni sul lavoro, una catena tragica di vite spezzate, di persone strappate alle proprie famiglie, ai propri affetti mentre lavoravano per dare loro una prospettiva migliore. Noi e i sindacati dobbiamo fare in modo che questa catena di lutti per le famiglie e per le aziende si fermi. Dobbiamo istituire un tavolo permanente di monitoraggio e di verifica delle normative di sicurezza”. Poi un breve passaggio sul ponte sullo Stretto, con la necessita di connetterlo a “un adeguato sistema ferroviario e stradale è imprescindibile: bisogna dar seguito a tutti gli investimenti che sono stati previsti”. Sul tema energia Confindustria è convinta “che il ritorno al nucleare sia strategico.

Tutti noi abbiamo imparato che l’indipendenza energetica è questione di sicurezza nazionale: allora perché tutti insieme non appoggiamo il nucleare di ultima generazione, invece di continuare a rifornirci a prezzi crescenti dalle vecchie centrali nucleari francesi? Sì, nel nuovo piano energetico se ne parla. Ma sappiamo tutti che, se cominciassimo oggi, ci vorrebbero almeno dodici anni per poterlo utilizzare. Non possiamo perdere altro tempo. Sappiamo bene che è arrivato il momento, insieme alle categorie economiche e sindacali, di spiegare all’opinione pubblica la svolta e illustrare come i piccoli reattori modulari siano molto più sicuri e meno invasivi sui territori rispetto alle grandi centrali di vecchia generazione. Pensate che sia possibile continuare a pagare l’energia fino al 40% in più della media europea? Noi no. E pensate che solo l’utilizzo di energia proveniente da fonti rinnovabili possa soddisfare il nostro fabbisogno energetico? Noi no”. Quindi, un lungo passaggio sull’Europa. “Non dobbiamo dimenticare che oggi le transizioni, energetica, ambientale e digitale, pongono fondamentali quesiti: industriali, politici ed etici che non possiamo più ignorare. Lo dico con chiarezza, in accordo con i colleghi delle Confindustrie europee. Il Green Deal è impregnato di troppi errori che hanno messo e mettono a rischio l’industria.

Noi riteniamo che questo non sia l’obiettivo di nessuno – dice -. La decarbonizzazione inseguita anche al prezzo della deindustrializzazione è una debacle. La storia e il mercato europeo dell’auto elettrica che stiamo regalando alla Cina, parlano da soli. La filiera italiana dell’automotive è in grave difficoltà, depauperata del proprio futuro dopo aver dato vita alle auto più belle del mondo e investito risorse enormi per l’abbattimento delle emissioni”. Infine, il numero uno di Viale dell’Astronomia evidenzia come “tra il 1993 e il post Covid, a fronte di un aumento del Pil pro capite negli Stati Uniti pari a +56,6%, quello dell’Europa è stato della metà. Il risultato è severo: ora basta, dobbiamo cambiare passo.

L’industria, italiana ed europea, difenderà con determinazione la neutralità tecnologica, chiedendo un’applicazione più realistica e graduale del Green Deal. Ecco perché oggi serve più che mai una solida politica industriale europea. Una reindustrializzazione basata sulle tecnologie di punta, sulla produzione di materie prime, sull’applicazione dell’intelligenza artificiale, unita a un’adeguata revisione della politica commerciale e della concorrenza. Tutto ciò richiede colossali investimenti pubblici e privati, strategie comuni oggi inesistenti, per i conflitti di visione e interessi intra-Ue. Una politica economica convergente, per la salvaguardia e la tenuta del mercato unico, e un Patto di Stabilità all’altezza delle sfide che abbiamo davanti. A tutt’oggi, però, non riusciamo a vedere come l’Europa possa ripartire con la spinta che servirebbe”, conclude Orsini.
-Foto: ufficio stampa Confindustria-

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Confitarma, Sisto “Il 10-12% del PIL si muove sul mare”

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“Ci sono milioni di posti di lavoro, il 10-12% del PIL si muove sul mare: abbiamo delle eccellenze straordinarie delle nostre industrie, l’armamento, la pesca, il diporto, la portualità, abbiamo un cluster marittimo portuale che è un’eccellenza europea e mondiale e non ne parliamo mai. Ogni tanto siamo un pò dimenticati, quindi ci ha fatto molto piacere ascoltare la premier Meloni parlare di economia del mare” all’assemblea di Confindustria, “in un contesto che racchiude tutte le istanze dell’industria italiana”. Lo ha detto Luca Sisto, direttore generale di Confitarma, in un’intervista all’agenzia Italpress.

