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Cronaca

Tensione e protesta a Roma: corteo pro-Palestina imbratta vetrine e chiede lo stop al genocidio

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La manifestazione pro-palestinese a Roma ha portato diverse azioni e momenti simbolici di protesta. I partecipanti, tra cui studenti universitari e liceali, hanno sfilato in corteo per chiedere lo stop al “genocidio in Palestina” e al “massacro in Libano”, con l’aspettativa di circa 15.000 persone presenti. Il corteo è partito da Piazza Vittorio Emanuele e si è diretto verso Piazzale Ostiense, attraversando numerose vie centrali della città, come via Merulana, via Labicana e piazza del Colosseo.

Durante il corteo, sono stati esposti cartelli contro la politica israeliana e diversi simboli di solidarietà verso la Palestina. Tra le immagini più forti, una manifestante ha tenuto in braccio un fagotto avvolto in un lenzuolo bianco, simbolo di un bambino morto a Gaza. Sono stati anche eseguiti cori, tra cui “Intifada fino alla vittoria” e “Palestina libera”. Un momento particolarmente significativo si è verificato quando un gruppo di manifestanti ha esposto una bandiera palestinese tra le aste vuote della sede della FAO in viale Aventino, rispondendo alla domanda retorica “Dove sta la bandiera di Israele?”.

Alcuni atti simbolici, come l’imbrattamento delle vetrine su viale Aventino, tra cui quella di Unicredit, con scritte come “Free Gaza” e simboli anarchici, hanno suscitato preoccupazione, ma non si sono registrati scontri diretti tra i manifestanti e le forze dell’ordine. Tuttavia, alcuni partecipanti hanno lanciato fumogeni e petardi contro le forze di polizia presenti davanti alla FAO.

Le richieste principali della manifestazione riguardano il cessate il fuoco in Palestina, il fermare le operazioni militari in Libano, e un appello per l’Italia a sospendere ogni supporto armato verso Israele, fermando anche gli accordi economici, politici e diplomatici con il paese. La protesta è stata organizzata da diverse realtà palestinesi e supportata da collettivi studenteschi e sigle sindacali.

Cronaca

Femminicidio di Giulia Cecchettin: ergastolo per Filippo Turetta, ma il padre invita a riflettere sulla cultura della violenza

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Filippo Turetta è stato condannato all’ergastolo per il femminicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, avvenuto l’11 novembre 2023 a Fossò, in provincia di Venezia. La Corte ha riconosciuto l’aggravante della premeditazione, escludendo però quelle della crudeltà e dello stalking. Un verdetto che segna un passaggio importante nel percorso di giustizia, ma che non placa il dolore dei familiari della vittima.

Gino Cecchettin, padre di Giulia, ha espresso un messaggio carico di dignità e riflessione: “Abbiamo perso tutti come società. Nessuno me la ridarà indietro e io non sono né più sollevato né più triste di ieri o di domani. Penso sia stata fatta giustizia e rispetto la sentenza, ma la violenza di genere non si combatte con le pene, bensì con la cultura. Come essere umano mi sento sconfitto. Come papà non è cambiato nulla rispetto a un anno fa”.

Queste parole evidenziano una verità spesso trascurata: le pene, per quanto severe, non possono agire da sole per prevenire tragedie come questa. Il femminicidio di Giulia Cecchettin è uno dei molti episodi che sottolineano la necessità di un cambiamento culturale profondo, volto a sradicare le radici della violenza di genere.

La condanna di Turetta, pur rappresentando un atto di giustizia per la famiglia e la comunità, non è una soluzione al problema sistemico. Serve un impegno collettivo che coinvolga istituzioni, scuole, media e famiglie per promuovere il rispetto e l’uguaglianza.

Il caso di Giulia è diventato un simbolo della battaglia contro la violenza sulle donne in Italia, un richiamo alla responsabilità di tutti affinché tragedie simili non si ripetano.

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Cronaca

Rieti | Denunciato giovane tunisino per detenzione di droga e possesso di coltello

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Nell’ambito delle operazioni di controllo del territorio, intensificate dalla Questura di Rieti per la prevenzione e repressione dei reati, gli agenti della Squadra Volante hanno denunciato un giovane tunisino, ventenne senza fissa dimora, per detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente. Il giovane, che si aggirava con fare sospetto nei pressi della stazione ferroviaria, è stato fermato e sottoposto a controllo dagli agenti.

Durante la perquisizione personale, il tunisino è stato trovato in possesso di circa 20 grammi di hashish, suddivisi in 12 dosi pronte per essere vendute. Inoltre, gli agenti hanno rinvenuto un coltello a serramanico nascosto tra i suoi indumenti, per il quale l’uomo è stato denunciato anche per la violazione delle normative relative alle armi.

Il giovane, già con numerosi precedenti per reati legati alla droga, è stato denunciato in stato di libertà. La sua responsabilità penale sarà ora valutata dal Giudice. In attesa di una sentenza definitiva, si precisa che l’indagato è considerato innocente fino a prova contraria.

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Cronaca

Teramo | Violenza familiare: divieto di dimora per un uomo accusato di maltrattamenti e lesioni

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Un uomo di Teramo è stato colpito da una misura cautelare che gli impone il divieto di dimora, con il controllo elettronico dei suoi spostamenti, dopo essere stato accusato di maltrattamenti contro familiari e conviventi, nonché di lesioni aggravate. La misura è stata emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Teramo, a seguito di un’indagine condotta dalla Squadra Mobile della Questura di Teramo, con il coordinamento della locale Procura della Repubblica.

Secondo le accuse, l’uomo avrebbe perpetrato comportamenti violenti e vessatori nei confronti della madre, sottoponendola a continue aggressioni fisiche e psicologiche. Oltre a minacce e richieste incessanti di denaro, il 14 novembre 2024 avrebbe aggredito la madre con violenza, colpendola con pugni al volto e spingendola contro un mobile della cucina. L’urto ha causato alla vittima lesioni alla schiena, per le quali è stato previsto un periodo di guarigione di sette giorni.

L’indagato è stato rintracciato dai poliziotti della Squadra Mobile e accompagnato presso la Questura di Teramo per gli adempimenti necessari. La misura cautelare, che prevede il divieto di dimora, è stata adottata per evitare ulteriori rischi per la vittima e per impedire che l’indagato possa ripetere comportamenti violenti.

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