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Lenti a contatto: 5 consigli per utilizzarle al meglio
Le lenti a contatto rappresentano una soluzione sempre più diffusa per chi desidera correggere i propri difetti visivi senza dover indossare gli occhiali. Tuttavia, per sfruttarne al meglio i benefici, è fondamentale seguire alcune regole di utilizzo. Una gestione inadeguata può portare a fastidi, irritazioni o, nei casi peggiori, infezioni oculari.
Se hai deciso di indossare le lenti a contatto o lo fai già da tempo, usare alcune accortezze ti aiuterà a proteggere i tuoi occhi e a vivere un’esperienza più confortevole.
Scopri con noi 5 consigli essenziali per mantenere le tue lenti sicure e funzionali.
Igiene prima di tutto
Il primo passo per un utilizzo sicuro delle lenti a contatto è mantenere un’eccellente igiene delle mani. Prima di manipolare le lenti, assicurati di lavare accuratamente le mani con sapone neutro e di asciugarle con un asciugamano pulito, preferibilmente in tessuto che non lascia pelucchi. Questa semplice precauzione aiuta a prevenire che sporco, batteri o residui di sapone finiscano sulle lenti, riducendo così il rischio di infezioni o irritazioni oculari. Evita di toccare le lenti se hai appena usato creme o lozioni per le mani, poiché queste possono compromettere la trasparenza delle lenti e causare fastidi durante l’uso.
Non superare il tempo di utilizzo consigliato
Ogni tipo di lente a contatto ha una durata specifica che deve essere rispettata scrupolosamente.
Se utilizzi lenti giornaliere, ricorda di gettarle dopo un solo giorno di utilizzo. Le lenti quindicinali, come le Acuvue Oasys, quelle mensili o quelle con una durata prolungata devono essere sostituite entro i tempi indicati dal produttore, anche se ti sembrano ancora in buone condizioni. Usare le lenti oltre il periodo consigliato può causare secchezza oculare, irritazioni o addirittura infezioni. Inoltre, rispettare i tempi di utilizzo delle lenti aiuta a preservare la corretta ossigenazione dell’occhio, riducendo il rischio di complicazioni a lungo termine.
Conservazione corretta delle lenti
Se utilizzi lenti a contatto che non sono monouso, è fondamentale prestare attenzione alla loro conservazione. Dopo averle rimosse, assicurati di pulirle accuratamente con soluzione unica, appositamente studiata per disinfettare e mantenere le lenti idratate.
Non utilizzare mai acqua del rubinetto o soluzioni fai da te, poiché possono contenere batteri o impurità che possono danneggiare gli occhi.
Cambia la soluzione nel portalenti ogni giorno e pulisci il contenitore regolarmente per evitare la proliferazione di germi. Anche il porta-lenti dovrebbe essere sostituito ogni 2-3 mesi per garantire una massima sicurezza igienica.
Evita di indossare le lenti a contatto durante il sonno
Uno degli errori più comuni e potenzialmente dannosi è indossare le lenti a contatto durante il sonno, soprattutto se non progettate per questo uso. Mentre dormi, i tuoi occhi ricevono meno ossigeno e, con le lenti in posizione, questa riduzione può diventare significativa, causando irritazione, arrossamento e, nei casi più gravi, infezioni come la cheratite. Anche se potresti non avvertire fastidi immediati, l’abitudine di dormire con le lenti a contatto aumenta il rischio di complicazioni oculari. Se sai di dover dormire con le lenti, utilizza modelli specifici e approvati dal tuo oculista.
Sostituisci regolarmente il portalenti
Spesso sottovalutato, il portalenti gioca un ruolo cruciale nel mantenimento dell’igiene delle lenti a contatto. Anche se lo pulisci quotidianamente e cambi la soluzione con regolarità, è importante sostituire il portalenti ogni tre mesi. Col tempo, infatti, possono accumularsi batteri e depositi invisibili che potrebbero contaminare le lenti.
Per garantire una corretta manutenzione, sciacqua il portalenti con una soluzione disinfettante, mai con acqua del rubinetto, e lascialo asciugare all’aria. Un portalenti nuovo e pulito è essenziale per prevenire infezioni oculari e garantire che le tue lenti rimangano sempre in perfette condizioni.
