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Economia

A novembre inflazione in crescita, carrello della spesa più caro

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A novembre, secondo i dati definitivi dell’Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, diminuisce dello 0,1% su base mensile e aumenta dell’1,3% su base annua (da +0,9% del mese precedente); la stima preliminare era +1,4%.
La risalita del tasso d’inflazione risente in primo luogo dell’accelerazione dei prezzi dei beni energetici regolamentati (da +3,9% a +7,4%) e dell’attenuarsi della flessione di quelli dei beni energetici non regolamentati (da -10,2% a -6,6%).
Un sostegno all’inflazione deriva inoltre dall’andamento dei prezzi dei beni alimentari, sia non lavorati (da +3,4% a +3,8%) sia lavorati (da +1,7% a +1,9%), dei servizi relativi ai trasporti (da +3,0% a +3,5%), dei beni non durevoli (da +0,9% a +1,4%) e, in misura minore, di quelli dei servizi relativi all’abitazione (da +2,3% a +2,5%) e dei servizi relativi alle comunicazioni (da +1,0% a +1,2%).

L’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera (da +1,8% a +1,9%), come anche quella al netto dei soli beni energetici (da +1,9% a +2,0%). Il tasso di crescita dei prezzi del carrello della spesa sale a +2,3%. La dinamica tendenziale dei prezzi dei beni registra un’inversione di tendenza portandosi su valori positivi (da -0,5% a +0,2%) e quella dei servizi accelera lievemente (da +2,7% a +2,8%). La diminuzione congiunturale dell’indice generale si deve principalmente ai prezzi dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (-1,2%) e a quelli dei beni durevoli (-0,6%). Tali effetti sono stati solo in parte compensati dall’incremento dei prezzi degli energetici regolamentati (+2,7%), degli alimentari non lavorati (+1,2%), degli alimentari lavorati, dei servizi relativi all’abitazione e dei beni non durevoli (tutti +0,3%).

-Foto: Agenzia Fotogramma-

Economia

Bilancia dei pagamenti della tecnologia, nel 2023 surplus di 1,6 mld

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Nel 2023 il saldo della bilancia dei pagamenti della tecnologia dell’Italia – che comprende i compensi per l’uso della proprietà intellettuale e gli scambi di servizi informatici, servizi di ricerca e sviluppo e servizi di architettura e ingegneria (ovvero le transazioni con l’estero in tecnologia non incorporata in beni fisici: disembodied technology) – è risultato in surplus di 1,6 miliardi di euro, in
significativo aumento rispetto all’anno precedente (0,4 miliardi) e prossimo al picco del 2021. I dati sono elaborati dalla Banca d’Italia secondo i criteri del sesto Manuale della Bilancia dei pagamenti e posizione patrimoniale sull’estero del Fondo Monetario Internazionale. Il miglioramento è dovuto soprattutto a quello del surplus nei servizi di ricerca e sviluppo e alla riduzione del deficit nei compensi per la proprietà intellettuale.

Tra il 2010 e il 2023 le esportazioni di disembodied technology sono cresciute più delle altre tipologie di servizi. Nel 2023 il campione di aziende oggetto di rilevazione è stato ampliato per adempiere a nuove esigenze statistiche; sulla base delle nuove stime, le transazioni di disembodied technology sono attribuibili per quasi il 60 per cento alle imprese operanti nel comparto dei servizi, il cui saldo è positivo anche se inferiore a quello del complesso delle aziende manifatturiere. Il peso delle imprese di maggiore dimensione e delle società appartenenti a gruppi esteri sugli scambi di disembodied technology si conferma elevato.

– foto ufficio stampa Banca d’Italia –

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Economia

Giorgia Meloni e i leader europei chiedono riforme per il settore Automotive: focus su emissioni e transizione energetica

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Il settore automobilistico europeo sta affrontando una trasformazione profonda e sfidante, al centro della quale si trovano le nuove normative sulle emissioni di CO2 e le politiche per la transizione verso veicoli a zero emissioni. In questo contesto, la premier italiana Giorgia Meloni ha sollevato preoccupazioni riguardo l’introduzione delle multe previste dal regolamento dell’Unione Europea, che entreranno in vigore nel 2025 per le case automobilistiche non in grado di adeguarsi ai target di emissioni stabiliti.

