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Fitto verso Bruxelles, Meloni valuta l’interim per le deleghe agli Affari europei e Pnrr

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Raffaele Fitto si prepara a lasciare il governo per assumere un ruolo a Bruxelles, liberando la poltrona di ministro per Affari europei, Sud, Politiche di coesione e Pnrr. Una posizione cruciale, che la premier Giorgia Meloni sembra intenzionata a gestire direttamente, almeno temporaneamente, mantenendo l’interim delle deleghe.

Secondo fonti vicine a Palazzo Chigi, la strategia di Meloni prevede la redistribuzione delle competenze tra i sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari, evitando nuove nomine. In caso di un eventuale successore, questo arriverebbe esclusivamente da Fratelli d’Italia, senza coinvolgere gli alleati della coalizione.

La decisione avviene in un clima di tensioni crescenti tra Forza Italia e Lega. Un segnale del deterioramento dei rapporti è arrivato dalle dichiarazioni del portavoce nazionale di Forza Italia, Raffaele Nevi, che ha definito Matteo Salvini un “paraculetto” in un episodio poi ritrattato.

Con il Pnrr e i fondi europei al centro delle sfide politiche ed economiche, la gestione delle deleghe sarà una prova cruciale per Meloni, che sembra intenzionata a consolidare il controllo interno al governo e limitare le tensioni tra i partiti della coalizione.

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Landini: “Siamo di fronte a un tentativo di svolta autoritaria” – Sciopero generale a Bologna

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Maurizio Landini, segretario della Cgil, ha espresso preoccupazione riguardo al decreto sulla sicurezza attualmente in discussione in Parlamento, che secondo lui metterebbe in discussione diritti fondamentali come il diritto di sciopero. Durante un intervento a margine del corteo per lo sciopero generale a Bologna, Landini ha dichiarato che il decreto in questione rischia di criminalizzare attività come gli scioperi, i blocchi stradali e l’occupazione delle fabbriche, definendo questa proposta come una “svolta autoritaria” che minaccia la libertà di esistere e i diritti dei cittadini.

Landini ha sottolineato l’importanza della partecipazione collettiva per combattere le ingiustizie, evidenziando come la rivolta sociale debba essere vista come un impegno collettivo per cambiare la situazione attuale. “Il problema mio è il problema di tutti”, ha affermato, ribadendo che solo unendo le forze si può veramente sperare in un cambiamento.

Nel frattempo, migliaia di manifestanti, con bandiere, striscioni e fischietti, stanno partecipando al corteo che ha preso il via da Porta Lame, dirigendosi verso piazza Maggiore. Tra i partecipanti si trovano anche il segretario della Cgil e il presidente della regione Emilia-Romagna, Michele de Pascale. Il corteo ha provocato notevoli disagi al traffico in centro città.

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Crisi del cinema italiano: produzione ferma e migliaia di posti di lavoro a rischio

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Il cinema italiano sta affrontando una crisi senza precedenti, con il 66% delle produzioni bloccate nel 2024 e un 2025 che si preannuncia disastroso sul piano occupazionale. Le associazioni di categoria, i lavoratori e l’opposizione chiedono un intervento urgente al ministro della Cultura Alessandro Giuli per salvare il settore.

La situazione si è aggravata dopo una sentenza del Tar del Lazio che ha sospeso i decreti sui finanziamenti cinematografici, posticipando le decisioni a marzo 2025. Questa paralisi ha lasciato il comparto privo di risorse fondamentali, interrompendo il ciclo produttivo e costringendo molti professionisti a rivolgersi ad altri settori per sopravvivere.

Le associazioni denunciano il collasso imminente senza misure concrete: servono strumenti di sostegno al reddito, un sistema di welfare efficace e il recupero dell’anno contributivo. Le grandi produzioni internazionali stanno abbandonando l’Italia, preferendo paesi con regole chiare e incentivi funzionanti.

L’opposizione esorta il governo a intervenire immediatamente. M5S e PD chiedono al ministro di riferire in Parlamento e di adottare misure urgenti, mentre il blocco del Tax Credit è al centro delle critiche. “Serve un passo indietro immediato per salvare il cinema italiano”, affermano le forze politiche.

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Von der Leyen II: fiducia con record negativo, la Commissione parte divisa

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Ursula von der Leyen ha ottenuto la fiducia per il suo secondo mandato alla guida della Commissione europea, ma con un record negativo che evidenzia le divisioni interne al Parlamento europeo. La sua nuova squadra ha raccolto 370 voti favorevoli su 688 partecipanti, il risultato più basso di sempre per un presidente della Commissione. Un confronto significativo rispetto ai 461 voti che lei stessa aveva ricevuto nel 2019 o ai 510 che avevano sostenuto Romano Prodi in passato.

La votazione ha evidenziato un Parlamento frammentato, con perdite di consensi per von der Leyen da parte di una parte dei Verdi, di socialisti di diverse nazioni e persino di alcuni membri del suo Partito Popolare Europeo (PPE). Tuttavia, il supporto di Fratelli d’Italia e di una parte dei Conservatori e Riformisti ha contribuito a garantirle il risultato. Questo spostamento verso destra è stato criticato da esponenti come Nicola Zingaretti, del Partito Democratico italiano, che ha evidenziato come la Commissione risulti indebolita ogni volta che cerca il sostegno conservatore.

La delegazione italiana ha votato in modo frammentato. Forza Italia, Fratelli d’Italia e gran parte del Partito Democratico hanno sostenuto la Commissione, mentre il Movimento 5 Stelle, la Lega, Verdi e Sinistra italiana si sono opposti. Anche all’interno del Pd, due deputati indipendenti hanno votato contro.

Le tensioni che hanno preceduto il voto hanno messo in luce le difficoltà di von der Leyen nel costruire una maggioranza stabile. Le nomine di figure controverse come Raffaele Fitto, vicepresidente scelto per accontentare i popolari e i conservatori, e della socialista spagnola Teresa Ribera, che ha alienato una parte del PPE, hanno alimentato divisioni.

Nonostante ciò, von der Leyen ha dimostrato abilità politica nel negoziare compromessi, includendo un ex leader dei Verdi come consigliere per recuperare parte del loro sostegno. Tuttavia, l’avvio del nuovo mandato, che inizierà ufficialmente il primo dicembre, preannuncia un quinquennio segnato da sfide e turbolenze politiche, con una maggioranza parlamentare fragile e potenziali cambi di equilibri in vista.

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