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L’origine del termine “limonare”

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L’uso del termine “limonare” per riferirsi al baciarsi ha due principali spiegazioni etimologiche che affondano le radici nella cultura italiana.

La prima spiegazione suggerisce che “limonare” derivi da un modo di dire tipico della Lombardia. Si narra che in passato, molti fruttivendoli vendessero i limoni a coppie. Questa consuetudine ha portato all’abitudine di riferirsi alle giovani coppie come “limoni”. Da qui, il termine si è poi evoluto per designare il gesto del baciarsi, creando così un legame tra il frutto e le dimostrazioni affettuose tra innamorati.

La Treccani offre un’etimologia simile, definendo “limonare” come una voce di origine settentrionale, che potrebbe alludere al movimento della mano utilizzato nello spremere un limone.

La seconda spiegazione si concentra sul movimento rotatorio che si compie per spremere manualmente un limone. Questo gesto è stato associato al movimento delle lingue degli innamorati durante un “bacio alla francese”, termine utilizzato in ambito anglosassone. Pertanto, il termine “limonare” potrebbe evocare non solo l’atto di baciarsi, ma anche la vivacità e l’intensità del contatto intimo.

Entrambe le spiegazioni offrono un’interessante prospettiva sull’origine del termine “limonare”. Che si tratti di un richiamo alle giovani coppie lombarde o al gesto di spremere un limone, il termine ha trovato il suo posto nel linguaggio colloquiale italiano, aggiungendo un tocco di originalità e colore alla descrizione delle relazioni amorose.

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Il marketing del supermercato: come la disposizione dei prodotti influenza le nostre scelte

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Entrando in un supermercato, siamo accolti da una vista vibrante di frutta e verdura fresche, disposte in modo da attirare l’attenzione dei clienti. Questo allestimento, che ricorda un mercato all’aperto, non è casuale, ma frutto di strategie di marketing studiate per incoraggiare gli acquisti. L’idea è di creare un ambiente che trasmetta freschezza e salute, incentivando i consumatori a sentirsi bene e a comprare di più.

Dopo il reparto ortofrutta, il percorso continua con scaffali ricchi di prodotti alimentari organizzati in un modo che segue il ritmo della giornata: dalla colazione ai pasti principali, fino ad arrivare a vini e bevande. Questo ordinamento non è solo pratico, ma è anche concepito per guidare i consumatori lungo un percorso logico che facilita le decisioni d’acquisto.

Tuttavia, lungo questo tragitto, ci sono numerosi “trucchi” di vendita che operano sotto la nostra percezione. Ad esempio, i prodotti più costosi sono posizionati in modo strategico, a portata di mano e ben visibili, mentre quelli più economici si trovano spesso sugli scaffali più in alto o in basso, rendendoli meno accessibili. Questo posizionamento crea una sorta di gerarchia visiva che spinge i consumatori verso le opzioni più costose.

In aggiunta, i supermercati utilizzano anche un metodo noto come “first in, first out” per la disposizione dei prodotti freschi. I prodotti con la data di confezionamento più recente sono spesso collocati sul retro degli scaffali, mentre i prodotti con scadenza imminente sono messi davanti e sono più facili da afferrare. Questo non solo incoraggia la vendita dei prodotti che potrebbero scadere presto, ma crea anche una percezione di disponibilità immediata.

In sintesi, quando entriamo in un supermercato, è importante essere consapevoli di queste strategie di marketing. Riconoscere come la disposizione dei prodotti e l’organizzazione degli spazi influenzino le nostre scelte può aiutarci a fare acquisti più informati e consapevoli, evitando acquisti impulsivi che non soddisfano realmente le nostre necessità.

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Perché le banane non hanno semi?

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La banana, in particolare la varietà commerciale “Cavendish”, è il risultato di un’ibridazione tra due specie che ha dato origine a un ibrido sterile. Questo processo ha portato alla creazione di un frutto che non può riprodursi attraverso i semi, ma può invece svilupparsi grazie a un fenomeno noto come partenocarpia. In questo modo, la pianta riesce a produrre frutti senza la necessità di una fertilizzazione.

La mancanza di semi nella banana Cavendish ha un impatto significativo sulle pratiche agricole. Infatti, per mantenere la produzione di questa varietà, i coltivatori utilizzano metodi di clonazione, propagando le piante tramite talee. Questo approccio consente di ottenere nuovi esemplari che sono geneticamente identici alla pianta madre.

Questa modalità di coltivazione, sebbene efficace, solleva anche preoccupazioni riguardo alla sostenibilità e alla biodiversità. L’assenza di variabilità genetica rende la pianta vulnerabile a malattie e parassiti, aumentando il rischio di perdita della coltivazione in caso di un attacco massiccio. L’industria della banana, quindi, si trova di fronte a sfide che richiedono una riflessione attenta su metodi alternativi e sulla conservazione delle varietà autoctone per garantire un futuro sostenibile a questo frutto così popolare.

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Eredità di Dante: la lingua e i modi di dire nati dalla Divina Commedia

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Il 25 marzo del 1300 segna l’inizio del celebre viaggio di Dante Alighieri attraverso i tre regni dell’aldilà, un’esperienza che viene comunemente associata al suo capolavoro, la Divina Commedia. Questo giorno è diventato simbolico per l’Italia, che lo dedica al suo illustre poeta, nonostante le difficoltà e le limitazioni imposte da eventi recenti come la pandemia di COVID-19, che hanno impedito celebrazioni pubbliche.

La giornata è un momento di riflessione sull’eredità linguistica e culturale lasciata da Dante. Un esempio emblematico di come il suo lavoro sia penetrato nel linguaggio comune è l’espressione “stai fresco!”, che appare per la prima volta nel XXXII canto dell’Inferno. In questo canto, il poeta descrive i dannati intrappolati nel lago ghiacciato di Cocito, scrivendo: “là dove i peccatori stanno freschi”, evidenziando così il destino eterno dei peccatori.

Dante è anche la fonte di numerosi altri modi di dire ancora in uso oggi. Per esempio, per esprimere l’idea che qualcosa non ci colpisce o ci riguarda, si può dire “non mi tange”, una frase pronunciata da Beatrice nel II canto dell’Inferno. Inoltre, nel XXXIII canto, il poeta si riferisce a Pisa con l’espressione “bel Paese”, oggi sinonimo di Italia.

Infine, nel V canto, Dante racconta la storia d’amore tra Paolo e Francesca, descrivendo come la loro passione sia sbocciata mentre leggevano il racconto del bacio tra Lancillotto e Ginevra. Da qui deriva l’ormai celebre espressione “galeotto fu”, che utilizziamo per indicare che la responsabilità di un evento è legata a un fattore esterno.

Queste frasi e modi di dire, emersi dal genio di Dante, non solo arricchiscono la lingua italiana, ma attestano anche la sua influenza duratura nella cultura e nella letteratura, mantenendo viva la sua figura e il suo messaggio attraverso i secoli.

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