Cronaca
Maxi operazione contro la ‘Ndrangheta a Roma: 25 arresti e sequestro di beni per 7 milioni di euro
Un’operazione coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma ha portato oggi all’arresto di 25 persone coinvolte in un vasto giro di frodi fiscali, riciclaggio e trasferimento fraudolento di fondi. Le indagini, condotte dai finanzieri del Comando Provinciale di Roma e dal Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (SCICO), hanno colpito un’associazione criminale legata alla cosca Mazzaferro di Marina di Gioiosa Jonica, in Calabria, accusata di aver messo in atto operazioni illecite per favorire i propri interessi economici e aggravare l’impatto sul sistema fiscale nazionale.
Tra gli arrestati, 7 sono finiti in carcere, 12 agli arresti domiciliari, mentre 6 sono stati sottoposti all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Le accuse nei loro confronti vanno dall’emissione di fatture per operazioni inesistenti, alla distruzione di documenti contabili, al riciclaggio, autoriciclaggio, fino all’indebita percezione di contributi pubblici.
Inoltre, è stato disposto il sequestro preventivo di beni per un valore di circa 7 milioni di euro, tra cui 5 società di capitali e 17 persone fisiche, tutte coinvolte in una serie di frodi carosello IVA. Le indagini hanno rivelato che la cosca operava utilizzando numerose imprese fittizie affidate a prestanome, al fine di realizzare truffe fiscali e reinvestire i guadagni illeciti nel settore della commercializzazione di carburante.
Questa operazione si inserisce in un ampio sforzo delle autorità italiane per contrastare la criminalità organizzata e le sue infiltrazioni nell’economia legale, con l’obiettivo di proteggere il sistema fiscale e garantire la legalità nel commercio di prodotti essenziali come i carburanti. Al momento, gli arresti sono ancora nell’ambito delle indagini preliminari, e gli indagati godono della presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva.
Cronaca
Sport | Altra ordinanza di custodia cautelare in carcere per il capo ultrà del Milan
Luca Lucci, noto capo ultrà della curva Sud del Milan, è stato nuovamente arrestato, questa volta nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Milano. L’indagine riguarda un’associazione criminale legata alla cosca della ‘ndrangheta dei Barbaro, accusata di aver importato e distribuito oltre due tonnellate di stupefacenti, tra cui cocaina, in Lombardia e Calabria.
Lucci, già coinvolto nell’inchiesta sul tifo organizzato milanese, è finito in manette nel maxi blitz del 30 settembre scorso, che ha visto coinvolti diversi esponenti delle curve di San Siro, sia del Milan che dell’Inter. L’inchiesta aveva messo in luce un fiorente giro di affari illeciti, tra cui estorsioni e violenze, che legavano gli ultras delle due squadre ai traffici di droga.
L’ultrà milanista è anche indagato per il tentato omicidio di un altro tifoso rossonero, Enzo Anghinelli, agguato avvenuto nel 2019, per il quale è stato recentemente arrestato il presunto vice di Lucci, Daniele Cataldo.
Nell’ambito della nuova indagine della DDA, i militari del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Pavia e del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata hanno eseguito oggi un’ordinanza di custodia cautelare che ha coinvolto 20 persone in totale, di cui 15 in carcere e 5 ai domiciliari. Gli arrestati sono accusati di far parte di un’associazione dedita al traffico di stupefacenti, con ramificazioni a livello nazionale e internazionale.
Le indagini hanno rivelato la struttura capillare dell’organizzazione, che operava in diverse zone del paese, ma soprattutto a Milano, dove l’obiettivo principale era la distribuzione di cocaina. Gli investigatori hanno sottolineato che l’organizzazione criminale era guidata da una figura che aveva preso il posto degli storici capi della Comasina, consolidando legami con i Barbaro di Platì e con i cartelli sudamericani, che gestiscono le rotte internazionali della droga.
L’arresto di Lucci e degli altri membri dell’associazione segna un altro importante passo nel contrasto al crimine organizzato e al traffico di stupefacenti, fenomeni che continuano a minacciare la sicurezza e l’integrità delle città italiane.
Cronaca
Termoli (CB) | Trovato con droga durante controllo stradale, arrestato in flagranza
Un’operazione dei Carabinieri ha portato all’arresto di un giovane 20enne e alla denuncia di una 19enne, entrambi residenti in provincia di Campobasso, con l’accusa di concorso in detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. L’incidente è avvenuto a Termoli, durante un normale servizio di controllo del territorio da parte del Nucleo Operativo e Radiomobile della locale Compagnia Carabinieri.
I militari, che stavano perlustrando la zona, hanno fermato un’autovettura con a bordo i due giovani, notando subito il loro evidente stato di nervosismo. Da qui è scattato il controllo, che ha incluso la perquisizione del veicolo. All’interno sono stati rinvenuti tre involucri di cellophane contenenti circa 82 grammi di hashish, oltre a un bilancino elettronico di precisione, strumento tipico utilizzato per il dosaggio delle sostanze.
Successivamente, sono state effettuate perquisizioni anche presso le abitazioni dei due sospettati, ma non sono stati trovati ulteriori elementi probatori. Il materiale sequestrato è stato sottoposto a sequestro penale e inviato agli uffici competenti per gli approfondimenti.
In base agli elementi raccolti, per il 20enne è scattato l’arresto, con la successiva detenzione agli arresti domiciliari, mentre la 19enne è stata denunciata a piede libero. Il caso ora è in fase di valutazione da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Larino.
Questo intervento dei Carabinieri conferma l’impegno costante delle forze dell’ordine nel contrastare il traffico di sostanze stupefacenti, un reato che resta una priorità per garantire la sicurezza e il benessere della comunità.
Cronaca
Udine | Polizia espelle cittadino pakistano socialmente pericoloso
Il caso di un trentenne straniero, proveniente dal Pakistan, ha attirato l’attenzione delle autorità italiane dopo una serie di vicende legate alla sua permanenza sul territorio nazionale. Arrivato in Italia nel 2016, l’uomo aveva inizialmente richiesto la protezione internazionale, ma le sue domande erano state respinte dalla Commissione competente. Nonostante i numerosi rigetti, lo straniero aveva continuato a rimanere in Italia, ottenendo diversi permessi di soggiorno temporanei per motivi di lavoro.
Nel corso degli anni, però, il suo comportamento ha sollevato preoccupazioni per la sua pericolosità sociale. I suoi precedenti penali, tra cui reati come spaccio di droga, rapina, resistenza a pubblico ufficiale e violenza, sono stati un fattore determinante nel procedimento che ha portato all’espulsione. Nonostante le richieste di collocamento in un Centro di Permanenza per i Rimpatri, l’indisponibilità dei posti ha ritardato l’attuazione dell’espulsione.
A seguito di un secondo decreto di espulsione emesso nel 2024, l’uomo è stato finalmente rintracciato nel centro di Udine e accompagnato dalle forze dell’ordine all’aeroporto. Dopo la convalida del provvedimento da parte del Giudice di Pace, l’uomo è stato imbarcato su un volo diretto in Pakistan, dove è arrivato la mattina successiva.
Questa vicenda sottolinea l’importanza delle procedure di controllo sull’immigrazione e della gestione dei casi legati alla sicurezza pubblica. In questo caso, l’espulsione si è conclusa positivamente dopo un lungo processo amministrativo e legale, ma evidenzia anche le difficoltà derivanti dalla carenza di strutture adeguate per la gestione dei rimpatri e il contrasto alla criminalità legata a reati di vario tipo.
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