Attualità
Green Deal, Giovannini “Le imprese non vogliono tornare indietro”
ROMA (ITALPRESS) – Una riflessione su come l’Europa, e di riflesso anche l’Italia, sta andando incontro alla transizione ecologica, sia a livello collettivo sia negli approcci singoli degli Stati membri: a farla è Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo piano dell’Agenzia Italpress.
Giovannini, che è stato ministro del Lavoro nel governo Letta e delle Infrastrutture nel governo Draghi, racconta innanzitutto quali sono gli obiettivi che si è posta ASviS al momento della fondazione nel 2016: “L’Alleanza nasce subito dopo l’approvazione dell’Agenda Onu 2030: è un grande piano per trasformare il mondo, provando a portare la cultura dello sviluppo sostenibile nelle scuole, nelle università e nelle imprese e spiegando ai soggetti interessati come muoversi per raggiungere i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile; ASviS fa un monitoraggio annuale proprio per vedere se i paesi rispettano gli impegni assunti con l’Onu – dice Giovannini -. Sull’ambiente siamo impegnati a ridurre emissioni e inquinamento, che in Europa provoca 300mila morti premature all’anno”.
Venerdì, spiega il direttore scientifico dell’Alleanza, verrà presentato al Cnel uno studio “sulla sostenibilità nei territori italiani: è la fotografia di come Regioni, province e Comuni si pongono rispetto ai 17 obiettivi. L’Italia è molto diversificata, ma alcuni territori sono più avanti: la disuguaglianza non è solo tra nord e sud, ma all’interno delle regioni stesse”.
La transizione ecologica, sottolinea Giovannini, va identificata come “una trasformazione del nostro modo di consumare e produrre: a rischio non c’è l’ambiente, ma centinaia di milioni di persone che si devono spostare a causa della siccità o delle alluvioni. Questa trasformazione, che riguarda anche altri settori, avrà vincitori e vinti: siamo tutti eccitati da intelligenza artificiale e transizione digitale, ma potremmo perdere posti di lavoro e aumentare disuguaglianze; dopo la transizione le grandi imprese che dominano il settore dell’informatica vinceranno, mentre quelle dell’energia perderanno. L’Europa negli ultimi cinque anni ha fatto un salto enorme su questo: ad esempio la direttiva sulla rendicontazione di sostenibilità impone a grandi e medie imprese di passare in rassegna l’impatto ambientale e socioeconomico delle loro azioni. Manca ancora un bilancio federale, perchè gli Stati membri non vogliono cedere la sovranità”.
Un ampio capitolo della riflessione di Giovannini è dedicato al Green Deal: “E’ un insieme di regolamenti molto ampio, smontarlo non è facile perchè bisogna passare sia dai governi sia dal Parlamento europeo: ci possono essere tutti gli aggiustamenti del caso, ma rappresenta comunque un simbolo ideologico; ci sono spinte per rivedere alcune normative, ad esempio sull’automotive, ma serve un accordo in Parlamento. Quando sono cominciate a circolare idee di revisione del Green Deal tantissime imprese europee hanno firmato un manifesto in cui chiedevano di non tornare indietro, visto che avevano già investito tanto: chi investe sulla transizione guadagna competitività, produttività, profitti e occupazione”.
Il direttore scientifico di ASviS invita poi a vedere il Green Deal non come “una strategia ambientalista, ma di sviluppo: tutta la strategia del piano va verso la trasformazione del sistema produttivo e le imprese non hanno nessuna voglia di tornare indietro. Se l’Europa vuole fare un salto di qualità deve rinunciare a un pezzo di sovranità: il tema di fondo di questa legislatura è proprio se andremo verso un’Europa più federale o no”.
– foto Italpress –
(ITALPRESS).
Attualità
Libera compie 30 anni, numero speciale de lavialibera
– Libera compie 30 anni ed esce un numero speciale de lavialibera, periodico di Libera e Gruppo Abele, dedicato all’anniversario dell’associazione antimafia.
“Il 25 marzo 1995 nasce Libera con una campagna per la raccolta di firme in calce al disegno di legge di iniziativa popolare per il riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati alle mafie – si legge in una nota -. Libera compie trent’anni, trent’anni di un lungo cammino dove sin dall’inizio ci siamo dati un orizzonte d’impegno vasto, scegliendo di appellarci al bene più prezioso, quello da cui dipendono tutti gli altri: la libertà. Libertà dalle mafie, certo. Dalla corruzione, dall’illegalità e dal malaffare”.
