Economia
Ecomafie: 30 anni di reati ambientali e un appello per il futuro
Negli ultimi trent’anni, l’Italia ha subito un’incessante aggressione al proprio patrimonio ambientale, orchestrata dalle ecomafie. Secondo il rapporto trentennale di Legambiente, sono stati registrati oltre 902.000 illeciti ambientali, un dato che corrisponde a un crimine ogni 18 minuti. Questo fenomeno ha visto coinvolte 727.771 persone denunciate, 224.485 sequestri e un giro d’affari illegale stimato in quasi 260 miliardi di euro.
Le regioni del Sud Italia, dove le organizzazioni mafiose sono storicamente più radicate, registrano il maggior numero di reati. La Campania si colloca al primo posto, seguita da Calabria, Sicilia e Puglia. Il Lazio è la regione con il maggior numero di illeciti nel Centro Italia, mentre la Lombardia guida le statistiche al Nord.
Il traffico illecito di rifiuti è uno dei settori più colpiti. Dal 2002, anno dell’introduzione di una normativa specifica, sono state condotte 608 inchieste che hanno portato a oltre 3.400 arresti e il sequestro di oltre 60 milioni di tonnellate di rifiuti. Solo i fanghi di depurazione e i rifiuti industriali rappresentano quasi l’80% del totale sequestrato.
In occasione della conferenza nazionale “Ambiente e legalità: insieme per il futuro”, Legambiente ha presentato un pacchetto di sei proposte per rafforzare la lotta alle ecomafie e alla criminalità ambientale. L’organizzazione ha sottolineato l’urgenza di nuove normative per contrastare le agromafie, l’abusivismo edilizio e i reati contro gli animali. Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, ha evidenziato che la tutela ambientale deve essere al centro delle scelte politiche, in linea con i principi sanciti dall’articolo 9 della Costituzione italiana.
La presentazione del rapporto si è tenuta presso la Scuola Ufficiali dei Carabinieri a Roma, alla presenza di rappresentanti istituzionali di alto livello, tra cui il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto e i vertici delle forze dell’ordine impegnate nella tutela ambientale. La conferenza ha ricevuto il riconoscimento della Presidenza della Repubblica e ha incluso un momento dedicato all’educazione, con la premiazione di scuole vincitrici di un concorso nazionale sulla legalità ambientale.
La lotta alle ecomafie non è solo un capitolo di cronaca, ma una battaglia culturale, economica e sociale. I dati mostrano che l’impegno delle istituzioni e delle forze dell’ordine ha portato risultati significativi, ma il lavoro da fare è ancora lungo. Come sottolinea Ciafani, abbassare la guardia significherebbe compromettere la salute del nostro territorio e delle generazioni future. Per questo, il rapporto invita tutti, cittadini e istituzioni, a lavorare insieme per un futuro più giusto e sostenibile.
Economia
Uila, un progetto per la sicurezza dei lavoratori dell’agroalimentare
“La tutela della salute e sicurezza dei lavoratori del settore agroalimentare è strettamente connessa con la tutela dei consumatori, dell’ambiente e della legalità. L’assunto da cui siamo partiti è che non esiste cibo di qualità senza una produzione e un lavoro di qualità”. Lo ha affermato Alice Mocci, segretaria nazionale Uila con delega alla sicurezza, illustrando, oggi a Latina, il progetto “La Campagna dei diritti: salute e sicurezza nell’agroalimentare” alla presenza di numerosi delegati, rappresentanti sindacali e delle organizzazioni agricole locali. Ideato dalla Uila-Uil in collaborazione con l’Ital-Uil, il progetto che partirà a gennaio 2025 e vedrà coinvolto anche il Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (DiMeila) dell’Inail, ha l’obiettivo di promuovere e migliorare la tutela della salute e la sicurezza per i lavoratori del settore agroalimentare.
“Il progetto prevede un focus particolare sui lavoratori migranti, che a causa di mancanza di formazione adeguata e di scarse competenze linguistiche, sono più esposti di più ai rischi e agli infortuni”, ha spiegato Mocci, rilanciando l’esigenza di trovare una soluzione per tutti quei lavoratori entrati, in Italia regolarmente con i precedenti decreti flussi, sono rimasti incastrati in un sistema contraddittorio che li ha trasformati da lavoratori necessari a lavoratori fantasma, solo perchè non rientrati nelle quote di conversione dei permessi. “Quella che dobbiamo portare avanti è una battaglia di civiltà perchè è evidente che lì dove non c’è regolarità e non ci sono contratti di lavoro anche la salute e sicurezza sono messe a repentaglio”.
