Cronaca
Omicidio a Pontirolo: Roberto Guerrisi ucciso durante una lite familiare per i maltrattamenti alla figlia
Trenta metri di disperazione, dal momento in cui Roberto Guerrisi fu colpito al volto da un colpo di pistola fino al suo crollo, in pieno giorno, davanti a un parente e a numerosi automobilisti in transito lungo una delle strade più trafficate della provincia di Bergamo. Guerrisi, 42 anni, originario della provincia di Reggio Calabria, era da oltre venti anni residente a Boltiere, un piccolo paese vicino al confine con Pontirolo. Era sposato e padre di tre figlie di 15, 18 e 22 anni.
Secondo la ricostruzione dei carabinieri, l’omicidio sarebbe stato il tragico epilogo di una lite familiare. Tutto sarebbe nato da un conflitto tra la figlia di Guerrisi e un giovane di un’altra famiglia calabrese, collegata a un’azienda locale, la “Db Car”, che vende e noleggia automobili. La ragazza avrebbe riferito di essere stata maltrattata dal suo fidanzato. Anche se non è ancora chiaro se gli episodi di violenza fossero isolati o ripetuti, Guerrisi ha deciso di affrontare la famiglia del ragazzo e chiedere spiegazioni.
Il 28 dicembre, Guerrisi si è recato alla concessionaria per una prima discussione, promettendo di tornare più tardi e di non essere solo. Nel pomeriggio, intorno alle 14:30, i vicini hanno notato quattro auto ferme e circa sette-otto persone riunite davanti alla concessionaria. La situazione è degenerata velocemente. Secondo uno dei testimoni, la lite tra le due famiglie è diventata violenta e, all’improvviso, sono esplosi due colpi di pistola. Uno dei proiettili ha colpito Guerrisi al volto, penetrando dall’alto e uscendo sotto la scapola destra.
Un altro testimone ha raccontato di aver visto l’uomo, con il volto insanguinato, allontanarsi sorretto da un altro uomo, prima di crollare a terra. Nonostante i tentativi di rianimarlo, Guerrisi è morto poco dopo. La scena del crimine, segnata dalle macchie di sangue, si è estesa lungo il marciapiede e sulla statale.
I carabinieri di Fara Gera d’Adda, Treviglio e Bergamo, insieme alla polizia locale, hanno sbarrato la strada e avviato una serie di interrogatori per identificare il responsabile. Nonostante le difficoltà iniziali nella ricostruzione della dinamica, soprattutto per la mancata ritrovamento dell’arma, le indagini si sono concentrate sul cerchio ristrettissimo di persone coinvolte. La pistola del delitto non è stata trovata, ma i militari hanno ispezionato vari luoghi, inclusi tombini, cassonetti e l’officina dell’azienda, senza però risultati concreti.
La vicenda ha suscitato forti emozioni tra i familiari della vittima, che sono stati portati in caserma per essere ascoltati. Nella serata del 28 dicembre, un fermo sembrava imminente. Il corpo di Roberto Guerrisi è stato trasferito all’ospedale Papa Giovanni di Bergamo, in attesa dell’autopsia, che fornirà ulteriori dettagli sulla sua morte.
Cronaca
Andria | Tragedia a Capodanno: bimbo di sei anni perde un dito con una pistola a salve
Ad Andria, la notte di Capodanno si è trasformata in dramma per una famiglia quando un bambino di sei anni ha perso un dito a causa dell’esplosione di una pistola a salve. L’arma gli era stata consegnata dal padre per festeggiare l’arrivo del nuovo anno.
Il piccolo, gravemente ferito alle mani, è stato portato inizialmente al pronto soccorso dell’ospedale Bonomo di Andria. Successivamente, vista la gravità delle lesioni, è stato trasferito al Policlinico di Bari, dove si trova ricoverato. I medici hanno confermato la perdita irreversibile del pollice.
L’episodio solleva nuovamente l’attenzione sulla pericolosità di gesti irresponsabili durante i festeggiamenti, soprattutto quando coinvolgono bambini e materiali esplosivi o potenzialmente pericolosi. Le autorità stanno indagando sull’accaduto.
Un altro caso che richiama l’importanza della prevenzione e della responsabilità per evitare che una notte di festa si trasformi in una tragedia familiare.
