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Cronaca

Sicurezza e tensioni a Scanzano: carabinieri all’ingresso della scuola media

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A Scanzano, frazione di Castellammare di Stabia, la scuola media “Salvati” torna al centro dell’attenzione per una vicenda che ha suscitato grande indignazione. In seguito all’aggressione di un gruppo di circa trenta genitori contro un’insegnante di sostegno, la preside dell’istituto, Donatella Ambrosio, ha richiesto la presenza delle forze dell’ordine per garantire un rientro sereno e sicuro degli studenti.

Stamattina, una pattuglia dei carabinieri presidierà l’ingresso della scuola. Questa misura è stata ritenuta necessaria per prevenire eventuali episodi di tensione o nuove escalation, dato il clima ancora teso attorno alla vicenda.

L’aggressione è avvenuta in un contesto scolastico delicato, con genitori che avrebbero accusato l’insegnante di comportamenti giudicati inappropriati nei confronti di un alunno. Tuttavia, il gesto collettivo di attaccare fisicamente un membro del personale scolastico ha suscitato un ampio dibattito, con molte voci che hanno sottolineato l’inaccettabilità di tali comportamenti.

La vicenda ha anche riacceso il tema della sicurezza nelle scuole, sia per quanto riguarda gli alunni che il personale, e del rispetto dei ruoli educativi.

La decisione della preside di coinvolgere i carabinieri riflette la necessità di riportare calma e serenità all’interno della comunità scolastica. È evidente che il caso ha avuto un forte impatto non solo sulla scuola, ma sull’intero quartiere. La presenza delle forze dell’ordine potrebbe essere interpretata come un messaggio chiaro: simili episodi non devono ripetersi.

Questo episodio mette in luce la fragilità di certi equilibri all’interno del sistema scolastico e l’urgenza di un dialogo tra istituzioni, famiglie e scuole per prevenire situazioni di violenza o incomprensione. Resta da vedere come evolverà il caso e se verranno intraprese ulteriori iniziative per ristabilire un ambiente sicuro e rispettoso per tutti.

Cronaca

Maxi operazione contro la ‘Ndrangheta a Roma: 25 arresti e sequestro di beni per 7 milioni di euro

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Un’operazione coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma ha portato oggi all’arresto di 25 persone coinvolte in un vasto giro di frodi fiscali, riciclaggio e trasferimento fraudolento di fondi. Le indagini, condotte dai finanzieri del Comando Provinciale di Roma e dal Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (SCICO), hanno colpito un’associazione criminale legata alla cosca Mazzaferro di Marina di Gioiosa Jonica, in Calabria, accusata di aver messo in atto operazioni illecite per favorire i propri interessi economici e aggravare l’impatto sul sistema fiscale nazionale.

Tra gli arrestati, 7 sono finiti in carcere, 12 agli arresti domiciliari, mentre 6 sono stati sottoposti all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Le accuse nei loro confronti vanno dall’emissione di fatture per operazioni inesistenti, alla distruzione di documenti contabili, al riciclaggio, autoriciclaggio, fino all’indebita percezione di contributi pubblici.

Inoltre, è stato disposto il sequestro preventivo di beni per un valore di circa 7 milioni di euro, tra cui 5 società di capitali e 17 persone fisiche, tutte coinvolte in una serie di frodi carosello IVA. Le indagini hanno rivelato che la cosca operava utilizzando numerose imprese fittizie affidate a prestanome, al fine di realizzare truffe fiscali e reinvestire i guadagni illeciti nel settore della commercializzazione di carburante.

Questa operazione si inserisce in un ampio sforzo delle autorità italiane per contrastare la criminalità organizzata e le sue infiltrazioni nell’economia legale, con l’obiettivo di proteggere il sistema fiscale e garantire la legalità nel commercio di prodotti essenziali come i carburanti. Al momento, gli arresti sono ancora nell’ambito delle indagini preliminari, e gli indagati godono della presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva.