Il 25 e 26 settembre a Palermo Confitarma sarà tra i protagonisti di “Risorsa Mare”, una due giorni per parlare di Blue Economy. “E’ un format che ormai ha una cadenza annuale e noi, come Confitarma, parteciperemo convinti di poter dare il nostro contributo”, spiega Sisto. Inoltre il 30 ottobre, alla Stazione marittima di Napoli, Confitarma ha in programma per la prossima assemblea pubblica confederale dedicata a “La nave nel futuro” che “immaginiamo più competitiva, più sicura, con più donne.

La immaginiamo collegare le nostre isole con maggiore frequenza e più capacità, la immaginiamo ricca di lavoro e di opportunità e ancor più sostenibile. Siamo ampiamente impegnati nella transizione ecologica ed energetica ma i dati già ci fanno vincitori di questa sfida che ci vede protagonisti, anche se c’è oca cultura marittima da parte dei decisori, perchè alcune scelte sono un pò autolesionistiche: movimentiamo il 90% delle merci del mondo inquinando in atmosfera meno del 3%”. L’appuntamento è quindi a Napoli. “Al mattino, durante i panel, lavoreremo insieme agli esperti, agli armatori e ai giornalisti, poi ci trasferiremo a bordo della nave Costa Smeralda, per un pranzo che precederà l’assemblea pubblica”, spiega Sisto.

– Foto Italpress –

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Imprese italiane, quali sono le difficoltà nel ridurre i costi aziendali

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Sempre più frequentemente, le aziende vanno incontro alla necessità di riduzione dei costi, sia fissi che variabili. Si tratta di una criticità che può riguardare indistintamente tutti i tipi di impresa, dalle piccole alle grandi. Le più colpite, tuttavia, sono le PMI. L’argomento è delicato e molto diffuso: basti pensare che parliamo di circa 211mila aziende che contribuiscono al 41% dell’intero fatturato dell’Italia, oltre che del 33% dell’insieme degli occupati nel privato.

In ogni impresa, sia grande, media o piccola, i costi incidono in maniera diretta sul profitto: quest’ultimo deriva dalla sottrazione tra fatturato (guadagno) e costi sostenuti dalle aziende. In questo senso, dunque, la necessità di ridurre le spese può emergere per diversi motivi: può essere una risposta immediata a un momento di forte crisi aziendale, ma anche una strategia per aumentare i profitti.

Bisogna tenere presente, però, che ridurre i costi non è necessariamente sinonimo di “taglio”. Ogni costo è destinato a una potenziale risorsa, quindi “tagliare” una spesa equivale a una rinuncia ad alcune risorse, che possono essere di diverso tipo. Per questo motivo, in casi del genere è opportuno agire con la massima cautela e accortezza, in modo da tutelare la propria impresa, i propri dipendenti e la propria reputazione aziendale.

Non è affatto raro, come vedremo, andare incontro a pesanti difficoltà nel decidere quali sono i costi da ridurre. Innanzitutto, occorre sottolineare che esistono diverse aree che possono essere soggette alla riduzione dei costi e – di conseguenza – svariate risorse e processi aziendali possono andare incontro a un decremento di azione, a un depotenziamento o addirittura a un azzeramento.

Tipiche modalità per ridurre i costi: dai dipendenti al marketing

Una delle modalità tipicamente attuate è quella di agire direttamente sui dipendenti, visto che le spese per il costo del personale in Italia sono ingenti. Le azioni intraprese possono corrispondere a un licenziamento oppure alla cassa integrazione. Il ritorno immediato in termini puramente finanziari a breve termine è possibile (anche se c’è da sostenere la spesa del Tfr, che può essere anche molto elevata), ma bisogna sottolineare gli svantaggi che possono determinarsi a medio e lungo termine.

Sacrificare un dipendente che normalmente apporta un contributo ma deve rispondere direttamente della crisi aziendale non è esattamente un comportamento lodevole dal punto di vista etico e professionale, ma soprattutto non corrisponde a un’adeguata strategia manageriale, in quanto l’azienda può perdere in termini di efficacia e reputazione, aumentando malcontento e timore fra gli altri dipendenti, creando dunque ambiente e condizioni di lavoro per niente ottimali.

