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Cronaca

Gianni Remo, finalmente assolto dopo 11 anni di ingiustizie

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Dopo un lungo percorso giudiziario che ha segnato profondamente la sua vita e quella del club Reggina, Gianni Remo, ex vice presidente della squadra, è stato definitivamente assolto dalle gravi accuse a suo carico. La sentenza, emessa dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria, ha dichiarato che “il fatto non sussiste”, ponendo così fine a una saga che durava da undici anni.

L’arresto di Remo, avvenuto nel 2013, aveva avuto ripercussioni enormi, non solo sulla sua carriera personale, ma anche sulla Reggina stessa, che all’epoca si trovava in serie B. Le accuse di estorsione aggravata e concorso esterno in associazione mafiosa lo avevano portato a una detenzione ingiustificata, danneggiando gravemente le sue attività e contribuendo a un declino del club, che ha affrontato difficoltà economiche e sportiva culminate nel fallimento due anni dopo l’arresto.

Con la recente assoluzione, Gianni Remo e suo fratello Pasquale possono finalmente voltare pagina dopo anni di calunnie e sofferenza. Il loro avvocato, Antonino Curatola, ha espresso soddisfazione per il verdetto, sottolineando l’importanza di questa decisione per il recupero della dignità dei suoi assistiti. La sentenza ha riconosciuto la completa insussistenza delle accuse, mettendo in luce l’ingiustizia subita da Remo e il suo entourage.

Questo caso solleva interrogativi sulla gestione della giustizia e sull’impatto che le accuse infondate possono avere sulle vite delle persone. La vicenda di Gianni Remo dimostra come la verità possa emergere anche dopo anni di battaglie legali e come sia fondamentale garantire una difesa adeguata in un sistema giudiziario complesso.

Cronaca

Catania | Intervento innovativo al policlinico: trombi al cuore rimossi senza chirurgia invasiva

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Al Policlinico Rodolico – San Marco di Catania, l’Unità di Cardiochirurgia ha compiuto un intervento pionieristico per rimuovere trombi dall’atrio destro del cuore di una paziente settantenne, evitando il tradizionale intervento a cuore aperto grazie a una tecnologia mininvasiva avanzata chiamata AngioVac. Questa tecnica, utilizzata per la prima volta nel Catanese, ha permesso di aspirare e rimuovere una massa di trombi formatisi a causa di un’infezione associata al pacemaker della paziente.

L’AngioVac funziona tramite una speciale cannula di aspirazione introdotta in una vena giugulare. Alla sua estremità, una struttura a ventaglio si espande per catturare i trombi, consentendo un’estrazione precisa e sicura. La procedura, completata in sole tre ore, ha ridotto drasticamente i rischi associati alla chirurgia invasiva e ha permesso un recupero molto più rapido.

La paziente, già operata in passato alla valvola mitrale e portatrice di cavi per l’elettrostimolazione cardiaca, era a rischio per un’operazione tradizionale. L’intervento è stato dunque accolto come una soluzione ottimale per il caso, aprendo la strada a possibili future applicazioni per trattamenti cardiaci complessi, con minore impatto fisico e tempi di ripresa più brevi.

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Cronaca

Incidente tra Siderno e Locri, due auto si scontrano: feriti lievi

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Questa mattina, tra Siderno e Locri, in provincia di Reggio Calabria, un incidente ha coinvolto due automobili su una strada secondaria parallela alla SS106. Lo scontro, avvenuto frontalmente, ha causato il ferimento di entrambi i conducenti, per fortuna senza gravi conseguenze.

A causa della violenza dell’impatto, uno dei guidatori è rimasto intrappolato nell’abitacolo del proprio veicolo. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco, che hanno lavorato per liberarlo dalle lamiere, permettendo al personale medico di prestare le prime cure. Entrambi i feriti sono stati trasportati in ospedale, dove sono stati ricoverati per accertamenti e cure adeguate.

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Cronaca

Mafia, condanna a 11 anni per la maestra legata a Messina Denaro, accusata di associazione mafiosa

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Laura Bonafede, un’insegnante di Campobello di Mazara e figlia di un noto capo mafioso locale, è stata condannata a 11 anni e 4 mesi di reclusione per associazione mafiosa dal gup di Palermo, Paolo Magro. La sentenza è arrivata al termine di un processo con rito abbreviato, durante il quale i pm avevano richiesto per la donna una pena di 15 anni.

Bonafede era inizialmente accusata di favoreggiamento, ma l’accusa è stata poi aggravata a quella di associazione mafiosa per il presunto supporto offerto al boss Matteo Messina Denaro durante la sua latitanza. Le indagini hanno rilevato la presenza di un legame profondo tra i due, supportato da scambi di comunicazioni e incontri documentati, fino a poco prima della cattura del capo mafioso. Secondo le autorità, l’insegnante avrebbe mantenuto attivi i contatti del boss con altri affiliati, favorendo così la sua rete di protezione.

Durante il processo, Bonafede ha negato di aver fatto parte di Cosa Nostra e ha fornito una versione alternativa dei fatti. Ha dichiarato di non aver mai vissuto con Messina Denaro, sostenendo di essere rimasta sempre a casa con la madre. Ha descritto la sua relazione con il boss come un’amicizia di lunga data, risalente all’infanzia e basata sul legame tra Messina Denaro e suo padre. La difesa ha tentato di rappresentare la donna come un’amica che aveva ricevuto supporto nei momenti difficili, senza coinvolgimenti nella struttura mafiosa. Tuttavia, il giudice ha ritenuto sufficienti le prove per riconoscerle un ruolo attivo in Cosa Nostra.

Questa condanna rappresenta un altro colpo al clan, aggiungendosi al processo che ha portato all’arresto e alla condanna di diversi affiliati e persone legate alla rete del boss.

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