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Sai che i tetti bianchi possono abbattere le temperature urbane

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Con l’aumento delle temperature e le ondate di caldo sempre più frequenti, le città si trovano a dover affrontare una sfida crescente: il fenomeno delle “isole di calore”. Recenti studi condotti dall’University College London suggeriscono che una soluzione semplice ma efficace potrebbe essere la verniciatura dei tetti di bianco.

Questa strategia, che potrebbe sembrare insolita, ha dimostrato di avere un impatto significativo sulla temperatura ambientale. I ricercatori hanno simulato vari interventi di raffreddamento utilizzando un modello tridimensionale di Londra, scoprendo che i tetti bianchi possono contribuire a ridurre le temperature urbane di circa 2 gradi Celsius durante le giornate più calde.

Il problema delle isole di calore è causato dall’assorbimento del calore da parte di materiali scuri e impermeabili, tipici dell’urbanizzazione. Durante le ondate di caldo, le città possono diventare notevolmente più calde rispetto alle aree circostanti, creando una situazione insostenibile per gli abitanti.

Tra le varie soluzioni esplorate, i “cool roofs”, ovvero tetti di colore chiaro o rivestiti con materiali riflettenti, si sono rivelati i più efficaci. Al contrario, altri metodi come i pannelli solari o la vegetazione stradale hanno mostrato un impatto più limitato. Inoltre, sebbene i sistemi di aria condizionata possano alleviare il caldo all’interno degli edifici, contribuiscono ad aumentare le temperature esterne.

Dunque, la verniciatura dei tetti non è solo una questione estetica, ma rappresenta una strategia innovativa e pratica per combattere il cambiamento climatico e migliorare la qualità della vita nelle aree urbane. Implementare questa semplice soluzione potrebbe portare a un futuro più fresco e sostenibile per le città di tutto il mondo.

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SAI CHE…sono state fatte scoperte sorprendenti sull’efficacia della Meditazione?

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Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Biological Psychiatry ha fornito riscontri interessanti riguardo all’efficacia della Mindfulness, una pratica meditativa sempre più popolare negli ultimi anni. Ricercatori dell’Università della California di San Diego hanno esaminato come questa tecnica possa influenzare la percezione del dolore, scoprendo risultati che potrebbero cambiare il modo in cui consideriamo la meditazione nella gestione del dolore.

La Mindfulness è una forma di meditazione che invita a vivere il momento presente, accettando senza giudizio gli stimoli e le emozioni. Negli ultimi anni, ha attirato l’attenzione per i suoi potenziali benefici, ma ha anche suscitato dubbi sulla sua reale efficacia. In questo studio, 115 partecipanti sono stati divisi in due gruppi, uno dei quali ha ricevuto formazione sulla Mindfulness, mentre l’altro ha ricevuto un trattamento placebo.

Durante l’esperimento, i partecipanti sono stati esposti a stimoli dolorosi innocui. Le scansioni MRI hanno rivelato differenze significative tra i gruppi: i partecipanti che hanno praticato la Mindfulness hanno riportato una diminuzione più significativa del dolore rispetto agli altri. Questo suggerisce che gli effetti positivi della Mindfulness siano legati a meccanismi cerebrali distinti, piuttosto che a un semplice effetto placebo.

Fadel Zeidan, anestesista e ricercatore, ha affermato che questi risultati supportano l’uso della Mindfulness come intervento valido per il trattamento del dolore cronico, aprendo la strada a nuove modalità di approccio terapeutico che non richiedono farmaci. Sebbene ci siano ancora molte domande da esplorare, questi risultati sono un passo significativo nella comprensione del potere della meditazione e della sua applicazione pratica nella vita quotidiana.

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SAI CHE…L’Acqua Non è Incolore?

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Molti di noi crescono pensando che l’acqua sia un liquido completamente incolore, ma la realtà è ben più intrigante. In effetti, quando osserviamo grandi corpi idrici come oceani o laghi, possiamo notare una delicata tonalità blu che non è solo un riflesso del cielo. Questo colore è legato alle proprietà molecolari dell’acqua stessa.

La percezione del colore in un oggetto dipende da come questo interagisce con la luce. Ad esempio, una fragola appare rossa perché riflette solo la luce rossa, assorbendo tutte le altre lunghezze d’onda. Con l’acqua, il meccanismo è diverso. Quando la luce colpisce una molecola d’acqua, questa assorbe prevalentemente le lunghezze d’onda rosse. Questo processo di assorbimento è ciò che consente di percepire una sfumatura blu, particolarmente nelle profondità.

Quando guardiamo un bicchiere d’acqua, non vediamo alcuna colorazione, ma osservando un lago o l’oceano, il blu diventa evidente. La riflessione e la dispersione della luce da parte dell’acqua amplificano questa vivacità, soprattutto in giornate di sole. Inoltre, anche il ghiaccio presenta questa caratteristica: scavando in una massa di ghiaccio, si può notare la stessa sfumatura azzurra.

Quindi, quando ci si chiede perché il mare sia blu, la risposta risiede nei fenomeni di assorbimento e riflessione della luce, che rendono questo elemento naturale non solo vitale, ma anche sorprendentemente colorato.

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Sai che cosa succede se dai LSD al tuo cane?

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In un’innovativa ricerca condotta in Spagna, i ricercatori hanno esplorato un approccio sorprendente per trattare l’ansia nei cani, utilizzando una microdose di 1cP-LSD, un derivato dell’LSD. Il soggetto di questo studio era Lola, un cane meticcio che soffriva di grave ansia da separazione, con comportamenti distruttivi e abbaio incessante quando lasciata sola.

Lo studio, pubblicato sulla rivista “Veterinary Research Communications”, ha rivelato risultati straordinari. Dopo aver somministrato la microdose nascosta in un boccone di prosciutto, i ricercatori hanno osservato Lola per più di cinque ore. Con grande sorpresa, la cagnolina ha mostrato un comportamento completamente diverso: ha smesso di manifestare segni di ansia, apparendo calmo e rilassato anche in assenza del padrone.

I ricercatori hanno evidenziato che la microdose era sicura e non ha provocato effetti collaterali né reazioni psichedeliche. Questo rappresenta un’importante apertura nel campo della medicina veterinaria, suggerendo potenziali applicazioni delle sostanze psichedeliche nel trattamento dei disturbi comportamentali degli animali, un ambito ancora poco esplorato.

Sebbene l’esperimento su Lola sia stato promettente, gli esperti avvertono che è necessario procedere con cautela. La ricerca sull’uso delle sostanze psichedeliche negli animali è ancora in fase sperimentale e richiede studi più approfonditi per comprendere appieno gli effetti e i meccanismi d’azione a lungo termine.

Il caso di Lola segna un passo avanti significativo nella ricerca di nuove soluzioni per l’ansia nei cani. Se i futuri studi confermeranno l’efficacia e la sicurezza di questo approccio, potremmo assistere a un cambiamento radicale nel modo in cui affrontiamo i disturbi comportamentali dei nostri animali domestici.

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