“Tra conquiste e nuove sfide, è tempo di muoversi”, è il titolo del numero speciale de lavialibera, periodico di Libera che nasce trent’anni fa, come rete di associazioni, prima realtà nazionale dichiaratamente schierata contro la criminalità organizzata in un clima politico e sociale rovente. Dal 1995 molto è cambiato: le mafie non uccidono (quasi) più, si sono evolute, sono meno riconoscibili e grazie alle moderne tecnologie e a una conoscenza accurata dei sistemi finanziari, tessono alleanze più articolate che in passato. Le bombe non esplodono, ma le persone continuano a subire il potere mafioso. Ciò che sembra mancare è però la forza e la voglia di reagire. “Vediamo prevalere una forma pericolosissima di rassegnazione – spiega Luigi Ciotti nel suo editoriale -. Se i boss sono forti quanto prima e sanno cogliere ancora meglio le opportunità di guadagno; se una parte della politica, dell’imprenditoria e dell’amministrazione pubblica è così sensibile alle lusinghe del denaro sporco, allora significa che questo marcio che abbiamo intorno non si può rimuovere, e tanto vale guardare oltre. Il crimine organizzato sembra insomma diventato, agli occhi di molti cittadini e cittadine, un crimine “normalizzato”. E a chi ci dice che tanto le cose non cambieranno, rispondiamo che senza il grande impegno di molti per arginare il malaffare, oggi i parametri dell’illegalità e dell’ingiustizia nel nostro Paese sarebbero ancora peggiori. In questi trent’anni abbiamo saputo cambiare, senza mai perdere di vista la nostra missione originaria: rendere l’Italia un paese libero dalle ingiustizie”.
E allora, come scrive Rosy Bindi, “se vogliamo combattere le mafie che uccidono meno e corrompono di più dobbiamo risvegliare quelle coscienze addormentate e indifferenti e, magari, disponibili a intessere rapporti con il potere mafioso non tanto per paura, ma per convenienza. Forse è più difficile di prima, ma adesso abbiamo trent’anni e siamo maturi per sostenere battaglie più impegnative”.
Nel suo editoriale, la direttrice de lavialibera Elena Ciccarello scrive: “Libera compie trent’anni e lo fa in un momento particolarmente delicato per l’Italia, l’Europa e il resto del mondo. Soffiano venti di revisionismo storico, si stringe la morsa repressiva, prende forma l’attacco ai presidi democratici, sono annunciate alleanze oscure e paci ingiuste. Il sentimento più diffuso tra chi non è già salito sul carro dei vincitori è di sconforto, spesso accompagnato da preoccupazione per ciò che accade e che potrebbe ancora accadere. Eppure, la storia ci insegna che il passato è stato, prima di tutto, un presente fatto di scelte, complicità, attendismi e disobbedienze. Sta a ciascuno di noi decidere da che parte stare”.
Ogni anniversario è l’occasione per ripercorrere i momenti più importanti di una storia intensa: dalle riunioni a Roma per decidere il nome e scrivere lo statuto alle prime conquiste, alle battaglie di oggi. Tra le conquiste entrate ormai nella storia: la Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie e la legge per l’uso sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata, ottenuta grazie a una mobilitazione senza precedenti. Senza dimenticare il radicamento territoriale con 20 coordinamenti regionali, 75 provinciali e 295 presidi territoriali e con una presenza in Europa, America Latina e Africa.
