Politica
Lega rilancia la “rottamazione quinquies” delle cartelle esattoriali
La Lega non arretra sulla proposta di “rottamazione quinquies” delle cartelle esattoriali e ripropone l’emendamento sotto forma di proposta di legge, con l’intenzione di avviarne l’iter a gennaio. L’iniziativa prevede un piano di pagamento articolato in 120 rate uguali spalmate su 10 anni, con la possibilità di saldare solo il capitale, senza interessi né sanzioni.
L’idea era già stata inserita nella manovra economica, ma era stata accantonata su invito del ministero dell’Economia. Ora il partito guidato da Matteo Salvini punta a riproporla con forza, sostenendo che rappresenti un aiuto concreto per famiglie e imprese in difficoltà.
Nel frattempo, la manovra finanziaria entra nel vivo dei lavori in commissione alla Camera, dove si discute una ventina di emendamenti avanzati dai ministeri. Tra le principali misure sul tavolo ci sono i 750 milioni destinati al fondo per il settore automotive e un emendamento per la privatizzazione dell’acqua pubblica, tema che potrebbe innescare tensioni politiche. Inoltre, si studia un intervento sul sistema di payback sanitario.
Le opposizioni, dal canto loro, lavorano a una strategia comune, cercando di portare avanti temi come lo psicologo scolastico, la stabilizzazione dei ricercatori precari e l’estensione del congedo di paternità. Tuttavia, la trattativa è complicata dalla scarsità delle risorse disponibili.
I prossimi giorni saranno decisivi per capire quali proposte troveranno spazio in una manovra che dovrà conciliare le esigenze della maggioranza con la pressione delle opposizioni e i vincoli di bilancio.
Politica
Approvato il ddl Lavoro: semplificazioni burocratiche e nuove polemiche sindacali
Con 81 voti favorevoli, 47 contrari e un’astensione, il Senato ha dato il via libera definitivo al disegno di legge sul Lavoro collegato alla Manovra. Il provvedimento, già approvato alla Camera il 9 ottobre scorso, è ora legge, introducendo misure volte a semplificare adempimenti burocratici, migliorare la sicurezza nei luoghi di lavoro e garantire maggiore flessibilità salariale.
Il testo, frutto di uno stralcio del Collegato Lavoro, ha come obiettivo dichiarato quello di ottimizzare le condizioni operative nei contesti lavorativi e di offrire tutele migliorate ai lavoratori, inclusi i liberi professionisti. Durante l’iter parlamentare, nessun emendamento proposto in Aula o in Commissione è stato accolto, aspetto che ha sollevato forti critiche da parte dei sindacati e delle opposizioni.
Le organizzazioni sindacali hanno espresso profonda insoddisfazione per il mancato dialogo e confronto durante la discussione parlamentare. La segretaria confederale della Cgil, Maria Grazia Gabrielli, ha accusato il governo di ignorare le istanze dei rappresentanti dei lavoratori, affermando che il ddl peggiora le condizioni di milioni di persone e rappresenta una negazione del dialogo sociale.
Dello stesso parere Ivana Veronese, segretaria confederale della Uil, che ha definito l’iter del provvedimento “incredibile” e ha ribadito la contrarietà del sindacato in ogni sede, dalle audizioni parlamentari alle piazze. Secondo Veronese, la legge favorisce in maniera eccessiva le imprese, aumentando la precarietà in un mercato del lavoro già caratterizzato da instabilità. Citando dati Inps, ha evidenziato come oltre l’80% dei nuovi contratti attivati siano temporanei, sottolineando la mancanza di misure efficaci per contrastare questa tendenza.
L’approvazione del ddl segna un punto fermo nell’agenda del governo, ma lascia sul tavolo un dibattito acceso. Se da un lato si punta a una semplificazione normativa e a una maggiore flessibilità operativa, dall’altro resta vivo il timore che queste misure possano tradursi in un aumento della precarietà e in una riduzione delle garanzie per i lavoratori. I prossimi mesi saranno cruciali per valutare gli effetti concreti delle disposizioni introdotte.
