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Economia

Inflazione a novembre 2024: lievissima discesa mensile, ma aumento su base annua

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Nel mese di novembre 2024, l’indice nazionale dei prezzi al consumo (NIC) ha registrato una piccola flessione dello 0,1% su base mensile, ma un incremento del 1,3% su base annua, in leggero aumento rispetto al +0,9% del mese precedente. La stima preliminare indicava un aumento annuale pari al 1,4%, ma è stata rivista al ribasso.

L’incremento annuale dell’inflazione è principalmente legato all’aumento dei prezzi dei beni energetici regolamentati, che sono passati da un +3,9% a un più consistente +7,4%. Inoltre, la flessione dei prezzi dei beni energetici non regolamentati ha mostrato una parziale attenuazione, scendendo da una diminuzione del -10,2% a un -6,6%.

Anche i prezzi dei beni alimentari, così come quelli per la cura della casa e della persona, hanno mostrato un’accelerazione, passando da un +2,0% a un +2,3% su base annua. Un aumento più marcato si è registrato anche per i prodotti ad alta frequenza d’acquisto, che sono passati da un +1,0% a un +1,6%.

In sintesi, sebbene ci sia stata una leggera discesa mensile, l’inflazione su base annua ha visto un aumento, alimentato principalmente dai rincari energetici e dalla crescita dei prezzi dei beni di consumo quotidiano.

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Banca d’Italia rivede al ribasso le previsioni sul PIL: crescita solo dello 0,5% nel 2025

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La Banca d’Italia ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita per il 2025, riducendo l’aumento del PIL allo 0,5%, un leggero calo rispetto allo 0,6% indicato a ottobre. Questa revisione arriva dopo quelle di altri enti, come l’Ocse e l’Istat, ed è un segnale di rallentamento economico che arriva come una doccia fredda per il governo Meloni. Quest’ultimo, nel Piano strutturale di bilancio inviato a Bruxelles, aveva inizialmente previsto una crescita del 1% per il prodotto interno lordo.

Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha commentato a margine della kermesse di Atreju che la revisione delle stime sul PIL non modifica i numeri delle finanze pubbliche. Anzi, secondo il ministro, il governo è convinto di poter ottenere risultati migliori di quelli previsti. “Avevamo fatto previsioni assolutamente prudenziali”, ha sottolineato Giorgetti, cercando di mantenere la calma di fronte alle nuove previsioni meno ottimistiche.

Le stime per il periodo 2025-2027, tuttavia, risultano più promettenti. Si prevede infatti una ripresa dei consumi, favorita dalla riduzione dei tassi di interesse, e una ripresa delle esportazioni, con tassi di crescita che dovrebbero aggirarsi intorno all’1%. Il rallentamento degli investimenti, che risentono dell’effetto del ridimensionamento degli incentivi del Superbonus, è tuttavia parzialmente compensato dall’aumento della spesa per infrastrutture e dalle misure previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr).

In generale, l’elevata incertezza derivante dai conflitti in corso, a livello globale, continua a pesare sulle prospettive economiche, rendendo più difficile fare previsioni certe per i prossimi anni.

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Economia

Confagricoltura lancia Competition Plan “Settore è cuore dell’economia”

