Economia
La Cina sfrutta la crisi dell’automotive Europea e registra un boom di vendite
Il comparto automobilistico europeo sta affrontando un periodo difficile, e i principali gruppi automobilistici del continente, come Volkswagen e Stellantis, sono testimoni di questa crisi. In un contesto politico ed economico complesso, un nuovo protagonista si fa sempre più spazio: la Cina. Il gigante asiatico, infatti, ha ormai consolidato la sua posizione di leader nella produzione di auto elettriche, sfruttando i problemi dell’industria automobilistica europea.
La Commissione europea ha preso atto di questa situazione e ha deciso di intervenire, utilizzando l’arma dei dazi per limitare l’ingresso nel mercato europeo dei veicoli cinesi di ultima generazione, soprattutto quelli elettrici, che beneficiano di ingenti sussidi statali.
Guardando i dati relativi alla produzione e immatricolazione di veicoli sia nell’Unione Europea che in Cina, emerge un netto divario tra i due mercati. Nel 2023, l’Unione Europea ha prodotto solo 12 milioni di autoveicoli, ovvero circa la metà della sua capacità produttiva teorica di 21 milioni. D’altra parte, la produzione cinese ha superato i 30,16 milioni di veicoli, con un aumento dell’11,6% rispetto all’anno precedente. Anche le vendite totali di veicoli hanno raggiunto oltre 30,09 milioni di unità, secondo i dati della China Association of Automobile Manufacturers (CAAM).
Il settore delle auto elettriche è uno dei principali motori della crescita cinese. Grazie ai salari relativamente bassi e agli enormi sussidi statali, la produzione di auto in Cina costa molto meno rispetto ai concorrenti europei. Inoltre, la Cina domina la filiera delle materie prime necessarie per la produzione delle batterie, un altro fattore che la rende estremamente competitiva nel mercato delle auto elettriche.
Nel solo mese di novembre 2023, la Cina ha registrato un vero e proprio boom nelle vendite di veicoli elettrici, con un aumento del 51% su base annua, per un totale di 1,46 milioni di unità vendute. Questo segna anche un incremento del 6% rispetto al mese precedente. Le case automobilistiche cinesi, come BYD e Geely, sono state protagoniste di questo successo, con rispettivamente 504.003 e 122.453 auto elettriche vendute. Solo Tesla, con la sua filiale cinese, si è classificata quinta con 78.856 unità vendute nel mese.
I veicoli cinesi stanno trovando una crescente domanda anche nei mercati esteri. In particolare, le esportazioni verso la Russia sono aumentate in modo significativo, con una crescita delle vendite del 109% negli ultimi due anni. Al contrario, le esportazioni di auto cinesi verso gli Stati Uniti sono diminuite del 23% nello stesso periodo, evidenziando come la Cina stia cercando di diversificare i suoi mercati di esportazione.
La Cina sta perseguendo una strategia chiara per espandere la propria quota di mercato globale, in particolare nel settore delle auto elettriche. Nel 2023, quasi il 60% delle nuove immatricolazioni di veicoli elettrici a livello mondiale è avvenuto in Cina, seguita dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti. Questo dato riflette come il Paese asiatico non solo stia conquistando il mercato interno, ma stia anche ampliando la sua influenza a livello internazionale.
Di fronte a questa espansione della produzione di auto cinesi, l’Europa ha risposto con misure protezionistiche. La Commissione Europea ha infatti deciso di imporre dazi sui veicoli elettrici cinesi, con l’obiettivo di tutelare l’industria automobilistica del continente e limitare l’ingresso nel mercato di auto che beneficiano di sussidi pubblici. Questo è un passo significativo per evitare che le case automobilistiche cinesi invadano il mercato europeo con veicoli a basso costo, minacciando le produzioni locali.
