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SAI CHE… Nel terremoto di Jiajing 100.000 persone persero la vita nel giro di pochi secondi?

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Il 23 gennaio 1556, un evento catastrofico scosse la regione dello Shaanxi in Cina, segnando una delle pagine più tragiche della storia umana. Questo terremoto, noto come il terremoto di Jiajing, è considerato il più devastante mai registrato, causando la morte di circa 100.000 persone in pochi secondi. L’intensità della scossa, che si stima essere stata tra 8.0 e 8.3 sulla scala Richter, ridusse in macerie intere città e villaggi, cambiando per sempre il volto della regione.

Le condizioni di vita e l’architettura dell’epoca non erano in grado di resistere a una forza così potente. Gli edifici, molti dei quali non avevano alcun tipo di rinforzo antisismico, crollarono come castelli di carta, lasciando innumerevoli famiglie senza casa e senza speranza. La distruzione non si limitò solo alle strutture umane; si stima che il terremoto alterò anche il paesaggio naturale, modificando il corso di fiumi e la morfologia delle montagne circostanti.

Tuttavia, il disastro non si esaurì con la scossa iniziale. Le conseguenze furono devastanti: un esodo di massa di sopravvissuti portò a una carestia, aumentando esponenzialmente il numero delle vittime. In un breve lasso di tempo, il bilancio dei morti salì a circa 800.000, una cifra che rende il terremoto di Jiajing uno degli eventi più letali della storia.

Le notizie di questa tragedia si diffusero rapidamente, ma i danni causati dal sisma e le sue conseguenze durarono a lungo. L’evento cambiò la percezione della natura e la sua potenza, spingendo la popolazione a riconsiderare la propria vulnerabilità di fronte alle forze della terra.

La memoria del terremoto di Jiajing vive ancora oggi, ricordandoci l’importanza della preparazione e della resilienza di fronte a eventi naturali imprevisti e distruttivi.

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SAI CHE… Nel XVIII secolo c’era la vendita delle mogli?

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Nel XVIII secolo, in Inghilterra, si sviluppò una prassi incredibile e inquietante: la vendita delle mogli. Questo fenomeno, spesso associato al concetto di “divorzio dei poveri”, rifletteva le difficoltà economiche e sociali dell’epoca, in particolare per le classi meno abbienti.

Durante questo periodo, si stima che circa 300 donne furono messe in vendita, poiché la separazione legale era accessibile solo a chi poteva permettersi le ingenti spese burocratiche e legali. Il primo divorzio ufficiale fu registrato nel 1857, ma prima di questa data, le opzioni per gli uomini che desideravano separarsi dalle proprie mogli erano limitate. Le procedure legali richiedevano un intervento del Parlamento e potevano costare cifre astronomiche, equivalenti a migliaia di sterline attuali.

In mancanza di alternative economiche, alcuni uomini decisero di “vendere” le proprie mogli, portandole al mercato come se fossero oggetti. Questo atto, che si svolgeva in modo piuttosto pubblico, prevedeva che la donna venisse condotta dal marito all’asta e registrata come un bene da vendere, spesso con una corda al collo. Nonostante la sua natura disumanizzante, molti di questi episodi erano consentiti dalla società, anche se tecnicamente considerati illegali.

È interessante notare che molte donne che si ritrovavano in queste situazioni lo facevano di propria volontà, avendo la possibilità di rifiutare potenziali acquirenti. Le vendite venivano persino annunciate sui giornali locali, permettendo a chi fosse interessato di partecipare all’asta.

Uno dei primi casi documentati è quello di Samuel Whitehouse, che nel 1733 vendette sua moglie, Mary, per una sterlina a Thomas Griffiths. Questo fenomeno raggiunse il suo apice tra il 1820 e il 1830, ma una volta che il divorzio divenne più accessibile, la pratica della vendita delle mogli iniziò a scomparire. Curiosamente, l’ultima vendita registrata avvenne nel 1913, segnando la fine di un’epoca caratterizzata da consuetudini tanto singolari quanto inquietanti.

