Attualità
Ccnl dirigenti industria, Confindustria-Federmanager firmano il rinnovo
ROMA (ITALPRESS) – E’ stato rinnovato oggi il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) per i dirigenti di aziende produttrici di beni e servizi con decorrenza 1° gennaio 2025 – 31 dicembre 2027. Il rinnovo del contratto prevede interventi su molte tematiche, tra cui l’ampliamento della definizione di dirigente, il miglioramento degli aspetti retributivi, il rafforzamento del sistema di welfare bilaterale con particolare attenzione alla parità di genere.
“Firmiamo oggi il contratto dei dirigenti nella convinzione che le imprese debbano crescere dimensionalmente e culturalmente avvalendosi dell’apporto fondamentale del management – dice Maurizio Marchesini, Vice Presidente di Confindustria per il Lavoro e le Relazioni Industriali -. Questo contratto compie un deciso passo avanti per accompagnare le imprese verso le transizioni: abbiamo aggiornato la figura del dirigente e consolidato il sistema di welfare. Il contratto rafforza la competitività dell’impresa attraverso temi importanti come la parità di genere e normalizzando l’idea che la retribuzione del dirigente debba essere commisurata ai risultati”.
“Da oggi la categoria manageriale può fare affidamento su un contratto nuovo, moderno, adeguato all’evoluzione della figura manageriale, in modo da ricomprendervi le professionalità di più alta qualificazione. Un contratto più forte, con maggiori tutele, con un crescente riconoscimento economico che, in definitiva, stringe il patto tra manager e imprese come elemento essenziale per la crescita del Paese”, dichiara il Presidente Federmanager, Stefano Cuzzilla.
La definizione di dirigente è stata ampliata al fine di recepire quanto già accade nelle imprese e comprendere anche le figure professionali di più elevata qualificazione e di esperienza tecnico professionale che realizzano in piena autonomia gli obiettivi dell’impresa.
Per gli aspetti retributivi, sono stati elevati i valori del trattamento minimo complessivo di garanzia (TMCG) a 80 mila euro per l’anno 2025 e a 85 mila euro dal 2026. A copertura dell’anno 2024 è stato previsto un importo “una tantum” pari al 6% del trattamento economico annuo lordo per i dirigenti che non abbiano percepito aumenti retributivi o compensi di altra natura dal gennaio 2019 (entro il limite di reddito di 100 mila euro).
Inoltre, è stata resa obbligatoria per tutti l’adozione di sistemi di retribuzione variabile collegati ad indici o risultati, il cosiddetto MBO, nell’ottica di orientare sempre più la prestazione dei dirigenti verso il raggiungimento di specifici obiettivi dell’impresa.
Il sistema di welfare bilaterale è stato valorizzato: in materia di previdenza complementare, il contratto è intervenuto sulla distribuzione delle quote di contribuzione al fondo Previndai con un aumento della quota minima a carico dell’impresa e un conseguente alleggerimento di quella a carico del dirigente. E’ stato riconfermato il ruolo determinante del FASI e della sanità integrativa.
Infine, sono state definite le funzioni di Fondirigenti a cui vengono attribuite anche le politiche attive del lavoro, mentre a 4.Manager viene affidata la promozione della cultura di impresa.
In materia di parità di genere, il contratto ha riservato una particolare attenzione al tema delle pari opportunità e dell’equità retributiva; un apposito articolo è dedicato alla tutela e al sostegno della maternità, della paternità e della genitorialità condivisa, consapevoli della valenza strategica per le imprese di operare secondo modelli organizzativi inclusivi.
– foto ufficio stampa Confindustria –
(ITALPRESS).
Attualità
Sommella “L’Europa delle troppe regole ha smesso di crescere”
ROMA (ITALPRESS) – “Il cittadino europeo oggi deve usare di più la capacità di pensiero per essere meno al verde”. Lo afferma Roberto Sommella, direttore di MF Milano Finanza, in un’intervista a Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress, sul suo ultimo libro “Al verde. Manifesto dei tempi moderni”.
“Prima di scrivere questo saggio ho letto tre importanti Manifesti: quello futurista, quello di Ventotene e quello del Partito Comunista. In tutti viene ipotizzato un mondo diverso da quello che si vive, un mondo in cui le contrapposizioni vengono risolte attraverso le idee e non attraverso la lotta armata: oggi cerchiamo ancora di risolvere i problemi sociali applicando l’ideologia del mercato”, sottolinea Sommella, che argomenta così la sua bocciatura al recente approccio dell’Europa nei confronti dell’economia: “Ritengo che l’errore sia stato costruire un sistema di regole convincendoci che il resto del mondo la pensasse come l’Europa: è finita che noi non cresciamo, mentre Stati Uniti e Cina sì”. Per il direttore di MF Milano Finanza una transizione ingiusta è “suicida. Abbiamo già creato un mondo in cui un’utilitaria elettrica costa 25 mila euro: parliamo di 20 stipendi di un operaio, nel momento in cui a quest’ultimo non è permesso comprare un’automobile cambia tutto il sistema di sviluppo”.
