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SAI CHE… Ci vogliono “Tot” giorni per scalare il Monte Everest?

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Il Monte Everest, la vetta più alta del pianeta, è un sogno per molti alpinisti e avventurieri. Ogni anno, migliaia di persone si avvicinano a questa impresa, attratte dalla sua maestosità e dal richiamo della sua cima innevata. Tuttavia, scalare l’Everest non è una passeggiata; richiede un’attenta pianificazione e una preparazione adeguata.

Per affrontare questa sfida, gli esperti suggeriscono un periodo di circa 66 giorni per la scalata. Questo tempo è fondamentale non solo per affrontare le difficoltà del percorso, ma soprattutto per acclimatarsi all’alta quota e all’aria rarefatta. Gli alpinisti devono abituarsi a una minore disponibilità di ossigeno, un aspetto cruciale per evitare problemi di salute.

Uno dei momenti più critici è il soggiorno nel campo base, situato a oltre 5.300 metri di altitudine. Qui, gli alpinisti trascorrono almeno cinque giorni per adattarsi e familiarizzare con le attrezzature necessarie, come corde e arpioni. È anche un periodo in cui si deve prestare attenzione all’inquinamento crescente che affligge questa zona, una preoccupazione crescente per gli amanti della montagna.

La scalata è organizzata in diverse fasi, con soste programmate in vari campi per conservare energia e ridurre il rischio di affaticamento. Ogni giorno di avventura è un nuovo capitolo, dove si intrecciano emozioni, sfide e, talvolta, anche momenti di pericolo.

Scoprire le difficoltà e le meraviglie di questa spedizione non è solo affascinante, ma offre anche una nuova prospettiva sulla resilienza umana di fronte alla natura. Scalare l’Everest è molto più di un obiettivo: è un viaggio che richiede preparazione, rispetto e passione.

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SAI CHE…Si può “guarire” dalla R moscia?

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La pronuncia imprecisa del suono “r” può avere principalmente due cause. Una è l’accento predominante nella regione di origine: ad esempio, nelle aree di Parma e Alessandria, il suono “r” è influenzato dai dialetti locali e quindi viene trasmesso e appreso in modo errato.

Un’altra causa è la difficoltà linguistica. Questo è particolarmente vero per la “r” gutturale, nota anche come “r” moscia. Questo disturbo fonologico è dovuto a una difficoltà nella motilità (ovvero la capacità di movimento) dell’articolazione della lingua.

Tuttavia, è possibile correggere la pronuncia della “r” a qualsiasi età attraverso specifici esercizi che stimolano la motilità della parte anteriore della lingua. Questi esercizi sono solitamente indicati da un logopedista, lo specialista che aiuta le persone con disturbi del linguaggio.

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SAI PERCHE’…il nostro cervello desidera cibi dolci e grassi?

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ADN24

Resistere alla tentazione dei cibi grassi e zuccherati è più facile a dirsi che a farsi, e il nostro cervello ne è in gran parte responsabile. Consumare cibi ricchi di zuccheri o grassi provoca un aumento dei livelli di dopamina, un neurotrasmettitore prodotto in diverse regioni del cervello che svolge un ruolo fondamentale in molteplici funzioni. Nel caso del cibo, questi effetti sono legati ai meccanismi cerebrali di motivazione e ricompensa: stimoli come il sesso, l’ascolto di buona musica o il consumo di cibi particolarmente saporiti generano piacere grazie all’aumento della dopamina.

Al contrario, un basso livello di questo neurotrasmettitore può tradursi in depressione, mancanza di attenzione e altri stati d’animo negativi. Sapori come il salato, il dolce e il grasso sono in grado di sedurre il nostro palato letteralmente, poiché stimolano la produzione di dopamina.

Tuttavia, la dopamina non si accumula nel nostro organismo, e nel tempo si può sviluppare una sorta di “dipendenza” da alimenti che inducono un senso di benessere. Il rilascio di dopamina diminuisce anche se si consumano quantità sempre maggiori di quei cibi specifici, il che può portare a un desiderio crescente di consumarli.

In sintesi, i cibi grassi e zuccherati non solo sono appetibili per il loro gusto, ma agiscono direttamente sul nostro cervello attraverso il sistema di ricompensa, contribuendo a spiegare perché possiamo trovare difficile resistere a queste tentazioni alimentari.

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SAI PERCHE’….il Taxi si Chiama Così?

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ADN24

Il termine “taxi” è usato in tutto il mondo per designare un servizio di trasporto privato, ma pochi conoscono le sue origini e le varie teorie che ne spiegano l’origine. Ci sono diverse versioni riguardo l’origine della termine taxi, ecco alcune delle spiegazioni più interessanti:

1. La Casata Thurn und Taxi
Una delle teorie più affascinanti lega l’origine della parola “taxi” alla famiglia nobiliare tedesca Thurn und Taxis. Questa casata, risalente al Sacro Romano Impero, non solo gestiva il sistema postale europeo dal Quattrocento fino al 1866, ma alla fine del XVIII secolo iniziò anche a offrire servizi di trasporto passeggeri utilizzando le stesse carrozze che usavano per la posta. La parola “taxi” potrebbe derivare dal nome di questa famiglia, che divenne sinonimo di trasporto.

2. Origini Italiane della Famiglia Tasso
Pochi sanno che i Thurn und Taxis hanno radici italiane. I due fratelli bergamaschi Zanetto e Francesco Tasso ricevettero nel 1504 dall’imperatore Massimiliano I d’Austria il monopolio del servizio postale in tutto l’impero. Quando la famiglia si trasferì in Germania e assunse il nome Thurn und Taxis, gestiva una vasta rete di carrozze e cavalli, diventando una delle famiglie più ricche e influenti d’Europa.

3. Il Termini “Taxi” e il Tassametro
Un’altra spiegazione si basa sull’uso del termine “taxi” nel contesto della parola “tassametro”. Questo strumento, inventato dal tedesco German Wilhelm Bruhn nel 1891, misura il costo del trasporto. La parola “taxi” potrebbe derivare dal termine “tax”, che significa “costo” in inglese, combinato con “metrum” (misura).

4. Il Greco “Tachus”
Una terza ipotesi è che “taxi” derivi dall’aggettivo greco “tachus”, che significa “veloce”. Questo potrebbe riflettere l’intento di descrivere il taxi come un mezzo rapido di trasporto.

5. La Storia del Taxi in Italia
In Italia, il primo taxi a motore fu prodotto dalla Fiat nel 1908, modello Fiat Tipo 1. Questo veicolo fu progettato specificamente per l’uso come taxi, e circa 1.600 esemplari furono realizzati. Nel 1940, con l’introduzione dei primi impianti radio, il servizio taxi divenne più efficiente grazie alla comunicazione tra veicoli.

6. L’Influenza del Fascismo
Durante il regime fascista, la parola “taxi” fu considerata sgradita e venne inclusa in una campagna per eliminare i termini stranieri dal linguaggio quotidiano. Nel 1932, il quotidiano romano La Tribuna organizzò un concorso per trovare un termine italiano alternativo, e “tassì” fu scelto come sostituto di “taxi”.

La parola “taxi” ha una storia ricca e variegata, con origini che spaziano dalla nobiltà tedesca alla linguistica italiana e alle innovazioni tecniche. La prossima volta che salirai su un taxi, ricorda che il termine ha una storia affascinante e complessa che riflette evoluzioni culturali e linguistiche nel corso dei secoli.

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