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La Pirateria nell’Adriatico: storia di conflitti, corsari e guerre di corsa
La pirateria nell’Adriatico ha avuto un ruolo significativo nella storia marittima della regione, specialmente durante il periodo medievale e rinascimentale. Questa parte del Mediterraneo, che separa la penisola italiana dalla penisola balcanica, è stata un crocevia di commerci e scambi, ma anche un luogo di conflitti tra potenze marittime e pirati.
Le Repubbliche Marinare italiane, come Venezia, Genova e Ragusa (oggi Dubrovnik), furono attori principali nella pirateria dell’Adriatico. Sebbene queste potenze fossero principalmente orientate al commercio, spesso le loro flotte navali utilizzavano i corsari come un mezzo per proteggere i propri interessi economici e militari. A volte, le operazioni navali legali si trasformavano in veri e propri attacchi di pirateria, soprattutto nei confronti delle navi nemiche. Venezia, ad esempio, non solo si difendeva dai nemici, ma in alcuni casi istituiva vere e proprie guerre di corsa contro le potenze rivali. Genova, pur avendo una minore presenza nell’Adriatico rispetto a Venezia, aveva comunque una flotta capace di svolgere attacchi simili. Ragusa, pur essendo una città più piccola, agiva spesso contro i nemici ottomani e altre potenze della regione.
L’Impero Ottomano, che controllava gran parte delle terre balcaniche, è stato un altro grande attore della pirateria nel Mediterraneo e nell’Adriatico. I corsari ottomani, conosciuti anche come “barbari”, erano temuti per le loro incursioni. Sotto la guida di noti capi pirata come il famigerato Barbarossa, i corsari ottomani compivano raid contro le coste italiane e le rotte commerciali, cercando di destabilizzare l’economia dei rivali e espandere l’influenza ottomana. La presenza dei corsari berberi divenne così rilevante che le incursioni ottomane in Adriatico non erano rare, e la pirateria divenne uno strumento di guerra per il potere ottomano.
Anche la costa balcanica ha visto attivi pirati locali, in particolare gli albanesi e i montenegrini, che depredavano le navi mercantili italiane, sfruttando le difficoltà logistiche e difensive della costa. Le terre balcaniche, sotto il dominio ottomano, erano spesso teatro di conflitti locali, che includevano la pirateria come mezzo di resistenza o per ottenere ricchezze. I pirati dalmati, provenienti dalla regione della Dalmazia (oggi parte della Croazia), furono anch’essi noti per le loro incursioni, particolarmente contro le flotte veneziane, ma anche contro quelle di altre potenze rivali.
Le attività di pirateria non si limitavano solo a operazioni individuali o ad attacchi contro navi mercantili, ma talvolta erano anche parte integrante di conflitti più ampi. Le guerre di corsa, legittimate da lettere di corso emesse dai governi, erano comuni e permettevano a gruppi di pirati di agire contro le potenze nemiche senza incorrere in sanzioni legali, come se fossero una parte della guerra stessa. In questo contesto, la pirateria diveniva un’attività legale e formalizzata, finalizzata a danneggiare economicamente i nemici e a sottrarre risorse.
Il declino della pirateria nell’Adriatico avvenne principalmente a partire dal XVIII secolo, con l’instaurarsi di poteri più centralizzati e il rafforzamento delle flotte imperiali. L’espansione del controllo navale da parte di potenze come la Spagna, l’Austria e la Francia, e l’intensificarsi dei conflitti contro l’Impero Ottomano, ridussero progressivamente lo spazio per le incursioni pirata. La crescente protezione delle rotte commerciali, l’affermazione di leggi internazionali contro la pirateria e l’intensificarsi delle operazioni militari contro i pirati, contribuirono a mettere fine a queste attività illegali.
Nonostante ciò, la pirateria nell’Adriatico ha avuto un impatto duraturo sulla regione, influenzando le politiche marittime, le relazioni internazionali e la sicurezza delle rotte commerciali. Le incursioni pirata, spesso destinate a indebolire i rivali e ad accrescere il potere dei pirati e delle repubbliche marinare, sono state un elemento cruciale nella storia marittima e politica dell’Adriatico.