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“L’agricoltura è il cuore pulsante della nostra economia e della nostra società. Ma più di tutto, è la base della nostra speranza per un futuro migliore”. Così il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, ha concluso il suo discorso all’assemblea invernale di Roma, lanciando un Competition Plan “per guidare il settore agricolo verso una nuova fase di competitività, in cui ogni decisione e ogni azione contribuiscano a creare valore, tutelare il territorio e rafforzare la posizione del nostro Paese nei mercati internazionali”. Si tratta di “un’iniziativa strategica per ridefinire il futuro dell’agricoltura italiana e posizionarla come leader a livello globale”, non solo “una dichiarazione d’intenti, ma un vero e proprio programma d’azione che traduce le idee in risultati concreti”, ha sottolineato. “Per trasformare l’agricoltura in un settore più produttivo, sostenibile e resiliente, dobbiamo adottare politiche, innovazioni e risorse che ci permettano di passare dal pensiero all’azione, dall’analisi alla concretezza. Gli strumenti di cui disponiamo non solo devono essere adeguati, ma devono essere orientati a lungo termine, in grado di affrontare le sfide del presente e di anticipare quelle del futuro”.
Tra le principali leve su cui agire c’è la PAC, che “deve essere riformata per rispondere meglio alle sfide del presente e del futuro”, passando “da un approccio meramente redistributivo a uno realmente strategico, che premi chi investe in sostenibilità, innovazione e competitività”. Per Confagricoltura, “le politiche agricole devono adattarsi alle esigenze specifiche dei territori, riconoscendo le diversità climatiche, economiche e produttive all’interno dell’Unione Europea” e “la PAC deve essere il motore della transizione ecologica, sostenendo pratiche agricole che tutelino il suolo, le risorse idriche e la biodiversità”. Inoltre “il cambiamento climatico e la volatilità dei mercati rendono sempre più urgente la creazione di strumenti di gestione del rischio: non possiamo lasciare i nostri agricoltori soli di fronte a eventi imprevedibili”, servono “fondi mutualistici” che “consentano agli agricoltori di condividere i rischi economici legati a eventi climatici estremi o crisi di mercato”, modelli assicurativi avanzati che “coprano non solo le perdite produttive, ma anche i costi legati al ripristino delle attività” e “interventi pubblici mirati” con “un quadro normativo europeo che sostenga i fondi di emergenza nazionali e garantisca risposte rapide in caso di crisi”.
Bisogna poi “accelerare la digitalizzazione del settore agricolo, garantendo che ogni impresa possa beneficiare delle innovazioni disponibili”, puntando sull’agricoltura di precisione e su “tecnologie innovative che ottimizzano l’uso di risorse come acqua, fertilizzanti e fitofarmaci, garantendo una riduzione dei costi e un minore impatto ambientale”, oltre che sulle “piattaforme digitali per connettere le aziende agricole con le filiere produttive e commerciali, migliorando tracciabilità, efficienza e capacità di pianificazione”, ma anche sulle “tecniche di evoluzione assistita (TEA), per sviluppare colture più resilienti e meglio adattate ai cambiamenti climatici” e sulle nuove frontiere dell’agricoltura come “il vertical farming, che consente di incrementare la produzione sia in termini di qualità che di quantità, richiede strategie mirate e investimenti adeguati per sbloccare il suo pieno potenziale”. E’ necessario “mettere la ricerca al centro delle nostre politiche: solo attraverso l’innovazione possiamo rendere l’agricoltura più efficiente, sostenibile e competitiva”. A livello internazionale, “il commercio è un’opportunità, ma anche una sfida: gli accordi commerciali devono essere strumenti per aprire mercati, non per compromettere il nostro modello produttivo”, sottolinea Giansanti. Bisogna “proteggere il Made in Italy e le altre eccellenze europee da imitazioni e contraffazioni nei mercati globali” e adeguare le infrastrutture “a un settore performante e competitivo, integrato con un sistema di agromercati centralizzati, quale elemento caratterizzante di un sistema distributivo moderno”, e accordi come il Mercosur “devono garantire che i prodotti importati rispettino gli stessi criteri di qualità, sicurezza alimentare e sostenibilità richiesti agli agricoltori europei”.
Su questo tema, ha ricordato poi il vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Raffaele Fitto, “l’accordo è sottoscritto” ma “abbiamo tutte le condizioni per individuare elementi che possono andare incontro alle domande che provengono dal mondo agricolo, per dare garanzia e certezza su alcuni aspetti”. Col Mercosur, ha sottolineato poi il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, “è ovvio che l’Italia può avere un guadagno complessivo, ma con il sacrificio di alcuni settori che potrebbero essere messi in ginocchio. Devono essere certi che non sono stati sacrificati per altri”. All’assemblea invernale di Confagricoltura è intervenuta anche la ministra del Lavoro, Marina Calderone, che si dice “pronta a insediare un tavolo permanente in cui mettere come filo conduttore la riforma del lavoro in agricoltura, guardando a un lavoro agricolo che deve diventare non episodico e stagionale ma ci deve consentire di costruire un percorso di valorizzazione delle professionalità e del legame tra le aziende e i lavoratori”.

