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Economia

Cerchiai (FeBAF) “2025 anno di riforme per Italia e Ue”

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“Il 2025 è un anno un po’ più lungo, perché è iniziato il 5 novembre 2024. Quel giorno Donald Trump è stato eletto alla presidenza degli Stati Uniti e molti dei trend e degli accadimenti che caratterizzeranno quest’anno originano dalle aspettative e dai primi annunci della nuova amministrazione che formalmente si insedierà il 20 gennaio. Ciò è vero certamente per gli USA e i loro vicini, per altre aree geopolitiche concorrenti, come la Cina, per le diverse zone di guerra e tensioni in corso, ma è vero anche – direi soprattutto, per quanto ci riguarda – per l’Europa e per l’Italia. Si è infatti sentito nitidamente il vibrante suono della “sveglia” americana, che ci deve spingere a realizzare riforme fin da subito, durante questo 2025”. E’ quanto si legge nell’editoriale di inizio anno del presidente di FeBAF, Fabio Cerchiai, pubblicato sul primo numero 2025 di Lettera f, la newsletter settimanale della Federazione Banche Assicurazioni e Finanza (FeBAF).

In Europa e anche in Italia “sarà urgente concretizzare le proposte dei rapporti Draghi e Letta. Mi limiterò a citare l’esigenza – comune a entrambi – di una vera Unione dei risparmi e degli investimenti, a fianco di quella bancaria, che aiuti a canalizzare verso imprese e infrastrutture anche sociali, indispensabili per una società più competitiva e resiliente, la mole dei risparmi delle famiglie. Anche così si realizzano, insieme ad un mercato finalmente unico, innovativo e sostenibile, la necessaria autonomia strategica dell’Unione Europea e quella sicurezza che è al centro del semestre di presidenza europeo in capo, in questa prima metà dell’anno, alla Polonia oltre ad essere mantra della nuova Commissione”.
In Italia “raggiunta una stabilità istituzionale che ci viene unanimemente riconosciuta a livello internazionale (come FeBAF ne abbiamo la riprova nei Dialoghi sui temi finanziari con le nostre omologhe europee) – prosegue Cerchiai – è sempre più indispensabile realizzare quell’alleanza “pubblico-privato” cui a parole sono in tanti ad essere d’accordo, ma senza in realtà passare dalle parole ai fatti. Un’alleanza che dovrà servire a coprire – grazie agli obiettivi definiti dal pubblico e alle competenze e risorse apportate dal privato – i sensibili gap di protezione sempre più evidenti ed intollerabili relativi al welfare, oltre che di tutela rispetto alle crescenti calamità naturali derivanti dai cambiamenti climatici. Si tratta di priorità e riforme, sulla direttrice Bruxelles-Roma, perseguibili a patto che ci si lavori fin da subito ma con convinzione e concretezza. Su queste, come FeBAF, concentreremo l’interlocuzione con le istituzioni e molti dei nostri impegni nel 2025.

Un anno, dunque, “cominciato” a novembre, ma comunque breve, se davvero vogliamo esserne protagonisti e non comparse, perché il resto di questo mondo deglobalizzato non ci aspetta e sempre meno lo farà in futuro. Con realismo io resto fiducioso e so che chi rappresenta le imprese raccolte nella Federazione lo è altrettanto, perché conosciamo la forza e le capacità delle nostre comunità”.
– Foto ufficio stampa FeBAF-

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Rfi, 10 miliardi d’investimenti sulla rete solo nel 2024

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 Rfi rende noto che, solo nel 2024, ha investito oltre 10 miliardi per interventi tecnologici ed infrastrutturali sulla rete ferroviaria. Si tratta – sottolinea in una nota – di un investimento imponente, mai registrato prima. Più del 30% degli investimenti è strettamente connesso ad interventi manutentivi sulla rete. Fra le numerose attività, sono stati rinnovati oltre 1.000 km di binari e oltre 1.000 deviatoi, già in esercizio sulla rete, sono stati totalmente sostituiti.
Oltre 300 km di rete elettrica sono stati aggiornati, nove sottostazioni elettriche e 52 posti periferici per la gestione operativa delle linee elettriche. L’attività di manutenzione ordinaria ammonta a 3,5 miliardi d’investimenti nell’anno consentendo un maggiore livello di controllo ed efficienza.

-Foto: Agenzia Fotogramma-

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Economia

Scaduto il termine per le offerte vincolanti per l’acquisizione del gruppo ex Ilva e dell’acciaieria di Taranto: dieci le proposte ricevute

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La mezzanotte del 10 gennaio 2025 ha segnato la scadenza per la presentazione delle offerte vincolanti per l’acquisizione del gruppo ex Ilva e dell’acciaieria di Taranto. I commissari straordinari di Acciaierie d’Italia in Amministrazione Straordinaria (AS) e Ilva in AS hanno comunicato di aver ricevuto dieci offerte. Tra queste, tre riguardano l’acquisizione dell’intero gruppo, mentre sette sono focalizzate su singoli asset, tra cui quelle dei gruppi Marcegaglia, Eusider e Sideralba. Ora, i commissari prenderanno tempo per esaminare con attenzione tutte le proposte.