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Il Codice dei Pirati: leggi, disciplina e uguaglianza a bordo delle navi corsare
Il codice dei pirati era un insieme di regole che regolavano la vita a bordo e il comportamento degli equipaggi, stabilendo norme che venivano rispettate dai membri. Queste leggi, a volte scritte, altre volte non formalizzate, erano fondamentali per mantenere l’ordine e la coesione tra i pirati. La divisione del bottino era una delle regole più importanti: ogni membro dell’equipaggio riceveva una parte equa del bottino, con alcuni ufficiali che, per il loro ruolo, ricevevano una percentuale maggiore. La disciplina era un altro aspetto fondamentale: il rispetto tra i pirati e l’autorità degli ufficiali era necessario per garantire il buon funzionamento della nave. Tuttavia, la violenza tra i membri era considerata dannosa e veniva evitata, cercando di risolvere i conflitti attraverso la mediazione. Le punizioni per i trasgressori del codice erano severissime, arrivando anche all’amputazione o all’esclusione dall’equipaggio, e in alcuni casi anche alla morte.
Un altro aspetto cruciale era il trattamento dei prigionieri. I pirati trattavano in modo diverso i prigionieri, a seconda della loro importanza: quelli che potevano portare un riscatto venivano tenuti vivi, mentre altri venivano liberati o uccisi. Inoltre, la democrazia tra i pirati era un aspetto che li distingueva dalle altre forme di pirateria. Il capitano veniva eletto dall’equipaggio e, in molte occasioni, le decisioni più importanti venivano prese con il voto dell’intero equipaggio.
Alcuni dei pirati più noti, come Bartholomew Roberts, Edward Teach (Blackbeard) e William Fly, avevano i loro codici, che regolavano la vita a bordo in modo simile. Questi codici erano pensati per garantire una vita più equa rispetto alle rigide gerarchie della marina tradizionale. La vita dei pirati non era priva di rigore, e il codice pirata rappresentava un tentativo di mantenere l’ordine e la giustizia in un contesto altrimenti caotico.
Anche se la pirateria era vista come un atto di ribellione contro l’autorità, il codice dei pirati mostrava come la coesione e l’ordine fossero essenziali per il successo delle imprese dei pirati. Attraverso questo sistema, i pirati cercavano di bilanciare la libertà con la necessità di vivere insieme come una comunità. Il codice dei pirati, quindi, non solo garantiva l’ordine nelle loro azioni quotidiane, ma rifletteva anche la loro visione del mondo, una visione basata sull’uguaglianza, sulla giustizia e sulla condivisione.
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L’impatti di meteoriti: un viaggio nel passato con il Meteor Crater
Circa 49.000 anni fa, un asteroide di ferro di dimensioni comprese tra i 30 e i 50 metri colpì l’altopiano del Colorado, in Arizona, generando un’esplosione devastante che scavò circa 175 milioni di tonnellate di roccia. Questo evento catastrofico diede origine al Meteor Crater, una gigantesca cavità dal diametro di 1200 metri. L’impatto, paragonabile a un’esplosione nucleare, ma senza le radiazioni ionizzanti, fu tale da vaporizzare l’asteroide, la roccia circostante e qualsiasi forma di vita nelle immediate vicinanze.
I venti generati dall’esplosione superarono i 1000 km/h, spazzando via la vegetazione entro un raggio di 19 km. Gli animali che si trovavano a soli 4 km dal punto d’impatto morirono, mentre quelli a una distanza di 24 km subirono danni gravi. Nonostante la devastazione, l’evento non provocò un’estinzione di massa, e la ricolonizzazione del territorio avvenne in un periodo relativamente breve, di circa 100 anni.
Oggi, il Meteor Crater rimane uno dei crateri di impatto più impressionanti e meglio conservati al mondo, testimoniando la forza distruttiva che gli asteroidi possono esercitare. Se un simile impatto accadesse oggi, i danni potrebbero essere paragonabili a quelli di un evento catastrofico in grado di distruggere intere città moderne. La potenza di questi impatti è un monito su quanto siano vulnerabili la Terra e la vita umana agli eventi cosmici.
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