In un periodo di incertezze politiche ed economiche, la Cina sta sfruttando a suo favore le difficoltà che il settore automobilistico europeo sta affrontando. Con la produzione di auto elettriche in costante aumento e un’ampia fetta di mercato globale sotto il suo controllo, la Cina si sta affermando come leader nel settore. Tuttavia, le misure da parte dell’Europa, come l’imposizione di dazi, potrebbero rappresentare una risposta alle preoccupazioni riguardo alla competitività delle case automobilistiche europee. Il futuro dell’industria automobilistica mondiale sembra destinato a vedere un crescente confronto tra l’Europa e la Cina, con la questione della mobilità elettrica come campo di battaglia centrale.
Economia
Uila, un progetto per la sicurezza dei lavoratori dell’agroalimentare
“La tutela della salute e sicurezza dei lavoratori del settore agroalimentare è strettamente connessa con la tutela dei consumatori, dell’ambiente e della legalità. L’assunto da cui siamo partiti è che non esiste cibo di qualità senza una produzione e un lavoro di qualità”. Lo ha affermato Alice Mocci, segretaria nazionale Uila con delega alla sicurezza, illustrando, oggi a Latina, il progetto “La Campagna dei diritti: salute e sicurezza nell’agroalimentare” alla presenza di numerosi delegati, rappresentanti sindacali e delle organizzazioni agricole locali. Ideato dalla Uila-Uil in collaborazione con l’Ital-Uil, il progetto che partirà a gennaio 2025 e vedrà coinvolto anche il Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (DiMeila) dell’Inail, ha l’obiettivo di promuovere e migliorare la tutela della salute e la sicurezza per i lavoratori del settore agroalimentare.
“Il progetto prevede un focus particolare sui lavoratori migranti, che a causa di mancanza di formazione adeguata e di scarse competenze linguistiche, sono più esposti di più ai rischi e agli infortuni”, ha spiegato Mocci, rilanciando l’esigenza di trovare una soluzione per tutti quei lavoratori entrati, in Italia regolarmente con i precedenti decreti flussi, sono rimasti incastrati in un sistema contraddittorio che li ha trasformati da lavoratori necessari a lavoratori fantasma, solo perchè non rientrati nelle quote di conversione dei permessi. “Quella che dobbiamo portare avanti è una battaglia di civiltà perchè è evidente che lì dove non c’è regolarità e non ci sono contratti di lavoro anche la salute e sicurezza sono messe a repentaglio”.
Il progetto si articola in quattro fasi strettamente integrate fra loro: l’ascolto/informazione, la ricerca sul campo, attraverso la rilevazione e misurazione scientifica, con strumenti innovativi, dei rischi legati alle diverse attività lavorative, oltre alla formazione anche dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls). I risultati della ricerca scientifica saranno poi divulgati a luglio con l’obiettivo di offrire una maggiore conoscenza dei rischi professionali e delle malattie che possono derivarne, individuando gli interventi che le aziende possono attivare per prevenirle.
La presentazione, presieduta da Michele Tartaglione, segretario nazionale Uila, è stata arricchita dagli interventi del segretario regionale della Uil del Lazio Alberto Civica e di Giuliano Zignani, presidente Ital-Uil, Giovanna Tranfo, direttore DiMeila Inail ed Elio Munafò, Comitato tecnico scientifico Ital-Uil. Sono, inoltre, intervenuti Guglielmo Loy, presidente Consiglio indirizzo e vigilanza Inail, secondo cui “il salto di qualità deve essere fondato sul riconoscimento del dialogo sociale e della contrattazione sulle materie della sicurezza e salute che impegnano imprese e lavoratori”, Ivana Veronese, segretaria confederale, che ha sottolineato l’importanza del sindacato nel ricercare occasioni concrete di azioni che possano cambiare in meglio la situazione delle lavoratrici e dei lavoratori; Santo Biondo, segretario confederale, che ha evidenziato l’impegno del sindacato nel migliorare il decreto flussi nel tentativo di superarlo e contrastare una narrazione sbagliata dell’immigrazione. Giorgio Carra e Antonio Biagioli hanno portato la loro esperienza rispetto ai problemi esistenti sui rispettivi territori di Latina e Viterbo con i lavoratori stranieri.