Altre aree nelle quali si può agire dipendono direttamente dal tipo di impresa in questione. Se l’azienda produce beni tangibili e materiali, si può pensare di utilizzare materie prime più economiche, ma questo comporta un downgrade dal punto di vista della qualità del prodotto.

Un’ulteriore soluzione spesso individuata è quella di tagliare il budget per attività come marketing e comunicazione. Questo tipo di comportamento trova spiegazione nel fatto che gli imprenditori sono consapevoli dell’importanza di queste strategie in termini di visibilità (e si tratta di investimenti inizialmente avallati, d’altronde), ma non è sotto i loro occhi il ritorno immediato in fatto economico di tali attività. Tuttavia, bisogna specificare che un’impresa ben organizzata è in grado di calcolare o stimare i profitti generati grazie alle attività di comunicazione, che – se organizzate e attuate in maniera efficace – ricoprono un ruolo chiave per il profitto aziendale.

Dopo aver elencato alcune soluzioni tipicamente adottate dagli imprenditori per ridurre i costi aziendali, presentandone anche gli svantaggi, si può adesso passare al modo in cui questi problemi possono essere superati e tramite quali modalità, presentando un altro approccio e fornendo alcuni esempi in merito.

Il piano di gestione dei costi

Il primo passo da compiere consiste in un cambio di prospettiva ad ampio raggio: l’opzione ideale, infatti, non corrisponde al taglio indiscriminato e “cieco” dei costi (cost cutting), ma ad attente riflessioni sugli ambiti nei quali le spese vengono dirottate, con l’individuazione di punti di forza e punti deboli (cost management). In questo senso, è indispensabile non agire in maniera impulsiva, bensì adottare un piano di gestione e riduzione dei costi aziendali, sviscerando e analizzando con attenzione tutte le branche e le specificità della propria impresa, insieme alle spese che vengono abitualmente sostenute.

Il lavoro di pianificazione è complesso, ma – rispetto all’approccio precedente – le prospettive saranno più vantaggiose a lungo termine. Innanzitutto, serve un preciso calcolo di tutte le spese sostenute con le varie tipologie: fissi, variabili, di gestione. Già dopo questo passo, sarà possibile individuare le aree in cui si spende più del necessario, oppure inutilmente. Ovviamente, però, non si tratta di un’azione semplice e a questo proposito esistono dei professionisti che affiancano le aziende e i datori di lavoro proprio in questo tipo di operazioni, con studi finalizzati a verificare i margini di miglioramento e a far sì che tutti i processi aziendali mantengano la loro efficienza. Fra queste, Profitalia è esperta nelle strategie che consentono di gestire al meglio i costi, tramite un servizio di affiancamento costante alle aziende volto a garantirne tanto il successo quanto la crescita sostenibile.

Il potenziale delle PMI italiane, d’altronde, esiste ma è per larga parte inespresso. Secondo il report “A microscope on small business” (maggio 2024) realizzato da un pool di esperti del McKinsey Global Institute, è emerso che se si portasse la produttività delle Pmi italiane allo stesso livello di quelle dei “campioni” di produttività degli altri Paesi, si otterrebbe un incremento del Pil del +6,4%. Si tratta, dunque, di trovare la strategia giusta per ottimizzare le proprie risorse.

Conclusioni

Spesso si identifica in maniera affrettata la necessità di riduzione dei costi aziendali con i tagli drastici al personale o ad alcuni processi chiave, perdendo così in termini di risorse e di efficacia. Questo può avere un ritorno economico nell’immediato, ma a medio e lungo termine – se non c’è uno studio approfondito alla base – le conseguenze negative possono essere devastanti in termini di efficienza aziendale e condizioni di lavoro.

La strada migliore è quella di ottimizzare i costi, con un piano di gestione efficace degli stessi, in modo da avere prospettive più vantaggiose a lungo termine. Così facendo, sarà possibile individuare alcune aree in cui si verificano palesi sprechi in termini economici, riducendo i costi in quel settore oppure decidendo di reindirizzare il budget verso aspetti aziendali ritenuti più strategici, implementando un piano per attuare processi migliorativi tanto per l’azienda, quanto per i dipendenti.

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