Economia
Inps, bilancio 2025: previsto un disavanzo di oltre 9 miliardi di euro
L’Inps ha approvato il bilancio preventivo per il 2025, evidenziando un risultato negativo che supera i 9 miliardi di euro, in linea con le stime per l’anno precedente. Nello specifico, il documento prevede un deficit di 9,287 miliardi di euro, confermando un quadro finanziario complesso e sostanzialmente stabile rispetto al disavanzo del 2024, stimato in 9,210 miliardi di euro.
Secondo quanto emerge dal Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Istituto, la spesa destinata al pagamento delle pensioni previdenziali rappresenta la voce più significativa, con una previsione di oltre 325 miliardi di euro per il prossimo anno. L’aumento dell’1,2% rispetto al 2024 è attribuibile principalmente agli adeguamenti annuali per la rivalutazione degli assegni pensionistici già in essere, un meccanismo che tiene conto dell’inflazione e garantisce il potere d’acquisto dei pensionati.
Il bilancio evidenzia come la dinamica delle spese previdenziali continui a rappresentare un elemento centrale nel quadro delle finanze pubbliche, con impatti significativi sulle politiche di bilancio del Paese. L’evoluzione demografica, l’invecchiamento della popolazione e le necessità di sostenibilità del sistema previdenziale restano temi centrali per l’agenda politica e sociale, richiedendo un costante monitoraggio e interventi di lungo periodo.
Il Consiglio di vigilanza ha sottolineato l’importanza di garantire l’equilibrio finanziario dell’Istituto nel medio e lungo termine, evidenziando la necessità di politiche mirate per coniugare la sostenibilità delle prestazioni con la tutela delle fasce più fragili della popolazione.
Economia
Le regioni del centro trainano l’export, calo nord-ovest, bene la Calabria
Nel quarto trimestre 2024, rispetto al trimestre precedente, le esportazioni risultano in aumento per il Centro (+1,7%) e il Nord-est (+0,5%) e in flessione per il Nord-ovest (-0,8%) e il Sud e Isole (-0,2%). Lo rende noto l’Istat, sottolineando che nel 2024, rispetto all’anno precedente, la lieve diminuzione dell’export nazionale in valore (-0,4%) è sintesi di dinamiche territoriali differenziate: la contrazione delle esportazioni è più ampia per le Isole (-5,4%) e il Sud (-5,3%), più contenuta per il Nord-ovest (-2,0%) e il Nord-est (-1,5%), mentre si rileva una forte crescita per il Centro (+4,0%).
Nel complesso del 2024, le flessioni più ampie delle esportazioni riguardano Basilicata (-42,4%), Marche (-29,7%) e Liguria (-24,1%); le regioni più dinamiche all’export, invece, sono Toscana (+13,6%), Valle d’Aosta (+11,1%), Calabria (+9,4%), Lazio (+8,5%) e Molise (+5,8%).
Nel 2024, le minori esportazioni di autoveicoli da Piemonte, Basilicata, Campania e Abruzzo (-0,9 punti percentuali) e la forte riduzione delle vendite di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici dalle Marche (-0,8 punti percentuali) contribuiscono a frenare l’export nazionale. All’opposto, gli aumenti delle esportazioni di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici da Toscana, Lazio e Campania (+1,0 punti percentuali) e di articoli sportivi, giochi, strumenti musicali, preziosi, strumenti medici e altri prodotti non classificati altrove (n.c.a.) dalla Toscana (+0,7 punti percentuali) forniscono un impulso positivo alle vendite nazionali sui mercati esteri.
Sempre secondo l’Istituto di statistica, nell’intero anno, i contributi negativi più ampi all’export nazionale derivano dal calo delle vendite delle Marche verso la Cina (-91,9%), della Liguria verso gli Stati Uniti (-77,7%), della Toscana verso la Svizzera (-48,9%), del Piemonte verso Germania (-11,2%) e paesi OPEC (-34,4%) e della Campania verso gli Stati Uniti (-28,2%).
Gli apporti positivi maggiori provengono dall’aumento delle esportazioni della Toscana verso Turchia (+242,9%) e Stati Uniti (+12,3%), della Campania verso la Svizzera (+26,1%), della Lombardia verso la Spagna (+11,1%) e del Lazio verso Belgio (+20,8%) e Stati Uniti (+35,7%).
Nel 2024, le province che più contribuiscono a frenare l’export nazionale sono Ascoli Piceno, Torino, Genova, Potenza, Siracusa e Ancona; all’opposto, quelle che maggiormente sostengono le vendite nazionali sui mercati esteri sono Arezzo, Firenze, Latina, Lodi e Monza e della Brianza. “La lieve flessione dell’export in valore nel 2024 è sintesi di dinamiche negative di diversa intensità che riguardano tutte le aree, a esclusione del Centro – commenta l’Istat -. La Toscana è la regione che fornisce l’impulso positivo maggiore alla dinamica dell’export nazionale nel 2024. All’opposto, Marche, Piemonte, Liguria, Emilia-Romagna, Veneto e Basilicata forniscono i contributi negativi più ampi”.
– Foto ufficio stampa Istat –
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Economia
Istat, a gennaio aumento dell’1,6% dei prezzi alla produzione dell’industria
A gennaio, l’aumento congiunturale e l’accelerazione della crescita tendenziale dei prezzi alla produzione dell‘industria sono principalmente spiegati dai forti rialzi dei prezzi della componente energetica (in particolare della fornitura di energia elettrica e gas) sul mercato interno; al netto di tale componente, i prezzi sono pressoché stazionari su base mensile e mostrano una crescita su base annua molto più contenuta.
