Cronaca
Agrigento | Rapina una tabaccheria con un complice: un arresto
La Polizia di Stato ha eseguito la misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico nei confronti di un cittadino italiano, gravemente indiziato del reato di rapina aggravata. L’uomo è accusato di aver preso parte, il 20 agosto scorso, a una rapina in una tabaccheria di Agrigento, insieme a un complice non ancora identificato.
Secondo le indagini, i due malviventi, con volto coperto da un casco jet e una bandana, hanno minacciato con una pistola il titolare della tabaccheria, facendosi consegnare 450 euro, incasso dell’attività, e altri 90 euro prelevati dal portafogli della vittima. Dopo il colpo, i rapinatori si sono dati alla fuga a bordo di un ciclomotore.
L’intervento della Squadra Mobile e dell’U.P.G.S.P. della Questura di Agrigento è stato immediato, avviando un’intensa attività investigativa. Gli agenti sono riusciti a individuare il modello del ciclomotore utilizzato per la fuga. Nei giorni successivi, le ricerche hanno portato alla scoperta di un mezzo che corrispondeva per modello, colore e difetti a quello descritto dai testimoni. Successivi approfondimenti hanno permesso di collegare il ciclomotore a un soggetto già noto alle forze dell’ordine.
Durante la perquisizione presso la sua abitazione, l’uomo è stato trovato in possesso degli stessi indumenti e del casco utilizzati durante la rapina. Inoltre, la Polizia Scientifica ha confrontato i tatuaggi presenti sugli avambracci dell’indagato con quelli ripresi dalle telecamere di sorveglianza, riscontrando una perfetta corrispondenza.
In seguito a questi elementi, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Agrigento ha emesso un’ordinanza di arresto domiciliare con braccialetto elettronico. L’uomo è stato rintracciato in provincia di Venezia grazie alla collaborazione della Squadra Mobile locale e successivamente trasferito ad Agrigento per l’esecuzione della misura cautelare.
Sebbene i gravi indizi di colpevolezza siano emersi nel corso delle indagini, le responsabilità penali saranno confermate solo al termine del processo, in rispetto del principio di presunzione di innocenza.
Cronaca
Scoperto falso cieco: per 20 anni ha incassato 120mila euro di pensione
Per oltre 20 anni ha percepito una pensione di invalidità come cieco totale, ma era in realtà ipovedente. La Guardia di Finanza di Torre Annunziata ha smascherato la truffa a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, sequestrando 124.794,05 euro a un uomo e a sua moglie, entrambi indagati per truffa aggravata finalizzata all’indebita percezione di sussidi pubblici.
L’indagine ha rivelato che dal 2004 l’uomo, privo dei requisiti necessari, percepiva indebitamente la pensione per cecità assoluta e l’indennità di accompagnamento. Le prove raccolte dai finanzieri mostrano che l’indagato conduceva una vita del tutto autonoma, incompatibile con la condizione dichiarata.
In video e appostamenti, è stato osservato attraversare la strada senza bisogno di assistenza, trasportare pesanti buste della spesa e inserire chiavi nella serratura con precisione. Durante un controllo fiscale, ha persino firmato un verbale senza alcuna difficoltà visiva. Tutti comportamenti che hanno insospettito gli investigatori e confermato la natura fraudolenta della pensione ricevuta.
La moglie dell’indagato è accusata di aver contribuito alla truffa, aiutando il marito a perpetrare l’inganno per anni. Secondo gli inquirenti, la somma percepita è stata utilizzata in parte per coprire il mutuo della famiglia, aggravando il danno alle casse pubbliche.
La Procura di Torre Annunziata, guidata da Nunzio Fragliasso, ha sottolineato la gravità del reato, evidenziando come tali comportamenti danneggino non solo lo Stato ma anche chi necessita realmente di sostegno. Il sequestro preventivo del denaro rappresenta il primo passo verso il recupero della cifra indebitamente percepita.
L’episodio riaccende i riflettori sulle truffe ai danni dello Stato, spingendo le autorità a intensificare i controlli per garantire che le risorse pubbliche siano destinate a chi ne ha effettivo bisogno.
Cronaca
Latina: chiuso ristorante dopo un malore, gravi irregolarità igienico-sanitarie
Un ristorante di Latina è stato chiuso dai Carabinieri del Nas in collaborazione con il personale della Asl, a seguito di gravi carenze igienico-sanitarie e strutturali riscontrate durante un controllo. L’intervento è scattato dopo che un cliente, che aveva consumato una cena a base di pesce, ha accusato un malore.
Secondo quanto riportato, l’uomo avrebbe manifestato sintomi compatibili con una tossinfezione alimentare o una reazione allergica dopo aver mangiato tonno e alici. Gli alimenti sospetti sono stati sequestrati e inviati a laboratorio per verificare la presenza di contaminanti o allergeni non dichiarati.
Le verifiche nel locale hanno fatto emergere una situazione allarmante: circa 400 kg di alimenti, tra pesce, carne e prodotti vegetali, erano conservati in condizioni di promiscuità, senza etichette e senza rispettare le norme igieniche. La mancata adozione del sistema di autocontrollo HACCP, obbligatorio per garantire la sicurezza alimentare, è stata una delle infrazioni più gravi rilevate. Gli alimenti, considerati potenzialmente pericolosi, sono stati immediatamente distrutti per tutelare la salute pubblica.
Il valore della struttura chiusa è stato stimato in circa 400mila euro. Il titolare è stato multato per un totale di 3.000 euro e rischia ulteriori sanzioni in base ai risultati delle analisi sui campioni prelevati.
Le autorità hanno ribadito l’importanza del rispetto delle normative in materia di sicurezza alimentare, sottolineando che violazioni come queste possono mettere a rischio non solo i consumatori, ma anche l’intera attività commerciale.
L’episodio si aggiunge a recenti casi simili, come quello di un ristorante etnico a Parma, dove i Nas avevano trovato ragnatele, insetti morti e altre gravi irregolarità, evidenziando un problema diffuso nella gestione delle strutture ristorative.
Cronaca
Tragedia in Brasile: muore dopo una liposuzione da 1.500 euro
Una tragedia ha colpito la comunità di San Paolo, Brasile, dove Paloma Lopes Alves, una donna di 31 anni, è morta in seguito a un intervento di liposuzione presso la clinica Manà Day. Paloma aveva conosciuto il medico, il dottor Josias dos Santos, tramite i social media, dove aveva trovato l’offerta per l’operazione al costo di 10mila real brasiliani (circa 1.500 euro). Tuttavia, l’intervento, che doveva riguardare schiena e addome, si è trasformato in un incubo.
Martedì 26 novembre, Paloma è entrata nella clinica in mattinata e avrebbe dovuto tornare a casa nel pomeriggio. Durante l’operazione, però, qualcosa è andato storto. La donna ha subito un arresto cardiorespiratorio ed è stata trasferita d’urgenza all’ospedale municipale di Tatuapé, dove i medici non sono riusciti a salvarla. Il suo decesso è stato registrato come sospetto.
Everton Silveira, marito della donna, ha raccontato che Paloma aveva risparmiato a lungo per potersi permettere l’intervento, ma aveva incontrato il chirurgo per la prima volta il giorno dell’operazione. Silveira ha denunciato che il dottor dos Santos, dopo la tragedia, ha chiuso la clinica ed è sparito senza fornire spiegazioni. “Voglio giustizia per Paloma,” ha dichiarato il marito.
Il caso ha suscitato indignazione in Brasile e riaperto il dibattito sulla regolamentazione delle cliniche estetiche e sulla sicurezza degli interventi promossi attraverso i social network.
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