Politica
Archiviato Grillo si guarda al futuro del M5S
Il Movimento 5 Stelle archivia per sempre la stagione di Beppe Grillo. Dopo la ripetizione del voto sulle modifiche allo statuto, così come era stato richiesto dallo stesso fondatore e garante, una maggioranza ancora più larga rispetto alla prima votazione ha confermato la scelta di abolire il suo ruolo con l’80,56% dei voti a favore, rispetto al 63,24% della prima votazione nel corso dell’assemblea nazionale Nova. L’appello di Grillo a disertare il voto, per far mancare il quorum del 50% più uno degli aventi diritto, è stato de tutto disatteso dalla comunità pentastellata e, anzi, la partecipazione è stata più numerose della precedente tornata di consultazione. Per i quesiti relativi alle modiche dello statuto, infatti, hanno votato 58.029 iscritti, pari al 64,90% degli aventi diritto, circa 4mila iscritti in più. Confermati anche gli delle altre votazioni statutarie ripetute.
“Questa – ha commentato Conte sui social – è l’onda dirompente di una Comunità che non conosce limiti e ostacoli, in cui tutti contano davvero. Ora si volta pagina. Il Movimento si rifonda sulle indicazioni arrivate con Nova dagli iscritti. Andiamo avanti con grande forza, con l’orgoglio di quel che abbiamo fatto, ma lo sguardo fisso nel futuro. Abbiamo una passione immensa e tante battaglie da fare tutti insieme per cambiare il Paese”. Il presidente del M5S ha dato poi appuntamento a oggi pomeriggio ale 16 agli iscritti per una diretta social, per nuove comunicazioni e rispondere alle loro domande. Da parte sua Grillo ha commentato in nottata sui social “Casomai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte”. La frase, così come la foto a corredo in cui “l’Elevato” è raffigurato in cielo, in cima a delle scale, con le braccia aperte e una porta spalancata alle sue spalle, richiama al film “The Truman Show”. Ora resta aperta la strada del contenzioso legale sul simbolo e quella di una scissione, ipotesi che però Conte ha detto di sentirsi di smentire.
-Foto: Agenzia Fotogramma-
Politica
Crosetto “Con nuovo contesto più potere a Erdogan, quadro peggiora”
Con la caduta di Assad “si apre una transizione difficile e piena di incognite: da un lato, ribelli vittoriosi già spaccati in fazioni, dall’altro la volontà di ripristinare un sistema democratico. Ma anche divisioni nel mondo arabo, estremisti che si odiano tra loro, tensioni sui confini: Libano, Iraq, Israele, Arabia Saudita, che non è confinante ma vicina e Turchia”. Così il ministro della Difesa, Guido Crosetto, in un’intervista a La Stampa, per il quale “questo contesto regala potere a Erdogan. Un pragmatico. Potrebbe non accontentarsi più di aiuti economici, ma sfruttare la fragilità Ue per puntare all’ingresso in Europa. Per la Turchia, una rivoluzione: stabilità monetaria e prospettive enormi per l’industria, ma con un impatto negativo, di pari entità, sull’industria Ue”. Per quanto riguarda il Libano, dopo il collasso siriano, secondo Crosetto “è in condizioni disperate da tempo.
Col collasso della Siria e la crisi di Hezbollah, innescata dalla guerra di Israele il quadro peggiora. E noi dobbiamo difendere, senza mollare di un punto, la tregua a Sud o rischiamo scenari apocalittici”. Ecco perchè il ministro chiede di cambiare le regole d’ingaggio: “Non ci deve essere una sola arma di Hezbollah nella zona blu, o lo garantisce la coalizione Onu o Israele coi carri armati. Lo dico, inascoltato, da mesi, ma ora nessuno può più far finta di non vedere”. Infine, sulle polemiche legate al 2% del Pil per le spese militari, Crosetto chiosa: “L’Italia deve affrontare seriamente il tema e non nascondersi dietro presunti ‘obblighi’ perché lo chiede la Nato o Trump. Noi dobbiamo difendere l’Italia, preparati ad affrontare crisi anche dure”.
-Foto: Agenzia Fotogramma-
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