Il progetto si articola in quattro fasi strettamente integrate fra loro: l’ascolto/informazione, la ricerca sul campo, attraverso la rilevazione e misurazione scientifica, con strumenti innovativi, dei rischi legati alle diverse attività lavorative, oltre alla formazione anche dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls). I risultati della ricerca scientifica saranno poi divulgati a luglio con l’obiettivo di offrire una maggiore conoscenza dei rischi professionali e delle malattie che possono derivarne, individuando gli interventi che le aziende possono attivare per prevenirle.
La presentazione, presieduta da Michele Tartaglione, segretario nazionale Uila, è stata arricchita dagli interventi del segretario regionale della Uil del Lazio Alberto Civica e di Giuliano Zignani, presidente Ital-Uil, Giovanna Tranfo, direttore DiMeila Inail ed Elio Munafò, Comitato tecnico scientifico Ital-Uil. Sono, inoltre, intervenuti Guglielmo Loy, presidente Consiglio indirizzo e vigilanza Inail, secondo cui “il salto di qualità deve essere fondato sul riconoscimento del dialogo sociale e della contrattazione sulle materie della sicurezza e salute che impegnano imprese e lavoratori”, Ivana Veronese, segretaria confederale, che ha sottolineato l’importanza del sindacato nel ricercare occasioni concrete di azioni che possano cambiare in meglio la situazione delle lavoratrici e dei lavoratori; Santo Biondo, segretario confederale, che ha evidenziato l’impegno del sindacato nel migliorare il decreto flussi nel tentativo di superarlo e contrastare una narrazione sbagliata dell’immigrazione. Giorgio Carra e Antonio Biagioli hanno portato la loro esperienza rispetto ai problemi esistenti sui rispettivi territori di Latina e Viterbo con i lavoratori stranieri.
“Con questo progetto vogliamo ribadire che la tutela della buona occupazione, gli investimenti iper la difesa della salute e sicurezza sul lavoro, devono diventare un fattore strategico dell’eticità delle nostre produzioni Made in Italy” ha dichiarato la segretaria generale Enrica Mammucari (nella foto) ricordando che “spesso le parti sociali hanno anticipato attraverso la contrattazione collettiva il legislatore individuando risposte concrete finalizzate alla promozione della cultura della prevenzione, anche grazie alla bilateralità di settore”. “La storia del sindacato in agricoltura è una storia di evoluzione di diritti e miglioramento delle condizioni di vita e lavoro dei lavoratori e delle lavoratrici ed è per questo che oggi dinanzi a forme di sfruttamento che ricordano scene del ‘900, ancora più incisiva deve essere l’iniziativa di tutte le parti sociali nel chiedere con determinazione alle istituzioni di contrastare l’illegalità lungo tutta la filiera. A questo studio di fattibilità sono interconnessi diversi obiettivi: più informazione e formazione, più sperimentazione di buone prassi, più trasparenza nel mercato del lavoro, più inclusione dei lavoratori migranti. Siamo convinti” ha concluso Mammucari “che per vincere le sfide che abbiamo davanti sia necessario un coinvolgimento delle parti sociali in tema di politiche attive in modo da diventare coprotagonisti di una grande “campagna dei diritti!”.
– foto: Agenzia Fotogramma –
Economia
Furlan (Uilca) “Il settore del credito è centrale, Governo cambi rotta”
“Come Uil abbiamo fatto uno sciopero generale con la Cgil perchè la manovra, complessivamente, è contraria per molti motivi a ciò che vogliamo: ovvero, un Paese che metta al centro la giustizia sociale, l’attenzione ai più deboli, un’equa distribuzione della ricchezza e il rinnovo dei contratti con la detassazione degli aumenti. Noi chiediamo che il Governo cambi rotta completamente: crediamo che del nostro settore la politica si occupi troppo poco: non si coglie che il settore del credito è centrale per la vita del Paese”. Lo dice in un’intervista all’Agenzia Italpress il segretario generale Uilca, Fulvio Furlan, sottolineando che in seno al Governo, davanti a operazioni come l’Offerta pubblica di scambio lanciata da UniCredit su BancoBpm, si facciano però “affermazioni un pò avventate, tipo sostenere che Unicredit non è italiana, mentre noi abbiamo lavorato per anni perchè Unicredit consolidasse la sua italianità e con questo management ciò sta avvenendo. Dire certe cose mette in dubbio un lavoro che è stato fatto e che impatta sulla vita e il lavoro di migliaia di persone”.
