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SAI CHE… L’Isola di Pasqua è in crisi per l’inquinamento da plastica?

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L’Isola di Pasqua, nota per la sua bellezza naturale e le sue celebri statue moai, si trova attualmente ad affrontare una grave emergenza ambientale dovuta all’accumulo di rifiuti di plastica. Questa situazione è particolarmente allarmante, considerando che l’isola è circondata da correnti oceaniche che trasportano grandi quantità di plastica proveniente da paesi vicini, come Australia e Sud America, oltre che dalle attività di pesca.

Recenti studi mostrano che l’Isola di Pasqua riceve un quantitativo di plastica pari a cinquanta volte quello delle coste cilene. La maggior parte di questi rifiuti non proviene dalla comunità locale, ma è attribuibile principalmente ai pescherecci che, purtroppo, scaricano la plastica in mare. Le correnti oceaniche contribuiscono a degradare questi rifiuti in microplastiche, che non solo deturpano le spiagge, ma danneggiano anche l’ecosistema marino circostante.

Le conseguenze di questo inquinamento sono gravi e riguardano in modo particolare la fauna locale. Gli abitanti dell’isola, che si affidano alle risorse marine per la loro alimentazione, vedono compromessa la sicurezza alimentare. Diverse specie, come i ricci di mare e i pesci azzurri, sono minacciate dall’inquinamento, il che potrebbe alterare la catena alimentare.

Un ulteriore elemento preoccupante è che oltre la metà della plastica che giunge sull’isola proviene dal Cile, evidenziando così una problematica più ampia di gestione dei rifiuti a livello nazionale. In risposta a questa emergenza, la comunità di Rapa Nui ha avviato campagne di sensibilizzazione contro l’inquinamento da plastica e spera che un futuro accordo internazionale, previsto per novembre in Corea del Sud, possa contribuire a una riduzione dell’uso della plastica a livello globale.

È essenziale agire con urgenza per proteggere questo paradiso naturale dall’invasione dei rifiuti di plastica, al fine di salvaguardare non solo l’ecosistema marino, ma anche la salute e il benessere degli abitanti. La situazione dell’Isola di Pasqua è un chiaro richiamo alla necessità di un intervento collettivo e globale per affrontare la crisi dell’inquinamento da plastica.

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SAI CHE… In Sicilia rivive il mito della misteriosa dea Ecate?

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Nel suggestivo scenario del Parco archeologico di Naxos, a Taormina, l’artista Stefania Pennacchio presenta la mostra “Ecate: la via del desiderio”, un percorso artistico che invita i visitatori a esplorare la propria interiorità attraverso le sculture dedicate alla dea greca Ecate. Questa divinità, nota per il suo legame con la magia e gli incantesimi, rappresenta un simbolo potente di desiderio e coraggio, capace di guidare gli individui verso la realizzazione dei propri sogni.

La mostra, curata da Angelo Lorenzo Crespi e visitabile fino al 30 ottobre 2024, offre un’esperienza immersiva in cui arte e mito si intrecciano. Le sei grandi sculture sono posizionate strategicamente nel sito archeologico, creando un dialogo tra l’arte contemporanea e le antiche rovine. I visitatori possono interagire con le opere, scansionando QR Code che arricchiscono l’esperienza con informazioni e approfondimenti.

Il 10 agosto, l’evento “La Notte di Ecate” ha ulteriormente animato la mostra, creando un’atmosfera magica grazie a una colonna sonora ispirata all’antica Grecia, curata dalla musicologa Rosa Fragorapti. Le installazioni visive del fotografo Giuseppe La Spada hanno completato l’esperienza, sottolineando la profondità e il significato delle opere di Pennacchio.

Questa mostra non è solo un omaggio alla figura di Ecate, ma anche un invito a riflettere sui propri desideri e sul potere trasformativo dell’arte. Le sculture di Stefania Pennacchio non solo evocano l’antico, ma fungono anche da specchio per l’anima, permettendo a chi osserva di intraprendere un viaggio interiore che va oltre il tempo e lo spazio.

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SAI CHE… Le Isole del Pacifico sono a rischio?

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Le piccole nazioni insulari del Pacifico si trovano in una situazione drammatica a causa dell’innalzamento del livello del mare, una diretta conseguenza del cambiamento climatico. Secondo recenti studi condotti da esperti della NASA e di importanti università, entro i prossimi cinquant’anni queste isole potrebbero essere sommerse, mettendo in pericolo le vite e le culture delle popolazioni locali.

I dati mostrano che regioni come Tuvalu, Kiribati e Fiji saranno tra le più vulnerabili, con un aumento previsto del livello del mare di almeno 15 centimetri entro il 2050. Questa crescita esponenziale porterà a un incremento significativo delle inondazioni, trasformando le maree alte in eventi devastanti. Ad esempio, Tuvalu potrebbe passare da meno di cinque inondazioni annuali a più di venticinque, mentre Kiribati potrebbe affrontare fino a sessantacinque eventi all’anno.

Per affrontare questa crisi, un gruppo di scienziati ha sviluppato mappe ad alta risoluzione per identificare le aree più a rischio di allagamento. Questi strumenti, basati su vari scenari di emissioni di gas serra, forniscono informazioni essenziali per pianificare interventi di mitigazione.

La comunità locale, rappresentata da leader come Grace Malie di Tuvalu, sta alzando la voce per richiamare l’attenzione sulla necessità di azioni concrete per garantire un futuro alle generazioni a venire. Con una popolazione che vive prevalentemente lungo la costa, la consapevolezza della minaccia è ormai palpabile e l’urgenza di una risposta collettiva non è mai stata così alta. La tecnologia di monitoraggio della NASA non solo aiuta a comprendere l’impatto del cambiamento climatico, ma offre anche risorse cruciali per la pianificazione strategica, affinché queste isole non scompaiano nel nulla.

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SAI CHE… Accessori maschili si usava nell’Inghilterra dei Tudor?

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Durante il XVI secolo, l’Inghilterra dei Tudor assistette alla nascita di un accessorio maschile che divenne rapidamente emblema di status e potere: la brachetta, nota anche come codpiece. Questo particolare ornamento, indossato sia nell’abbigliamento cerimoniale che nelle armature, rifletteva una cultura dell’ostentazione che caratterizzava l’epoca.

I ritratti dell’epoca, come quelli di Enrico VIII, mostrano come la brachetta fosse un elemento distintivo dei costumi maschili, assurgendo a simbolo di virilità e fascino. La sua forma triangolare, realizzata in materiali sempre più robusti, si adattava anche alle esigenze sportive, segnando la versatilità di questo accessorio.

La brachetta non era solo un elemento di abbigliamento, ma un vero e proprio oggetto di seduzione. Nella commedia elisabettiana, un personaggio affermava che la sua presenza rendeva gli uomini più attraenti agli occhi delle donne. Anche il filosofo Michel de Montaigne la menzionava, sottolineando come fosse diventata un eufemismo per alludere a un tema delicato e tabù.

Tuttavia, nonostante il suo grande successo, la brachetta conobbe un declino nel corso del tardo Cinquecento, fino a scomparire completamente all’inizio del Seicento. Da simbolo di distinzione, si trasformò in un accessorio obsoleto, ma la sua influenza è ancora visibile nell’arte e nella letteratura, nonché nei moderni drammi in costume che rievocano quell’epoca ricca di contrasti.

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