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Cronaca

Operazione contro irregolarità e sfruttamento nelle aziende tessili del Trevigiano

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Un’operazione coordinata dalla Guardia di Finanza di Treviso ha portato alla scoperta di gravi irregolarità in quattro aziende tessili della provincia, situate tra i comuni di Quinto di Treviso e Preganziol. Grazie all’intervento congiunto di diversi enti, tra cui Vigili del Fuoco, S.P.I.S.A.L., Ispettorato del Lavoro e A.R.P.A.V., sono stati eseguiti controlli approfonditi in queste imprese, che operavano principalmente in base a commesse di aziende locali.

In due dei laboratori ispezionati, è stata riscontrata una situazione di totale degrado, con il coinvolgimento di due lavoratori irregolari e numerose violazioni alle normative urbanistiche, ambientali e sulla sicurezza. Le irregolarità sono state così gravi che le Fiamme Gialle hanno disposto il sequestro urgente degli immobili, dei macchinari e di altre attrezzature per un valore complessivo di 230.000 euro. Le aziende coinvolte sono state segnalate alla Procura di Treviso per violazioni in materia di sicurezza sul lavoro, prevenzione incendi, gestione dei rifiuti e costruzione di opere abusive.

Tra le violazioni riscontrate, i controlli hanno evidenziato pericoli gravi per la sicurezza dei lavoratori, come la presenza di macchinari privi di dispositivi di protezione e condizioni igieniche precarie. Inoltre, uno dei laboratori ispezionati è risultato avere stanze abusive, tra cui una adibita a camera da letto e una a cucina.

L’inchiesta ha inoltre svelato pratiche evasive da parte delle imprese, che avevano accumulato debiti tributari per circa 3 milioni di euro, spesso ricorrendo alla pratica dell’apertura e chiusura di aziende fittizie, trasferendo macchinari e personale da una società all’altra, senza mai pagare le imposte dovute.

Questa operazione si inserisce in un’azione di tutela del “Made in Italy” e della filiera produttiva dell’abbigliamento, settore di rilevanza strategica per l’economia della provincia di Treviso. L’obiettivo è contrastare chi opera in modo sleale, danneggiando le imprese che rispettano le normative e creando concorrenza scorretta sul mercato.

L’intervento della Guardia di Finanza è stato decisivo per smascherare queste pratiche illegali, tutelando così sia la sicurezza dei lavoratori che la qualità della produzione tessile italiana.

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Cronaca

Revocate 227 domande di Reddito di Cittadinanza a Palermo: frode per oltre 2 milioni di euro

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La Guardia di Finanza di Palermo ha concluso un’importante operazione volta a contrastare le frodi nel settore della spesa pubblica, portando alla revoca di 227 richieste di Reddito di Cittadinanza indebitamente percepite. Coinvolti 75 cittadini palermitani, che tra il 2019 e il 2023 hanno ottenuto complessivamente oltre 2,2 milioni di euro senza averne diritto.

L’indagine, condotta dal 2° Nucleo Operativo Metropolitano, ha preso avvio dall’analisi di un gruppo di soggetti già denunciati per aver richiesto l’indennità NASPI senza aver mai lavorato. I finanzieri hanno scoperto che, nonostante fossero sottoposti a procedimento penale per questo precedente illecito, i cittadini coinvolti avevano presentato ulteriori domande per il Reddito di Cittadinanza, ottenendo il beneficio.

La Guardia di Finanza ha segnalato le irregolarità all’INPS, che ha avviato il recupero delle somme indebitamente percepite. La normativa prevede infatti la decadenza del beneficio per chi non rispetta i requisiti richiesti, come stabilito dall’articolo 7 del Decreto Legge 4/2019.

Questa operazione evidenzia l’importanza del ruolo della Guardia di Finanza nella tutela delle risorse pubbliche e nel contrasto alle frodi assistenziali. L’obiettivo è garantire che i fondi destinati alle fasce più vulnerabili siano distribuiti equamente, evitando abusi che compromettono la coesione sociale e l’efficienza del sistema di welfare.

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