La vendita delle mogli rappresenta una curiosa pagina della storia inglese, rivelando le ingiustizie e le difficoltà economiche di un periodo in cui le donne erano ancora considerate beni piuttosto che individui con diritti propri.

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SAI CHE… La metro di roma si trasforma in treno letterario?

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La metropolitana di Roma si arricchisce di un’iniziativa culturale unica, pensata per riscoprire il piacere della lettura durante i viaggi quotidiani. Il progetto, intitolato “Ogni libro è un viaggio”, è stato lanciato il 15 ottobre e prevede un treno della linea A decorato con citazioni di grandi autori e suddiviso in sei vagoni tematici, ciascuno dedicato a un genere letterario specifico.

Tra i generi rappresentati troviamo la letteratura internazionale, il romanzo storico, l’epica e l’avventura, la letteratura per l’infanzia, il giallo e la fantascienza, oltre alla poesia e al teatro. Ogni carrozza offre ai passeggeri l’opportunità di leggere estratti significativi di opere famose, creando un’atmosfera stimolante e culturale nel quotidiano. Inoltre, sono disponibili delle card con brevi testi che i viaggiatori possono portare con sé, permettendo loro di continuare la lettura anche al di fuori del treno.

L’iniziativa nasce dall’osservazione dell’uso sempre più diffuso dei dispositivi mobili in metropolitana, spesso relegato a un consumo passivo. L’obiettivo è quindi quello di trasformare il tempo trascorso sui mezzi pubblici in un momento di crescita personale e culturale, incoraggiando i passeggeri a immergersi nelle pagine di un libro piuttosto che scorrere passivamente i social media.

La campagna è supportata da uno spot promozionale, con la partecipazione di Giancarlo Giannini come voce narrante, trasmesso anche alla Fiera Internazionale del Libro di Francoforte. Questo non solo promuove la lettura in Italia, ma mira a diffondere il messaggio anche a livello internazionale.

In sintesi, “Ogni libro è un viaggio” rappresenta un invito per tutti, romani e non, a scoprire nuovi mondi e a utilizzare i momenti di transito come occasioni per arricchire la propria vita culturale. Mettiamo da parte i cellulari e lasciamoci trasportare dalle parole!

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SAI CHE… Le stazioni giapponesi trasformano i passi in energia?

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In Giappone, un’innovativa tecnologia sta prendendo piede nelle stazioni ferroviarie e nelle aree urbane: i pavimenti piezoelettrici. Questa soluzione promettente sfrutta l’energia generata dal passaggio delle persone, convertendo i loro passi in elettricità. I pavimenti piezoelettrici si basano sull’effetto piezoelettrico, un fenomeno che consente ad alcuni materiali di produrre una carica elettrica quando sottoposti a sollecitazioni meccaniche.

Nonostante il loro potenziale, i pavimenti piezoelettrici non hanno mai avuto una diffusione massiccia a causa dei costi di produzione elevati. Ad esempio, il prezzo di una singola piastrella può variare notevolmente, rendendo difficile l’installazione su larga scala. Tuttavia, esperimenti in contesti specifici, come i Giochi Olimpici di Londra e alcune piste da ballo in Europa, hanno mostrato come questa tecnologia possa alimentare luci e dispositivi, sebbene in modo limitato.

Le sperimentazioni giapponesi stanno continuando con l’obiettivo di utilizzare queste piattaforme non solo per i pedoni ma anche per i veicoli, cercando di raccogliere l’energia generata dalle sollecitazioni quotidiane. Con l’auspicio che, in futuro, la tecnologia possa diventare più accessibile grazie a materiali più economici e sostenibili, il sogno di trasformare i passi in energia per alimentare le città potrebbe finalmente diventare realtà.

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