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27 anni fa la morte di Lady Diana, gioielliere Repossi “Mito che faceva ombra a chi ne soffriva la presenza”
Il 31 agosto di 27 anni fa moriva a Parigi in un incidente d’auto la principessa Diana. “E’ passato oltre un quarto di secolo e negli anni, riflettendo sulla vicenda umana della principessa Diana, forse la cosa che mi ha più addolorato è stato vedere come la principessa venisse volutamente dimenticata un po’ alla volta, negli anni, sempre di più. Un modo, credo, per cercare di oscurare un’icona, un mito che faceva ombra a chi ne soffriva la presenza”, racconta nel libro biografico “Il Gioielliere della principesse” (Cairo editore, 240 pagg, 18 euro) il gioielliere Alberto Repossi che creò l’ultimo anello di Lady Diana. E la incontrò a Saint Tropez in quell’estate maledetta del 1997.
Intervistato dalla giornalista e inviata Royal del Corriere della Sera, Enrica Roddolo, Repossi ripercorre nel volume l’ultima estate della principessa del Galles: “Lei era bella, serena anche se non raggiante. Il più emozionato era Dodi, più emozionato persino di me che stavo prendendo le misure dell’anulare alla donna più desiderata al mondo. Per stemperare la tensione, quando Dodi è venuto poi a ritirare l’anello nella boutique di Place Vendôme, ricordo che provammo persino a scherzare sul nome della collezione, quel Dis-moi oui. E presi l’impegno del riserbo. Finché un giorno, a settembre, ricevetti una telefonata dal tabloid britannico The Sun, che aveva saputo dalla compagnia assicurativa dei Lloyds del gioiello”.
Fu l’inizio di un’avventura che ha proiettato Repossi al centro delle indagini di Scotland Yard e delle inchieste parigine e britanniche sulle ultime settimane della madre dei principi William ed Harry.
Repossi aggiunge che Diana è stata senza dubbio la personalità che più l’ha colpito nella sua vita lavorativa: “La sua era stata una storia d’amore che nel volgere di una notte maledetta era diventata una tragedia greca, di proporzioni planetarie. E la cosa alla quale continuavo a pensare era che la donna più mediatica del mondo in quel momento avesse scelto un modello Repossi”.
Il gioielliere testimone dell’ultimo scampolo di vita della principessa racconta nella sua biografia come avesse quindi accettato di andare a Londra, al cospetto di Scotland Yard “che passò in rassegna il lavoro della fabbrica, i dipendenti, i documenti doganali… e tutto confermava l’effettiva lavorazione e consegna dell’anello”.
Alla domanda di Roddolo su che fine avesse fatto poi l’anello dopo l’incidente, il gioielliere che ha lavorato per tutte le corti reali oltreché per noti imprenditori come i Ferrero, è netta: “Non si sa. La Polizia francese mi disse che gli oggetti personali di Lady D furono dati alla sorella. Non so se c’era l’anello…”. E aggiunge: “Anni dopo ho incontrato il principe Carlo per un evento De Beers: fu uno scambio molto cordiale. E sono rimasto in contatto per anni con la fondazione della principessa per bloccare il proliferare di copie “pirata” dell’anello, l’anello della principessa dei cuori. Per rispetto nei confronti della principessa, di quella tragedia consumatasi in una notte d’estate, annullammo tutte le campagne pubblicitarie di quell’anello, che fu immediatamente ritirato dalle vetrine delle nostre boutique: non si trovava più in distribuzione. Cancellammo anche dalla produzione la collezione Dis-moi oui. Anche se ovviamente ci arrivarono molteplici solle[1]citazioni a sfruttare l’occasione, in Giappone per esempio, rifiutammo tutte le proposte di nuove collaborazioni e collezioni ispirate all’anello entrato ormai nell’immaginario del mondo perché legato a quella sventura. Non volevamo lucrare su quell’atroce incidente, volevo solo dimenticare il dolore di quel risveglio, la mattina del 31 agosto, con la notizia della morte di Diana”.Repossi in effetti per anni si è sottratto alle curiosità della stampa, e solo adesso racconta tutta la sua verità nel libro “Il Gioielliere delle principesse”. “Non mi sono mai pronunciato sulla tragedia sotto il ponte dell’Alma, non era mai stato il mio ruolo, se non di testimone su quello che era successo alla Maison, e penso che la famiglia reale non ci ritenne capaci di approfittare di quella tragedia. Ne avemmo conferma quando, nel 1999, partecipammo come co-sponsor alla sfilata con Versace, a Londra, sotto l’egida di SAR il principe Carlo”. Non solo, la Maison Repossi come racconta nel libro il gioielliere, “ha sempre avuto un rapporto di collaborazione con la Fondazione Princesse Diana che lavorava per ostacolare lo sfruttamento a fini di lucro dell’immagine della principessa e il commercio di copie di prodotti legati al mito di Diana”.
Anche se i ripetuti interrogatori di Scotland Yard sul caso Diana hanno lasciato un segno indelebile su Repossi: “Quando fui richiamato per la terza volta quello che seguì fu per me uno dei colloqui più kafkiani della mia esistenza: in breve mi si informava della chiusura dell’inchiesta e, per quanto riguardava la nostra Maison, avevano capito che eravamo una società nobile e attendibile. Mi dissero che in effetti avevano controllato tutte le intercettazioni telefoniche (che Mohamed Al Fayed aveva richiesto inutilmente in copia, anche tramite la giustizia) ma avevano avuto dei problemi con l’Hôtel Ritz di Parigi perché vi erano troppe linee e non poterono assicurarsi una copertura al cento per cento. Un’ammissione che trovai a dir poco incredibile…”.