Sul mercato interno, accelera ulteriormente la crescita tendenziale dei prezzi dei beni di consumo (+1,8%, da +1,5% di dicembre) e dei beni strumentali (+0,6%, da +0,4% di dicembre), e i prezzi dei beni intermedi – in flessione da maggio 2023 – tornano a crescere su base annua, per quanto in misura modesta (+0,1%). Per le costruzioni, i prezzi registrano nuovi aumenti su base mensile, seppur contenuti; su base annua, sono stazionari per edifici, in modesto aumento per strade. E’ quanto emerge dall’indagine Istat sui prezzi alla produzione dell’industria e delle costruzioni. In particolare, a gennaio 2025, i prezzi alla produzione dell’industria aumentano dell’1,6% su base mensile e del 4,4% su base annua (era +1,1% a dicembre). Sul mercato interno i prezzi crescono del 2,0% rispetto a dicembre 2024 e del 6,0% su base annua (da +1,3% del mese precedente). Al netto del comparto energetico, i prezzi registrano un aumento congiunturale modesto (+0,2%) e una crescita tendenziale molto più contenuta (+0,8%; era +0,5% a dicembre)
Sul mercato estero i prezzi aumentano dello 0,4% su base mensile (+0,4% area euro, +0,3% area non euro) e dell’1,0% su base annua (+0,9% area euro, +1,1% area non euro). Nel trimestre novembre 2024-gennaio 2025, rispetto al precedente, i prezzi alla produzione dell’industria crescono del 2,5% (+3,4% mercato interno, +0,4% mercato estero). A gennaio 2025, fra le attività manifatturiere, gli aumenti tendenziali più elevati riguardano prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+2,5%) e altre industrie manifatturiere, riparazione e installazione di macchine e apparecchiature (+2,2%), sul mercato interno, e coke e prodotti petroliferi raffinati (+6,7% area euro, +5,6% area non euro) e industria del legno, della carta e stampa (+7,0% area euro), sul mercato estero.
Cali tendenziali si rilevano per un numero limitato di settori, i più ampi per articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (-1,5% area euro) e prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (-1,5% area non euro). Sul mercato interno, la crescita su base annua dei prezzi della fornitura di energia elettrica e gas è in forte accelerazione (+18,1%, da +3,6% di dicembre 2024). A gennaio 2025, i prezzi alla produzione delle costruzioni per Edifici residenziali e non residenziali crescono dello 0,3% su base mensile e sono stazionari su base annua (era -0,2% il mese precedente); quelli di Strade e Ferrovie aumentano dello 0,6% in termini congiunturali e dello 0,1% in termini tendenziali (da -0,5% di dicembre 2024).
– foto screenshot dati Istat –
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Economia
Record di Recupero Fiscale: Nel 2024 L’Agenzia delle Entrate Incassa 33,4 Miliardi
Nel 2024, l’Agenzia delle Entrate (AdE) ha recuperato 33,4 miliardi di euro, segnando un record storico per il paese. Anche al netto delle misure straordinarie, come i condoni, gli incassi sono stati i più alti mai registrati. Questi incassi sono stati record anche in termini reali, anche se la differenza con gli anni passati è meno marcata. Gli incassi ordinari hanno raggiunto l’1,27% del PIL, superando il precedente record stabilito nel 2022. Lo ha reso noto l’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani, diretto da Carlo Cottarelli.
Nel 2024, l’Agenzia delle Entrate ha incassato 33,4 miliardi di euro dal recupero di evasione fiscale. Di questi, 26,3 miliardi sono stati recuperati da importi dovuti direttamente allo Stato, mentre 7,1 miliardi sono stati riscossi per conto di altri enti, come INPS, INAIL e i comuni. Questo risultato è un record assoluto, in continuità con i recuperi degli anni precedenti, eccetto il periodo 2020-2021, quando alcune attività di recupero erano state sospese a causa della pandemia.
Per comprendere quanto del recupero sia strutturale, bisogna distinguere tra l’attività ordinaria dell’AdE e le misure straordinarie, come la rottamazione delle cartelle. Sebbene la rottamazione consenta l’incasso di somme, ciò avviene con forti sconti. Si stima che, grazie alla rottamazione, i contribuenti abbiano pagato in media solo il 72,2% del dovuto. Nonostante ciò, i dati sono positivi: il recupero ordinario ha raggiunto i 27,7 miliardi, il livello più alto dal 2017, con un significativo aumento rispetto al 2023. Inoltre, quando si porta il dato a prezzi costanti, utilizzando il deflatore del PIL, il recupero ordinario nel 2024 ha raggiunto i 24,5 miliardi a prezzi del 2020, superando il precedente massimo del 2022 di 2,3 miliardi.
Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha attribuito l’aumento del recupero non solo allo sforzo dell’Agenzia delle Entrate, ma anche alle specifiche norme del Governo, come quella contro le partite IVA “apri e chiudi”. L’AdE ha segnalato la chiusura di 5.869 imprese di questo tipo, sebbene non siano disponibili dati sulle somme recuperate da queste attività. Oltre a questa misura, una parte dell’incasso è attribuibile alla rottamazione quater, che, tuttavia, ha comportato anche mancate entrate per lo Stato e rischi di disparità di trattamento tra chi ha regolarmente pagato le tasse e chi ha beneficiato della misura.
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