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Cronaca

Milano | Moussa Sangare, le coltellate a Sharon Verzeni e il movente che non c’è: perché il raptus non spiega tutto

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“Sentivo l’impulso di accoltellare.” Sono queste le parole che Moussa Sangare, un 31enne di origini maliane ma nato a Milano, avrebbe usato davanti ai pm dopo essere stato arrestato per l’omicidio di Sharon Verzeni, avvenuto un mese fa a Terno d’Isola, un piccolo paese di circa ottomila abitanti vicino a Bergamo. Durante le lunghe ore passate al comando provinciale dei carabinieri di Bergamo, dove Sangare era stato portato in mattinata, ci sono stati momenti di debolezza e pianto. “L’audizione è stata interrotta in più momenti,” ha dichiarato in conferenza stampa la procuratrice di Bergamo, Maria Cristina Rota. “Lui chiedeva di sospendere perché era provato e si è messo a piangere.”

Al termine dell’interrogatorio, Sangare avrebbe espresso rimorso dicendo di essere “dispiaciuto per quello che ho compiuto.” Tuttavia, il movente dell’omicidio rimane un mistero. Secondo la procuratrice Rota, non esiste un vero movente per l’omicidio: Sangare “non risulta appartenente ad alcun movimento religioso” e non sembra che conoscesse Sharon o avesse avuto contatti con lei. “La vittima poteva essere la signora Verzeni o chiunque transitava,” ha aggiunto la procuratrice. Prima di commettere il delitto, Sangare avrebbe minacciato due minorenni, senza però agire ulteriormente. A muovere Sangare, come ha confessato, è stato solo “l’impulso di accoltellare.”

La tesi del raptus è spesso invocata in casi di cronaca simili, ma in questo caso sembra spiegare ben poco. Molti psicologi ed esperti di salute mentale sostengono che un raptus non sia mai del tutto immotivato. Emi Bondi, presidente della Società Italiana di Psichiatria, ha dichiarato: “Dietro quello che lui (Sangare, ndr) chiama raptus ci possono essere tante motivazioni che lui nasconde a se stesso, che molto probabilmente non sa descrivere da solo. Motivazioni distorte dalla sua mente ma presenti. Sicuramente ha manifestato frustrazione, repressione, rabbia, senza essere capace di controllare le sue pulsioni emotive.” Oppure “è semplicemente una persona abituata a usare il linguaggio della violenza, come pare abbia già fatto con i suoi comportamenti aggressivi nei confronti della madre e della sorella.”

Parlare di raptus è prematuro, così come affermare che Sangare fosse affetto da problemi psichici e mentali. Certo è che il 31enne era stato denunciato per maltrattamenti verso la madre e la sorella, con episodi registrati da metà 2023 ai primi mesi del 2024. Vi erano state liti violente, minacce e spintoni, soprattutto con la sorella, e in un caso erano intervenuti anche i carabinieri. Il fascicolo a carico di Sangare, ancora pendente, era stato chiuso a luglio. Non è chiaro quando la violenza sia diventata parte della vita di Sangare, che non ha altre denunce per comportamenti aggressivi, ma nel cui passato ci sono episodi dolorosi come la morte del padre. “Era un bravo ragazzo, un ragazzo normale. Poi è andato a lavorare in Inghilterra,” ha detto il titolare di una pizzeria che conosceva l’indagato. Un altro giovane, che abita nella stessa palazzina, ha raccontato che al ritorno dall’Inghilterra Sangare era cambiato: “L’ho visto cambiare in quel momento. Adesso era completamente bruciato” e “con la famiglia non aveva buoni rapporti, li sentivo litigare tanto, anche alle tre o alle quattro di notte.”

Sangare dunque era cambiato, diventando aggressivo. In casa aveva una sagoma per esercitarsi a lanciare coltelli. Forse dietro la sua metamorfosi c’è anche il sogno infranto di sfondare nella musica. Aveva collaborato con Izi e Ernia, due rapper italiani, e voleva partecipare a X Factor. Non è ancora chiaro se Sangare avesse problemi di dipendenze o facesse uso di droghe. La procuratrice ha spiegato che durante le ore in caserma “non si è mai notato un atteggiamento che facesse supporre che il suo comportamento fosse alterato da alcolici o altre sostanze.” Quella sera, comunque, il 31enne era determinato a uccidere. Per assecondare il suo istinto, come ha raccontato agli inquirenti, è uscito da casa sua a Suisio, a pochi chilometri da Terno d’Isola, armato di quattro coltelli, motivo per cui la procura gli contesta l’aggravante della premeditazione.

Dopo l’interrogatorio, Sangare era “stanco, provato e molto dispiaciuto,” ha riferito all’Adnkronos il suo legale, Angelo Maj, nominato prima che l’uomo confessasse il delitto. “Fino ad adesso non mi pare si possa parlare di premeditazione,” ha aggiunto, “per quello che ho visto finora non pare esserci, poi bisogna vedere. Devo studiare gli atti e vedere tutto.” Il legale sta valutando anche la possibilità che il suo assistito abbia problemi psichiatrici.