Ma come fu che l’ultimo anello della principessa fu acquistato proprio presso la maison Repossi di Place Vendome a Parigi? “Con Mohammed Al-Fayed padre di Dodi amico dell’ultima stagione della principessa, ci eravamo conosciuti molto prima dell’anello della Maison Repossi voluto da Dodi per Diana. Quando aprimmo la boutique in Place Vendôme, ci ritrovammo dirimpettai del Ritz di proprietà di Al Fayed (lo aveva acquistato nel 1979). Al Fayed sapeva di essere per noi un cliente di riguardo per l’acquisto dei gioielli. Uno scambio di cortesie: il Ritz ci accordava uno sconto per i nostri soggiorni ed eventi, e Al Fayed sapeva che avrebbe avuto lo stesso trattamento di favore quando si discuteva il prezzo dei gioielli che avrebbe acquistato”.
-foto Agenzia Fotogramma –
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Scuola, Valditara “Guardare indietro per costruire un futuro solido”
MILANO (ITALPRESS) – “Il segreto è guardare indietro per andare verso il futuro: e se non abbiamo la consapevolezza di chi siamo, da dove veniamo, quali sono i valori elaborati dalla civiltà occidentale non potremo costruirci un futuro solido, rischiamo il porto delle nebbie. Noi abbiamo investito risorse importanti nella digitalizzazione, nell’intelligenza artificiale, nel 2023 abbiamo approvato le nuove linee guida sulle materie Stem. Ma in una società dove l’intelligenza artificiale sta diventando così centrale, se non si ha la consapevolezza dei grandi valori dell’umanesimo rischiamo l’anonimizzazione: non sarà certo il robot a ispirare le grandi scelte strategiche e la convivenza tra le persone”. Così il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ai microfoni di Radio Libertà, parlando delle recenti indicazioni sui programmi scolastici.
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(ITALPRESS).
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Morto a 78 anni David Lynch, regista visionario
ROMA (ITALPRESS) – E’ morto all’età di 78 anni il regista e sceneggiatore David Lynch. La notizia è riportata dalla rivista Variety che cita un post Facebook della famiglia: “”C’è un grande buco nel mondo ora che non è più con noi. Ma, come diceva lui, ‘Tieni d’occhio la ciambella e non il bucò”. Lynch rivelò nel 2024 che gli era stato diagnosticato un enfisema dopo una vita passata a fumare, e che probabilmente non sarebbe più stato in grado di uscire di casa per dirigere.
Nato a Missoula, nel Montana, il 20 gennaio del 1946, David Keith Lynch è stato uno dei registi tra i più acclamati, importanti e influenti del suo tempo. Con il suo stile visionario, Lynch aveva rivoluzionato il linguaggio del cinema e della televisione. Nei suoi lavori si fondono elementi di horror, film noir, giallo e surrealismo tessendo racconti non dissimili da quelli di Luis Buñuel, che procedevano con una logica impenetrabile. Nato come pittore, le sue opere sono esposte in musei e gallerie d’arte come il Museum of Modern Art di New York e la Pennsylvania Academy of the Fine Arts di Filadelfia. Successivamente entra nel mondo del cinema divenendo regista, sceneggiatore e produttore, spesso anche nel ruolo di montatore, scenografo, progettista del suono e attore nei suoi stessi film. Tra le pellicole più famose “The Elephant Man”, “Velluto blu” e “Mulholland Drive”, per le quali ricevette la nomination al Premio Oscar per la regia, e “Cuore selvaggio”. Lynch ha anche ricevutio il Leone d’oro alla carriera durante la 63ma Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, per “Inland Empire – L’impero della mente” nella sezione fuori concorso. Nei primi anni Novanta fu la principale mente creativa della serie “I segreti di Twin Peaks”, divenuto un fenomeno culturale dall’enorme impatto mediatico. Nell’ottobre del 2019 venne premiato con l’Oscar alla carriera. Lynch è stato sposato quattro volte: con Peggy Lentz, da cui ha avuto una figlia, con Mary Fisk, dalla quale ha avuto un figlio, con Mary Sweeney, anche con lei ha avuto un figlio, e con Emily Stofle con la quale ha avuto una figlia.
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-Foto: Agenzia Fotogramma-
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Sicurezza, Piantedosi “Preoccupa aggressività dei manifestanti”
ROMA (ITALPRESS) – “La preoccupazione dev’essere uno dei principali fondamenti del lavoro che faccio. Devo dire che si fonda anche, non solo adesso, su questa vicenda della tragedia che ha riguardato il giovane Ramy, ma anche tutte le altre rivendicazioni che avevano preceduto un pò le manifestazioni di piazza degli scorsi mesi, dove al variare delle motivazioni si era registrato comunque una tendenza dei manifestanti a essere molto aggressivi soprattutto nei confronti delle forze di polizia. Quindi questo è sicuramente un elemento di preoccupazione”. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ospite di “Dritto e Rovescio” su Retequattro.
I 273 agenti feriti nelle manifestazioni del 2024, per il ministro “sono numeri di un certo significato, soprattutto se messi in relazione al numero che riguarda la crescita complessiva di circa il 10% delle manifestazioni che si sono svolte nel 2024. Mi piace e mi consente di sottolineare che questo è un dato che contraddice anche alcune cose che si erano dette in passato, che questo Governo fosse in qualche modo portato a comprimere la libertà di manifestazione del pensiero. Noi segnaliamo invece una decrescita del numero in percentuale delle manifestazioni che fanno rilevare una certa criticità – ha concluso Piantedosi – Quindi vuol dire che a minore criticità si è registrato un aumento in percentuale di casi in cui si è visto le forze dell’ordine come obiettivo prioritario dei manifestanti”.
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