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SAI CHE… Le lingue del mondo (dal cinese all’italiano) condividono queste due piccole parole sempre uguali?

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Un recente studio ha rivelato una sorprendente caratteristica comune a tutte le lingue del mondo: l’uso dei cosiddetti “dimostrativi spaziali”, ovvero parole come “questo” e “quello”, che indicano la vicinanza o lontananza di un oggetto rispetto a chi parla. Nonostante la grande diversità linguistica, dai più di 7.000 idiomi esistenti, tutte le lingue presentano termini simili per distinguere gli oggetti vicini da quelli lontani, come dimostrato da una ricerca condotta su quasi 1.000 parlanti nativi di 29 lingue.

L’esperimento ha coinvolto l’analisi di come questi parlanti usano le parole per descrivere oggetti spostati a diverse distanze. I risultati hanno mostrato che, indipendentemente dalla lingua, esistono parole specifiche per riferirsi agli oggetti alla portata di mano e a quelli fuori portata, un fenomeno che evidenzia una tendenza universale della comunicazione umana. Questo studio suggerisce che la distinzione spaziale tra “questo” e “quello” potrebbe avere radici evolutive comuni.

I dimostrativi spaziali non solo sono essenziali per la comunicazione quotidiana, ma riflettono anche aspetti culturali profondi, influenzando la percezione della distanza, anche in ambito sociale. In alcune culture, ad esempio, la distinzione tra ciò che è vicino e lontano si estende anche a concetti di rispetto e gerarchia.

Inoltre, i dimostrativi spaziali rivestono un ruolo cruciale nell’apprendimento linguistico, essendo tra le prime parole che i bambini apprendono, poiché sono fondamentali per orientarsi nello spazio e interagire socialmente. Questi termini sembrano essere parte integrante dello sviluppo linguistico universale, facilitando la comunicazione sin dai primi anni di vita.

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SAI CHE… Quali sono i migliori oli extravergine d’oliva del 2024 premiati dal Gambero Rosso?

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Il Gambero Rosso ha recentemente pubblicato la guida “Oli d’Italia 2024”, premiando i migliori oli extravergine d’oliva italiani, che nonostante le difficoltà legate alle condizioni climatiche dell’annata 2023, hanno continuato a mantenere elevati standard qualitativi. La produzione di quest’anno è stata influenzata dalla siccità che ha reso l’olio ancora più costoso, ma anche più pregiato. Nonostante i disagi, i produttori italiani hanno dimostrato grande resilienza, mantenendo l’alta qualità e privilegiando le varietà autoctone, un aspetto che contribuisce al successo dell’olio Made in Italy.

Tra le regioni più premiate spicca la Puglia, che continua a dominare la scena con un numero di oli premiati che rappresentano quasi metà della produzione nazionale. Le varietà di olive come la Coratina si confermano protagoniste assolute del panorama oleicolo italiano. Tuttavia, il premio non è limitato solo a questa regione, ma abbraccia tutta la penisola, da nord a sud, con riconoscimenti che celebrano la tradizione, l’innovazione e la passione degli oleifici locali.

Il premio “Tre Foglie”, il massimo riconoscimento del Gambero Rosso, è stato attribuito a ben 191 oli, a conferma della continua ricerca di eccellenza da parte dei produttori. Ogni regione ha visto premiati oli di straordinaria qualità, con menzioni speciali per alcune varietà e frantoi che si sono distinti per il loro impegno e la cura del processo produttivo.

Questa guida è non solo un omaggio alla qualità dell’olio extravergine di oliva italiano, ma anche un riconoscimento alle sfide affrontate e superate da una filiera che, nonostante tutto, continua a essere un simbolo di eccellenza nel mondo.

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SAI CHE… Il miele più costoso al mondo, si chiama “miele degli elfi” e costa 5.000 euro al kg?

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Il miele Elvish, conosciuto come “miele degli elfi”, è una rarità che incarna la perfezione della natura. Prodotto in una grotta a 1800 metri di profondità nella valle di Saricayir, in Turchia, questo miele è noto per la sua straordinaria purezza e il suo contenuto minerale unico, che ne giustifica il prezzo di 5000 euro al chilo. La sua produzione avviene in modo naturale, senza l’utilizzo di alveari, e le api raccolgono il miele in un ambiente incontaminato ricco di piante medicinali.

La sua rarità, legata sia alla difficoltà di raccolta che al luogo esclusivo in cui viene prodotto, lo rende uno dei mieli più costosi al mondo. Oltre al suo valore economico, il miele Elvish è apprezzato anche per le sue qualità salutari, che spaziano dal supporto al sistema immunitario alla riduzione delle infiammazioni, fino a possedere poteri antibatterici che lo rendono prezioso anche in campo medico.

La raccolta è un processo affascinante e difficile: gli apicoltori, con l’aiuto di speleologi, estraggono il miele dalle pareti della grotta, dove l’umidità e la temperatura sono essenziali per garantire la qualità del prodotto finale. Il miele Elvish, venduto in piccole confezioni da 170 e 250 grammi, continua a essere un simbolo di esclusività, destinato solo a pochi fortunati che sono disposti a investire in un tesoro naturale che va oltre il semplice alimento.

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SAI CHE… Un fotografo immortala i ghiacciai prima e dopo la loro scomparsa?

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Christian Åslund è un fotografo che da oltre due decenni si dedica a documentare i ghiacciai delle Svalbard, un arcipelago nell’Artico. Il suo lavoro, che ha avuto inizio nel 2002 grazie a una collaborazione con Greenpeace, ha lo scopo di sensibilizzare il pubblico sul rapido scioglimento dei ghiacciai causato dal riscaldamento globale. Åslund ha confrontato le immagini moderne con quelle storiche del Norwegian Polar Institute, risalenti ai primi anni del Novecento, per mostrare la drammatica riduzione del ghiaccio nel corso del tempo.

Nel corso dell’ultimo viaggio, compiuto quest’estate a bordo della nave “The Witness” di Greenpeace, Åslund ha vissuto un’esperienza scioccante: la disparità tra ciò che aveva visto nel 2002 e la realtà odierna, segnata da una perdita sostanziale di ghiaccio. Le immagini scattate negli ultimi anni rivelano come il cambiamento climatico abbia accelerato il processo di scioglimento, portando i ghiacciai a ritirarsi a un ritmo mai registrato prima.

Il lavoro di Åslund ha suscitato diverse reazioni: già nel 2002, quando le prime immagini furono pubblicate, alcuni scettici accusarono il fotografo di manipolare le fotografie. Le critiche non sono cessate nemmeno oggi, quando le evidenti differenze tra le immagini moderne e quelle storiche sono ormai innegabili. Questo fenomeno non si limita a un cambiamento stagionale, ma è il risultato di un riscaldamento costante e inarrestabile.

L’urgenza di queste immagini è più che mai evidente. Le Svalbard, infatti, hanno registrato quest’estate uno dei tassi di scioglimento più veloci, con perdite che, se continuassero, potrebbero aumentare il livello del mare di quasi due centimetri. La temperatura nell’arcipelago è aumentata di 4°C negli ultimi trent’anni, un dato che sottolinea la rapidità del riscaldamento nell’area artica.

Questa situazione solleva una domanda fondamentale: perché, nonostante le prove visive e scientifiche, ci sono ancora persone che non vogliono accettare la realtà del cambiamento climatico? La negazione continua a persistere, alimentata da chi preferisce ignorare i dati scientifici in favore di convinzioni che rischiano di compromettere il nostro futuro.

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