Questa procedura rappresenta il terzo passaggio di proprietà per il gruppo siderurgico, dopo i precedenti passaggi nel 1995 con i Riva e nel 2017 con Arcelor Mittal. A differenza delle edizioni precedenti, l’attuale gara ha visto un approccio più discreto da parte dei gruppi italiani, con l’idea di una “cordata italiana”, che otto anni fa era stata la favorita, non più tentata. La visita degli asset in vendita, che ha visto coinvolti numerosi gruppi, è stata dominata da società straniere non europee.

Fra i principali gruppi in corsa per l’acquisizione, il più rilevante sembra essere Baku Steel Company, che ha avanzato una proposta per acquistare il 100% del capitale di Acciaierie d’Italia, comprensivo di tutti i siti italiani, tra cui quello di Taranto, Novi Ligure e Cornigliano. I gruppi azeri sono inoltre interessati a installare una nave rigassificatrice nel Mar Grande di Taranto, un’area che è considerata molto ricca dal punto di vista della biodiversità marina. Questo impianto permetterebbe di ottimizzare il gas proveniente dall’Azerbaijan, tramite il gasdotto Tap, garantendo energia a basso costo.

Altro concorrente di rilievo è Vulcan Green Steel, appartenente al gruppo Jindal, mentre le quotazioni dei canadesi di Stelco Holding, degli ucraini di Metinvest e del fondo americano Bedrock sembrano essere in calo. Il prezzo minimo di offerta è stato fissato a 1,8 miliardi di euro, e i commissari hanno anche stabilito cinque requisiti fondamentali che dovranno essere rispettati dal nuovo acquirente. Questi includono l’impegno a sviluppare la produzione siderurgica in Italia, a realizzare la decarbonizzazione dei siti, a tutelare i livelli occupazionali, a sostenere le comunità locali e a garantire la continuità operativa degli impianti.

Inoltre, secondo fonti vicine al dossier, il gruppo Marcegaglia potrebbe presentare un’offerta per alcuni specifici asset, in particolare per i siti destinati alla produzione di tubi. La cordata di Marcegaglia potrebbe includere anche altre realtà italiane come Profilmec Group ed Eusider per il sito di Racconigi, e Sideralba per quello di Salerno.

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Continua l’aumento dei carburanti: benzina oltre 2,3 euro al litro in autostrada

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La corsa al rialzo dei carburanti non accenna a fermarsi, con i prezzi che in alcuni distributori autostradali hanno superato la soglia dei 2,3 euro al litro per la benzina in modalità servito, arrivando a picchi di 2,4 euro sulla A1. È quanto emerge dal monitoraggio effettuato dal Codacons sui listini comunicati dai gestori e pubblicati sul sito del Mimit.

Al 10 gennaio, la benzina in modalità servito ha raggiunto i 2,409 euro al litro sulla A1, con il gasolio che si attesta a 2,319 euro/litro. Prezzi simili si registrano anche sulla A21, con la benzina a 2,399 euro/litro e il gasolio a 2,299 euro/litro. Ma non è solo la A1 a far segnare aumenti elevati: sulla A4 la benzina è arrivata a 2,366 euro/litro, sulla A14 a 2,359 euro/litro, sulla A11 a 2,349 euro/litro, sulla A7 a 2,345 euro/litro, sulla A22 a 2,339 euro/litro, mentre sulle autostrade A8 e A26 i prezzi si aggirano intorno ai 2,319 euro/litro.

Per quanto riguarda la modalità self, la benzina ha superato i 2 euro al litro in vari distributori autostradali, con punte di 2,039 euro/litro sulla A14, 2,029 euro su A4 e A22, e 2,009 euro sulla A1.

Secondo il Codacons, diverse ragioni stanno influenzando l’aumento dei prezzi dei carburanti. Da un lato, i costi più elevati per i rivenditori e gestori legati all’obbligo di miscelazione annuale dei biocarburanti vengono scaricati sui consumatori finali. Dall’altro, le recenti speculazioni sul petrolio hanno spinto al rialzo le quotazioni, anche se tali aumenti non sembrano giustificare i livelli così elevati registrati sulle autostrade italiane.

Il Codacons sottolinea l’impatto che questi aumenti stanno avendo sulle tasche dei consumatori. Rispetto ai prezzi praticati nel mese scorso, un pieno di benzina oggi costa quasi 2,2 euro in più, mentre per il gasolio l’aumento arriva a 2,4 euro. Su base annua, considerando una media di due pieni al mese, la spesa aggiuntiva per i consumatori ammonta a +52 euro per la benzina e +57,6 euro per il gasolio.

In questo contesto, i consumatori si trovano a dover affrontare aumenti significativi, con un impatto diretto sui bilanci familiari e sulle spese di viaggio. Il Codacons chiede un intervento per arginare questa continua escalation dei prezzi, che rischia di gravare ulteriormente sulle finanze degli italiani.

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