“Adesso è tutto prematuro, ma viene subito il dubbio che qualcosa che non vada ci sia,” ha commentato. Sangare si è lasciato andare a un momento di pianto “probabilmente – ha ipotizzato il legale – quando si è reso conto” di quello che ha fatto.

Cronaca

Operazione dei Carabinieri a Molfetta: due arresti per detenzione e porto d’armi con aggravanti mafiose

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I Carabinieri della Compagnia di Molfetta hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di due persone, accusate di detenzione e porto di armi da fuoco, aggravati dall’utilizzo di metodi mafiosi. L’operazione, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Bari, si inserisce nell’ambito delle indagini relative all’omicidio di Antonia Lopez e ai tentati omicidi di quattro giovani avvenuti nella discoteca “Bahia Beach” di Molfetta, nella notte del 22 settembre 2024.

Secondo le ricostruzioni, l’episodio di sangue si è verificato a seguito di un violento confronto tra due gruppi di giovani, entrambi originari di Bari, con vecchie ruggini alle spalle. La situazione è degenerata rapidamente, culminando con l’estrazione di un’arma da parte di Michele Lavopa, già in custodia cautelare per il crimine, che ha aperto il fuoco nella discoteca gremita. Tra le vittime colpite, Antonia Lopez ha perso la vita, mentre gli altri quattro giovani hanno riportato gravi ferite.

Le indagini hanno rivelato che anche Eugenio Palermiti, una delle persone presenti nella discoteca e bersaglio degli spari, fosse armato quella notte. Dopo la sparatoria, l’arma di Palermiti è stata occultata e non è stata recuperata, ma ulteriori indagini hanno fatto emergere il suo coinvolgimento nella detenzione di altre armi da fuoco. Un’arma era stata introdotta diversi mesi prima in un altro locale notturno, il “Divinae Follie” di Bisceglie, con l’aiuto di complici e la compiacenza di alcuni addetti alla sicurezza.

Questo episodio è sintomatico di una preoccupante consuetudine tra alcuni giovani frequentatori di locali notturni nell’area barese, spesso legati a famiglie coinvolte in contesti criminali, di portare armi per affermare il proprio status e intimidire. Inoltre, desta allarme la facilità con cui le armi riescono a entrare in tali luoghi, eludendo controlli di sicurezza.

È importante ricordare che il procedimento è nella fase preliminare delle indagini e che la colpevolezza degli indagati sarà determinata nel corso del processo, dove potranno difendersi dalle accuse.

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Cronaca

Arrestato 34enne a Parma per tentata rapina e resistenza a pubblico ufficiale

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Nella notte, la Polizia di Stato di Parma ha arrestato un 34enne, cittadino svizzero domiciliato in città, per tentata rapina e resistenza a pubblico ufficiale. L’episodio si è verificato presso l’Ospedale Maggiore, dove l’uomo ha dato in escandescenze, aggredendo il personale medico e tentando di sottrarre l’arma a una guardia giurata.

L’intervento è stato richiesto dal personale sanitario, che si è trovato a fronteggiare un individuo violento. Al loro arrivo, gli agenti delle volanti hanno constatato che il 34enne aveva già aggredito la guardia giurata con un calcio nel tentativo di impossessarsi della sua pistola di ordinanza. Durante il tentativo di contenimento, l’uomo ha continuato a opporre resistenza, cercando di sottrarre l’arma anche a uno degli agenti intervenuti.

La situazione è stata monitorata in tempo reale dalla sala operativa della Questura grazie alle telecamere installate nel pronto soccorso, consentendo un intervento tempestivo di un secondo equipaggio. Dopo essere stato accompagnato in pronto soccorso a seguito di un malore, l’uomo ha nuovamente tentato di aggredire il personale medico.

Una volta riportata la calma, il 34enne, che risulta avere precedenti per danneggiamento, è stato arrestato e condotto presso le camere di sicurezza della Questura. Rimarrà lì in attesa del rito direttissimo, come disposto dall’Autorità Giudiziaria.

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Arrestato 34enne a Parma per tentata rapina e resistenza a pubblico ufficiale

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L’intervento è stato richiesto dal personale sanitario, che si è trovato a fronteggiare un individuo violento. Al loro arrivo, gli agenti delle volanti hanno constatato che il 34enne aveva già aggredito la guardia giurata con un calcio nel tentativo di impossessarsi della sua pistola di ordinanza. Durante il tentativo di contenimento, l’uomo ha continuato a opporre resistenza, cercando di sottrarre l’arma anche a uno degli agenti intervenuti.

La situazione è stata monitorata in tempo reale dalla sala operativa della Questura grazie alle telecamere installate nel pronto soccorso, consentendo un intervento tempestivo di un secondo equipaggio. Dopo essere stato accompagnato in pronto soccorso a seguito di un malore, l’uomo ha nuovamente tentato di aggredire il personale medico.

Una volta riportata la calma, il 34enne, che risulta avere precedenti per danneggiamento, è stato arrestato e condotto presso le camere di sicurezza della Questura. Rimarrà lì in attesa del rito direttissimo, come disposto dall’Autorità Giudiziaria.

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