In merito alla questione Unicredit-Banco Bpm, “non facciamo mai il tifo per una banca o per un’altra, e nemmeno per le aggregazioni in sè: però come sindacato – osserva Furlan – riteniamo che sia indispensabile che operazioni societarie di questa portata debbano avere una finalità industriale, una logica di continuità aziendale e di sviluppo delle aziende, in modo che non vengano negate le identità che si fondono, ma siano funzionali a costruirne una più virtuosa. E’ necessario inoltre che si metta al centro la tenuta occupazionale e il bene delle persone che lavorano in banca. Non so come finirà questa vicenda, ma faremo un presidio fortissimo dal punto di vista sindacale per capire come e se si realizzerà questa situazione e per gestire i passi successivi nel caso l’operazione si concludesse: per noi è fondamentale che venga salvaguardato il ruolo centrale delle banche; ma è fondamentale anche che le persone che lavorano in banca non abbiano penalizzazioni per scelte societarie che possano essere da parte di qualcuno vissute solo come logica finanziaria; devono avere invece una logica industriale”.
Dal ricambio generazionale a quello del benessere lavorativo fino alla “desertificazione bancaria”: per la Uilca sono tanti i temi al centro della propria azione. “Noi crediamo che ci sia necessità, come detto con il rinnovo del Contratto nazionale, di migliorare la qualità della vita dei lavoratori e ridurre le pressioni commerciali, anzi azzerarle se possibile – sottolinea Furlan -. L’obiettivo è ridurre i carichi di lavoro e dare tutta una serie di strumenti che facciano lavorare meglio le persone e allo stesso tempo rispondano al crescente stress da lavoro correlato che colpisce la categoria e diano anche la possibilità di vivere di più la loro dimensione come persone, con più tempo libero e vicini alle famiglie. Per questo – continua – abbiamo inserito nel contratto una serie di strumenti per la conciliazione tempi vita-lavoro, la riduzione dell’orario di lavoro: per fare questo serve però anche un adeguato livello occupazionale. Crediamo che se le banche fanno uscire personale, questo personale deve essere sostituito con l’ingresso di giovani, in modo che i livelli occupazionali rimangano gli stessi”.
Su questo tema, precisa, “abbiamo inserito degli strumenti nel Contratto nazionale, come la staffetta generazionale e l’aumento del fondo per l’occupazione”.
Quello della desertificazione bancaria “è un problema che riguarda tutti: ha aspetti di legalità, di mancanza di servizi che colpisce soprattutto i più deboli, ha aspetti che riguardano la mancanza di soggetti come le banche che favoriscono lo sviluppo economico”. Da qui la campagna “Chiusura filiali? No, grazie” promossa da Uilca. “Far parlare i cittadini e le istituzioni è un modo per convincere le banche a cambiare rotta: capiamo che fanno ragionamenti di natura economica, ma devono anche recuperare il loro ruolo sociale – sottolinea Furlan -. Credo che abbiamo raggiunto un buon risultato, ora di desertificazione si parla di più, e siamo riusciti anche a fare aprire un tavolo di lavoro al Cnel, al quale partecipano Anci, Conferenza delle Regioni, Abi e organizzazioni sindacali: un luogo di dibattito per delle proposte che, com’è nella natura del Cnel, possono essere tramutate in legge per favorire un cambio di rotta, considerando le esigenze di tutti”.
– foto Italpress
Economia
Spese di Natale, per 1 italiano su 5 budget fino a 500 euro #2
Siamo ormai entrati nel cuore del clima natalizio. Un periodo con un’atmosfera particolare in cui case, strade e città si riempiono di luci, addobbi e decorazioni, ma anche un momento per passare del tempo con le persone più care e dedicare loro un piccolo pensiero. Tra pranzi, cene, regali e tanto altro, complessivamente, la metà degli italiani dichiara di mantenere sostanzialmente invariato il livello di spesa rispetto agli anni precedenti, con un budget che, nel 27% dei casi, varia tra i 100 e i 300 euro e circa 1 italiano su 5 si spinge, invece, fino a 500 euro. I regali più gettonati destinati ad amici e parenti riguardano in particolare i generi alimentari come cesti, vini e altre specialità enogastronomiche e i prodotti di abbigliamento. Non mancano, poi, i giocattoli destinati ai più piccoli o un buon libro per i più grandi. Nonostante viviamo in un mondo che va sempre più veloce, dove la tecnologia permette di ricevere i propri acquisti direttamente a casa anche nel giro di poche ore, nello specifico degli acquisti natalizi i negozi fisici prevalgono ancora su quelli online. Un modo per toccare con mano e vivere a pieno l’esperienza natalizia e godersi le luci, i colori e i profumi della città.
Dati Euromedia Research – Realizzato il 03/12/2024 con metodologia CATI/CAWI su un campione di 1.000 casi rappresentativi della popolazione italiana maggiorenne
– foto Euromedia Research –
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