Per Nando dalla Chiesa dietro alla nascita di Libera c’è “una miscela irripetibile” e “l’elemento che la rende di granito è proprio costituito dal sentimento collettivo dei familiari, che don Luigi Ciotti ha saputo interpretare in modo magistrale”. Riguardo ai beni sottratti ai mafiosi, Gian Carlo Caselli scrive che oggi “le terre confiscate possono essere assegnate a cooperative di giovani che, lavorandole, realizzano un antimafia che paga in termini di dignità e libertà dalla mafia: il modo più efficace per coinvolgere la società civile in un effettivo impegno antimafia”. Le conquiste del passato sono linfa per le battaglie del futuro. Dalla lotta alla corruzione al contrasto ai crimini dei potenti e dei colletti bianchi. E ancora, la richiesta di trasparenza negli affari pubblici, possibile attraverso il monitoraggio civico. Sul fronte della criminalità organizzata, l’obiettivo primario è ottenere una legge per tutelare madri e i minori che, attraverso il progetto Liberi di scegliere, decidono di allontanarsi dai contesti mafiosi e ricominciare altrove una nuova vita. Come spiega Francesca Rispoli, che affianca Luigi Ciotti alla presidenza di Libera, “è fondamentale un approccio sistemico, che tenga insieme il fronte repressivo con quello preventivo e riconosca il ruolo della cittadinanza come agente lievitante di cambiamento”. Un’azione che valichi i confini nazionali, come dimostra l’attività di Libera internazionale, che sostiene le associazioni impegnate nella difesa dei diritti umani e ambientali, promuove l’uso sociale dei beni confiscati e denuncia la violenza delle mafie a tutte le latitudini.
– foto Ipa agency –
(ITALPRESS).
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Ucraina, Tajani “Riflettere su presenza militare europea”
“Credo che prima di parlare di presenza militare europea in Ucraina, bisognerà riflettere molto attentamente”. Lo ha detto il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, in un punto stampa a margine degli incontri nell’ambito della sua visita ufficiale in Algeria. “Noi siamo volenterosi per costruire un’Europa più forte, più unita che sia protagonista di relazioni transatlantiche. Io ho sempre detto che sarebbe meglio, finita la guerra, dar vita magari a una zona cuscinetto dove possa esserci una presenza militare sotto l’egida delle Nazioni Unite con una decisione del Consiglio di sicurezza dell’Onu proprio per garantire una pace giusta e duratura”, ha detto il ministro.
Secondo Tajani è “ancora prematuro” parlare di un mese di tregua in Ucraina come proposto dal presidente francese Emmanuel Macron. “Credo che tutto debba essere fatto insieme: Europa e Stati Uniti devono sedersi a un tavolo con Ucraina e Russia per arrivare a una pace giusta e soprattutto duratura, quindi è ancora prematuro vedere cosa fare e come fare. Serve intanto che l’Europa sia unita per garantire l’indipendenza dell’Ucraina”, ha spiegato il ministro.
(ITALPRESS).
-Foto: Ipa Agency-
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Attualità
Ucraina, Meloni “Non manderemo soldati italiani”
Al vertice di Londra ho espresso la mia perplessità sulla proposta franco-britannica di invio dei soldati europei: secondo me è molto complessa nella realizzazione e non sono convinta dell’efficacia. E’ la ragione per la quale abbiamo detto che non manderemo i soldati italiani, ma sicuramente è un momento nel quale tutti coloro che fanno delle proposte stanno facendo una cosa utile, nel tentativo di cercare una soluzione”. Lo ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a “XXI Secolo” su Raiuno.
“Al di là di quello che può sembrare, i toni danno l’impressione che le posizioni siamo molto distanti, ma in realtà non lo sono, perchè l’obiettivo è condiviso: portare in Ucraina una pace giusta, stabile, duratura e definitiva, che preveda garanzie di sicurezza. Questo serve all’Ucraina, ai Paesi europei – particolarmente a quelli che si sentono minacciati dalla Russia – e serve a Trump, che è un leader forte e che chiaramente non può permettersi di siglare un accordo che qualcuno domani potrebbe violare”, ha sottolineato Meloni.
“Sicuramente il momento non è facile per nessuno, sono decisioni che non si prendono con leggerezza. Prima di fare una scelta bisogna ponderarla, bisogna mantenere la calma e cercare di ragionare nel modo più lucido possibile, guardando sempre all’obiettivo. Per me la priorità è sempre difendere l’interesse nazionale e credo che sia nell’interesse nazionale evitare qualsiasi possibile frattura all’interno dell’Occidente, perchè le divisioni ci renderebbero solamente più deboli – ha detto ancora la premier -. Questa è la ragione per la quale ho chiesto un incontro, per parlare in modo franco su come si vuole affrontare questa questione specifica ma, in generale, le grandi sfide che l’Europa e l’Occidente hanno di fronte”.
– Foto IPA Agency –
(ITALPRESS).
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