“Con questo progetto vogliamo ribadire che la tutela della buona occupazione, gli investimenti iper la difesa della salute e sicurezza sul lavoro, devono diventare un fattore strategico dell’eticità delle nostre produzioni Made in Italy” ha dichiarato la segretaria generale Enrica Mammucari (nella foto) ricordando che “spesso le parti sociali hanno anticipato attraverso la contrattazione collettiva il legislatore individuando risposte concrete finalizzate alla promozione della cultura della prevenzione, anche grazie alla bilateralità di settore”. “La storia del sindacato in agricoltura è una storia di evoluzione di diritti e miglioramento delle condizioni di vita e lavoro dei lavoratori e delle lavoratrici ed è per questo che oggi dinanzi a forme di sfruttamento che ricordano scene del ‘900, ancora più incisiva deve essere l’iniziativa di tutte le parti sociali nel chiedere con determinazione alle istituzioni di contrastare l’illegalità lungo tutta la filiera. A questo studio di fattibilità sono interconnessi diversi obiettivi: più informazione e formazione, più sperimentazione di buone prassi, più trasparenza nel mercato del lavoro, più inclusione dei lavoratori migranti. Siamo convinti” ha concluso Mammucari “che per vincere le sfide che abbiamo davanti sia necessario un coinvolgimento delle parti sociali in tema di politiche attive in modo da diventare coprotagonisti di una grande “campagna dei diritti!”.
– foto: Agenzia Fotogramma –
Economia
Furlan (Uilca) “Il settore del credito è centrale, Governo cambi rotta”
“Come Uil abbiamo fatto uno sciopero generale con la Cgil perchè la manovra, complessivamente, è contraria per molti motivi a ciò che vogliamo: ovvero, un Paese che metta al centro la giustizia sociale, l’attenzione ai più deboli, un’equa distribuzione della ricchezza e il rinnovo dei contratti con la detassazione degli aumenti. Noi chiediamo che il Governo cambi rotta completamente: crediamo che del nostro settore la politica si occupi troppo poco: non si coglie che il settore del credito è centrale per la vita del Paese”. Lo dice in un’intervista all’Agenzia Italpress il segretario generale Uilca, Fulvio Furlan, sottolineando che in seno al Governo, davanti a operazioni come l’Offerta pubblica di scambio lanciata da UniCredit su BancoBpm, si facciano però “affermazioni un pò avventate, tipo sostenere che Unicredit non è italiana, mentre noi abbiamo lavorato per anni perchè Unicredit consolidasse la sua italianità e con questo management ciò sta avvenendo. Dire certe cose mette in dubbio un lavoro che è stato fatto e che impatta sulla vita e il lavoro di migliaia di persone”.
In merito alla questione Unicredit-Banco Bpm, “non facciamo mai il tifo per una banca o per un’altra, e nemmeno per le aggregazioni in sè: però come sindacato – osserva Furlan – riteniamo che sia indispensabile che operazioni societarie di questa portata debbano avere una finalità industriale, una logica di continuità aziendale e di sviluppo delle aziende, in modo che non vengano negate le identità che si fondono, ma siano funzionali a costruirne una più virtuosa. E’ necessario inoltre che si metta al centro la tenuta occupazionale e il bene delle persone che lavorano in banca. Non so come finirà questa vicenda, ma faremo un presidio fortissimo dal punto di vista sindacale per capire come e se si realizzerà questa situazione e per gestire i passi successivi nel caso l’operazione si concludesse: per noi è fondamentale che venga salvaguardato il ruolo centrale delle banche; ma è fondamentale anche che le persone che lavorano in banca non abbiano penalizzazioni per scelte societarie che possano essere da parte di qualcuno vissute solo come logica finanziaria; devono avere invece una logica industriale”.