Cronaca
Pisa: risarcimento di 3,8 milioni di euro per una diagnosi errata su un neonato
Pisa – La Corte d’Appello di Firenze ha condannato l’Azienda ospedaliero universitaria Pisana (Aoup) a risarcire 3,8 milioni di euro a un quindicenne di Pisa e alla sua famiglia per una diagnosi errata risalente al 2009. L’errore, che ha portato a una grave invalidità, è stato attribuito a un “falso negativo” durante il test neonatale per la fenilchetonuria, una malattia genetica che, se diagnosticata tempestivamente, può essere gestita con una dieta adeguata.
La vicenda
Alla nascita, il bambino fu sottoposto a un test di screening per individuare la fenilchetonuria, una patologia genetica che impedisce al corpo di metabolizzare correttamente la fenilalanina, un aminoacido presente in molti alimenti. Tuttavia, secondo la sentenza, la struttura sanitaria non somministrò un test idoneo a rilevare la malattia. Questo ritardo diagnostico impedì l’adozione di un’alimentazione mirata nei primi mesi di vita, causando al bambino un grave deficit intellettivo e una disabilità permanente.
Le responsabilità dell’Aoup
La sentenza ha evidenziato che l’errore fu causato da un’esecuzione inadeguata del test, sottolineando che l’ospedale avrebbe dovuto utilizzare strumenti in grado di individuare la patologia. Per i giudici, la mancanza di diagnosi tempestiva rappresenta una negligenza che ha avuto conseguenze devastanti sulla vita del giovane e della sua famiglia.
Cos’è la fenilchetonuria
La fenilchetonuria è una malattia genetica rara che può essere controllata con una dieta speciale a basso contenuto di fenilalanina, se individuata nei primi mesi di vita. In caso contrario, come accaduto in questa vicenda, la malattia può portare a danni neurologici irreversibili, invalidità e deficit intellettivi.
Il risarcimento e le reazioni
Il risarcimento, quantificato in 3,8 milioni di euro, servirà a sostenere le cure e le necessità del ragazzo, oltre a compensare il danno subito dalla famiglia. La decisione della Corte d’Appello di Firenze è stata accolta come un riconoscimento delle responsabilità della struttura sanitaria, ma ha anche riacceso il dibattito sull’importanza della qualità e dell’accuratezza dei test neonatali.
Questa vicenda sottolinea la necessità di garantire standard elevati nei controlli diagnostici, poiché un errore in questa fase può avere conseguenze irreparabili per tutta la vita.
Cronaca
Brescia | Arrestati due cittadini serbi con 25 kg di cocaina dal valore di 800.000 euro
Brescia – Nella serata di martedì 24 dicembre, un’importante operazione congiunta tra la Squadra Mobile di Brescia, la Sisco, e le Squadre Mobili di Genova e Alessandria, con il supporto della Sezione Polizia Stradale di Brescia, ha portato all’arresto di due cittadini serbi trovati in possesso di circa 25 chilogrammi di cocaina. L’operazione, attivata dalla Direzione Centrale per i Servizi Antidroga e coordinata dal Servizio Centrale Operativo, si inserisce nei controlli intensificati in occasione delle festività natalizie per contrastare reati contro il patrimonio e il traffico di stupefacenti.
La vicenda è iniziata con l’individuazione di un’autovettura sospetta, segnalata in ingresso nel territorio nazionale dalla frontiera di Ventimiglia. Il veicolo, dopo aver attraversato Liguria, Piemonte e Lombardia, è stato fermato nel territorio di Brescia.
Documenti falsi e mandato di arresto europeo
Durante un primo controllo sui due occupanti del veicolo, sono emersi elementi di discordanza sull’identità di uno di essi. Approfondimenti successivi presso la Questura di Brescia hanno rivelato che l’uomo era in possesso di documenti falsi e risultava ricercato in Belgio con un mandato di arresto europeo per traffico internazionale di stupefacenti.
Scoperto un doppio fondo con 25 kg di cocaina
A seguito di quanto emerso, gli agenti hanno proceduto a una perquisizione accurata del veicolo, che ha portato alla scoperta di un doppio fondo nascosto nella parte anteriore dell’abitacolo. All’interno, erano occultati 20 pacchetti plastificati termosaldati contenenti cocaina. Gli accertamenti hanno confermato la natura della sostanza, il cui valore sul mercato illegale è stimato intorno agli 800.000 euro.
Arresto convalidato: custodia cautelare in carcere
Il 27 dicembre, il Giudice per le Indagini Preliminari ha convalidato l’arresto dei due cittadini serbi, disponendo per entrambi la misura cautelare della custodia in carcere.
Si ricorda che i due soggetti godono della presunzione di innocenza fino a eventuale condanna definitiva, con la responsabilità penale che sarà accertata in sede dibattimentale.
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