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BCE: Nuove decisioni sui tassi d’interesse e la divisione interna del Consiglio

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La Banca Centrale Europea (BCE) ha intrapreso il quarto taglio consecutivo dei tassi d’interesse, confermando la sua politica espansiva avviata a giugno, con l’intenzione di stimolare ulteriormente l’economia dell’Eurozona. Tuttavia, il Consiglio della BCE ha già iniziato a riflettere sulle decisioni future, mostrando una divisione interna tra le “colombe”, favorevoli a un’ulteriore riduzione rapida del costo del denaro, e i “falchi”, che invitano a un approccio più cauto in un contesto economico incerto.

Il focus della riunione di oggi si concentra su un probabile abbassamento di 25 punti base del tasso sui depositi, che scenderebbe dal 3,25% al 3%. Questo scenario è stato ampiamente previsto dai mercati, anche se una minoranza di analisti ipotizza una riduzione più marcata, pari a mezzo punto percentuale. Il dibattito interno, infatti, ruota attorno alle stime di crescita e inflazione, che la presidente Christine Lagarde presenterà insieme alla decisione sul tasso. Si prevede che le proiezioni economiche, pur migliorando leggermente rispetto alle aspettative precedenti con una crescita del +0,4% nel terzo trimestre, mostrino un quadro complessivo di rallentamento, facendo temere un ulteriore peggioramento nei prossimi anni.

I falchi, in particolare, sollevano preoccupazioni riguardo gli effetti inflattivi di una possibile escalation dei dazi, in particolare alla luce delle politiche protezionistiche annunciate dal presidente americano Donald Trump. Isabel Schnabel, una delle consiglieri esecutivi della BCE, ha ribadito che non saranno i tagli ai tassi a rilanciare gli investimenti in Europa, ma piuttosto riforme strutturali che affrontino le sfide industriali, come quelle che stanno colpendo l’Italia e la Germania. Questi interventi, sostengono, sono più efficaci e sostenibili nel lungo periodo.

Le “colombe”, invece, sostengono che il passo successivo dovrebbe essere un allentamento ulteriore della politica monetaria per stimolare l’economia, soprattutto in un periodo segnato da incertezze politiche e conflitti geopolitici, come le guerre in corso ai confini dell’Europa e il cambio di leadership negli Stati Uniti. A loro avviso, l’attuale situazione economica dell’Eurozona, con un calo dei prestiti alle famiglie e alle imprese, giustifica un intervento deciso.

Un altro tema al centro del dibattito riguarda la possibile fine della politica di tassi “restrittivi”, con Lagarde che potrebbe rivedere la comunicazione precedente, eliminando il riferimento che i tassi rimarranno alti finché necessario. I mercati saranno attenti a questi segnali, cercando di capire quale direzione intende prendere la BCE nei prossimi mesi. Alcuni membri del Consiglio, come il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta, si mostrano favorevoli a ridurre il tasso fino a un livello “neutrale” per stimolare la crescita senza rischiare di innescare ulteriori pressioni inflazionistiche.

La BCE si trova, quindi, a un bivio: continuare con una politica monetaria espansiva per supportare l’economia dell’Eurozona o adottare un approccio più cauto, lasciando spazio per future manovre in caso di peggioramento della situazione economica globale. La decisione che prenderà nei prossimi mesi avrà un impatto cruciale per l’economia europea e per la sua capacità di affrontare le sfide interne ed esterne che si profilano all’orizzonte.

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