Dal ricambio generazionale a quello del benessere lavorativo fino alla “desertificazione bancaria”: per la Uilca sono tanti i temi al centro della propria azione. “Noi crediamo che ci sia necessità, come detto con il rinnovo del Contratto nazionale, di migliorare la qualità della vita dei lavoratori e ridurre le pressioni commerciali, anzi azzerarle se possibile – sottolinea Furlan -. L’obiettivo è ridurre i carichi di lavoro e dare tutta una serie di strumenti che facciano lavorare meglio le persone e allo stesso tempo rispondano al crescente stress da lavoro correlato che colpisce la categoria e diano anche la possibilità di vivere di più la loro dimensione come persone, con più tempo libero e vicini alle famiglie. Per questo – continua – abbiamo inserito nel contratto una serie di strumenti per la conciliazione tempi vita-lavoro, la riduzione dell’orario di lavoro: per fare questo serve però anche un adeguato livello occupazionale. Crediamo che se le banche fanno uscire personale, questo personale deve essere sostituito con l’ingresso di giovani, in modo che i livelli occupazionali rimangano gli stessi”.
Su questo tema, precisa, “abbiamo inserito degli strumenti nel Contratto nazionale, come la staffetta generazionale e l’aumento del fondo per l’occupazione”.
Quello della desertificazione bancaria “è un problema che riguarda tutti: ha aspetti di legalità, di mancanza di servizi che colpisce soprattutto i più deboli, ha aspetti che riguardano la mancanza di soggetti come le banche che favoriscono lo sviluppo economico”. Da qui la campagna “Chiusura filiali? No, grazie” promossa da Uilca. “Far parlare i cittadini e le istituzioni è un modo per convincere le banche a cambiare rotta: capiamo che fanno ragionamenti di natura economica, ma devono anche recuperare il loro ruolo sociale – sottolinea Furlan -. Credo che abbiamo raggiunto un buon risultato, ora di desertificazione si parla di più, e siamo riusciti anche a fare aprire un tavolo di lavoro al Cnel, al quale partecipano Anci, Conferenza delle Regioni, Abi e organizzazioni sindacali: un luogo di dibattito per delle proposte che, com’è nella natura del Cnel, possono essere tramutate in legge per favorire un cambio di rotta, considerando le esigenze di tutti”.
– foto Italpress
Economia
Spese di Natale, per 1 italiano su 5 budget fino a 500 euro #2
Siamo ormai entrati nel cuore del clima natalizio. Un periodo con un’atmosfera particolare in cui case, strade e città si riempiono di luci, addobbi e decorazioni, ma anche un momento per passare del tempo con le persone più care e dedicare loro un piccolo pensiero. Tra pranzi, cene, regali e tanto altro, complessivamente, la metà degli italiani dichiara di mantenere sostanzialmente invariato il livello di spesa rispetto agli anni precedenti, con un budget che, nel 27% dei casi, varia tra i 100 e i 300 euro e circa 1 italiano su 5 si spinge, invece, fino a 500 euro. I regali più gettonati destinati ad amici e parenti riguardano in particolare i generi alimentari come cesti, vini e altre specialità enogastronomiche e i prodotti di abbigliamento. Non mancano, poi, i giocattoli destinati ai più piccoli o un buon libro per i più grandi. Nonostante viviamo in un mondo che va sempre più veloce, dove la tecnologia permette di ricevere i propri acquisti direttamente a casa anche nel giro di poche ore, nello specifico degli acquisti natalizi i negozi fisici prevalgono ancora su quelli online. Un modo per toccare con mano e vivere a pieno l’esperienza natalizia e godersi le luci, i colori e i profumi della città.
Dati Euromedia Research – Realizzato il 03/12/2024 con metodologia CATI/CAWI su un campione di 1.000 casi rappresentativi della popolazione italiana maggiorenne
– foto Euromedia Research –
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