Meloni ha chiesto una sospensione temporanea di queste sanzioni, citando le difficoltà che stanno affrontando le aziende, già alle prese con la chiusura di numerosi stabilimenti. Inoltre, la premier ha ribadito l’importanza di riaprire il dibattito sulla neutralità tecnologica, per consentire alle case automobilistiche di esplorare diverse soluzioni tecniche per ridurre l’inquinamento, al di là dell’elettrificazione.

La richiesta di Meloni è condivisa da altri importanti attori europei. La ministra francese per la Transizione ecologica, Agnès Pannier-Runacher, ha sottolineato che il sistema delle multe potrebbe rivelarsi controproducente per l’industria automobilistica, rendendola più fragile e ostacolando il processo di elettrificazione. Anche la Germania ha fatto sentire la sua voce, chiedendo una maggiore flessibilità nell’applicazione delle sanzioni, in modo da evitare che la competitività delle aziende tedesche venga compromessa. Philipp Nimmermann, segretario di Stato tedesco all’Economia e al Clima, ha esortato la Commissione Ue a considerare un sistema di sanzioni più adattabile, pur mantenendo gli obiettivi di emissioni zero per il 2035.

In risposta a queste preoccupazioni, il governo italiano ha già messo in campo misure concrete per supportare le aziende nel settore automotive. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha annunciato un piano che prevede oltre un miliardo di euro nel 2025 per accompagnare le imprese italiane nella transizione verso modelli di produzione più ecologici. L’investimento mira a stimolare l’innovazione tecnologica e a preservare l’occupazione, mentre il governo italiano ha anche introdotto misure per ripristinare i fondi destinati al settore automotive, dopo i tagli previsti in manovra.

Un esempio concreto di impegno da parte delle aziende italiane arriva da Stellantis, il colosso automobilistico che ha confermato significativi investimenti in Italia. Per il 2025 sono previsti circa 2 miliardi di euro per gli stabilimenti italiani e 6 miliardi per gli acquisti da fornitori italiani. Inoltre, Stellantis ha pianificato una serie di nuove produzioni, tra cui modelli elettrici e ibridi, che contribuiranno a rafforzare il settore. Tra le novità annunciate, la produzione di modelli come la Jeep Compass e la Lancia Gamma a Melfi e l’introduzione della nuova Panda a Pomigliano d’Arco, che proseguirà fino al 2030.

Stellantis ha anche comunicato che, pur continuando a portare avanti il piano industriale con risorse proprie, senza incentivi pubblici diretti, continuerà a investire nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie per batterie e veicoli a zero emissioni. Un segnale importante per l’industria automobilistica italiana e per la transizione energetica in corso, con l’obiettivo di mantenere l’industria europea competitiva nel panorama globale.

Mentre la discussione su come bilanciare la transizione ecologica con la sostenibilità economica del settore automotive continua a evolversi, l’Italia sembra pronta a essere protagonista di un cambiamento che si preannuncia complesso ma cruciale per il futuro dell’industria automobilistica e dell’ambiente.

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Concordato preventivo biennale: incassi a 1,6 miliardi, il governo valuta la destinazione

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Gli incassi del concordato preventivo biennale raggiungono quota 1,6 miliardi di euro complessivi con l’arrivo della seconda tranche. A comunicarlo è stato il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, che, pur riconoscendo il risultato ottenuto, ha preferito mantenere toni prudenti.

Secondo il viceministro, la cifra rappresenta comunque un dato positivo, soprattutto se confrontato con gli strumenti di concordato adottati in passato. Tuttavia, Leo ha precisato che si tratta di un “risultato discreto” e che sarà necessario attendere il consolidamento definitivo dei dati prima di prendere decisioni sulla destinazione delle risorse raccolte.

Interrogato dai cronisti sulla possibilità che i fondi vengano utilizzati per ridurre l’Irpef a beneficio del ceto medio, il viceministro non si è sbilanciato, sottolineando che ogni valutazione sarà fatta solo successivamente.

Il concordato preventivo biennale, introdotto come strumento per semplificare i rapporti tra contribuenti e fisco, mira a garantire maggiore prevedibilità e stabilità negli adempimenti fiscali, contribuendo al recupero delle entrate. L’importo attuale, sebbene giudicato soddisfacente, resta un punto di partenza per ulteriori riflessioni sulla sua efficacia e sugli obiettivi futuri del governo in materia di politica fiscale.

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