Fondamentale secondo il giornalista trovare un equilibrio in un’epoca contraddistinta dall’evoluzione sempre più rapida del panorama tecnologico: “Se rimaniamo terreno di conquista di altre tecnologie prodotte da altri continenti ci toccherà spiegare a chi perde il lavoro cosa gli resta da fare – spiega Sommella -. Non dobbiamo diventare nè troppo digitali nè troppo nostalgici, nè lasciare troppo spazio all’homo legislativo: le norme non sono l’unica risposta al cambiamento del mondo ma piuttosto lo dovrebbero accompagnare. Troppo spesso pensiamo di risolvere i problemi globali con idee nazionali e confederazioni alla bisogna: di fronte a shock come pandemia e guerra servono più federazioni e meno confederazioni”.
Il direttore di MF Milano Finanza chiude con una riflessione sulle recenti elezioni americane e sulle sue conseguenze per il Vecchio Continente: “Se in Europa ci si muove da soli non si va da nessuna parte. Se Trump si dimostrerà intelligente sarà molto più moderato di quanto è apparso finora: prima del Covid non aveva sbagliato niente, perchè l’economia era in crescita e non aveva invaso nessun Paese. E’ una figura che predica male e razzola bene. Per l’Europa rispondere con leggi e dazi a una politica protezionistica come quella americana sarebbe sbagliato”.
– Foto Italpress –
(ITALPRESS).
Attualità
Per la Consulta illegittime alcune disposizioni sull’autonomia
ROMA (ITALPRESS) – La Corte costituzionale ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge sull’autonomia differenziata delle regioni ordinarie, considerando invece illegittime specifiche disposizioni dello stesso testo legislativo. I Giudici ritengono che la distribuzione delle funzioni legislative e amministrative tra i diversi livelli territoriali di governo, in attuazione dell’art. 116, terzo comma, non debba corrispondere all’esigenza di un riparto di potere tra i diversi segmenti del sistema politico, ma debba avvenire in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione. A tal fine, è il principio costituzionale di sussidiarietà che regola la distribuzione delle funzioni tra Stato e regioni. In questo quadro, l’autonomia differenziata deve essere funzionale a migliorare l’efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini.
La Corte, nell’esaminare i ricorsi delle Regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania, le difese del presidente del Consiglio dei ministri e gli atti d’intervento ad opponendum delle Regioni Lombardia, Piemonte e Veneto, ha ravvisato l’incostituzionalità dei seguenti profili della legge: la possibilità che l’intesa tra lo Stato e la regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie, laddove la Corte ritiene che la devoluzione debba riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative e debba essere giustificata, in relazione alla singola regione, alla luce del richiamato principio di sussidiarietà; il conferimento di una delega legislativa per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali priva di idonei criteri direttivi, con la conseguenza che la decisione sostanziale viene rimessa nelle mani del Governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento; la previsione che sia un decreto del presidente del Consiglio dei ministri a determinare l’aggiornamento dei Lep; il ricorso alla procedura prevista dalla legge di bilancio per il 2023 per la determinazione dei Lep con Dpcm, sino all’entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dalla stessa legge per definire i Lep. La possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista per finanziare le funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito; in base a tale previsione, potrebbero essere premiate proprio le regioni inefficienti, che – dopo aver ottenuto dallo Stato le risorse finalizzate all’esercizio delle funzioni trasferite – non sono in grado di assicurare con quelle risorse il compiuto adempimento delle stesse funzioni; la facoltatività, piuttosto che la doverosità, per le regioni destinatarie della devoluzione, del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, con conseguente indebolimento dei vincoli di solidarietà e unità della Repubblica; l’estensione della legge n. 86 del 2024, e dunque dell’art. 116, terzo comma, Cost. alle regioni a statuto speciale, che invece, per ottenere maggiori forme di autonomia, possono ricorrere alle procedure previste dai loro statuti speciali. La Consulta osserva che spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua discrezionalità, colmare i vuoti derivanti dall’accoglimento di alcune delle questioni sollevate dalle ricorrenti, nel rispetto dei principi costituzionali, in modo da assicurare la piena funzionalità della legge.
(ITALPRESS).
-Foto: Agenzia Fotogramma-
Attualità
Stefania Craxi “Mio padre mi ha insegnato l’indipendenza e la libertà”
ROMA (ITALPRESS) – Una vita nella quale politica e famiglia viaggiano costantemente insieme. La senatrice di Forza Italia Stefania Craxi, presidente della Commissione Affari Esteri e Difesa di Palazzo Madama, in un’intervista a Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress si racconta attraverso le pagine del suo ultimo libro “All’ombra della storia. La mia vita tra politica e affetti”, edizioni Piemme.
“Racconto la storia di una famiglia che è una famiglia politica e socialista, una famiglia che si allargava ad una comunità, quella socialista a sua volta aperta alla società civile – le parole di Stefania Craxi -. Avevo capito da subito, da bambina, che mio padre non si sarebbe mai occupato dei miei compiti, delle mie prime cotte, l’unico modo per restare vicino a lui era la politica e così ho fatto la mia prima campagna elettorale a 8 anni, zainetto in spalla su e giù per Milano. Anche lui si rese da subito conto che aveva poco spazio da passare in famiglia, così viaggiavo molto con lui, accompagnandolo nelle visite ufficiali in giro per il mondo”.
Craxi, ripercorrendo quegli anni, ha ricordato: “Mio padre (Bettino, ndr) mi ha lasciato un grande regalo, quello di farmi conoscere il fiato lungo della storia, era un uomo con valori risorgimentali, ottocenteschi ma con una visione moderna, lucidissima e lungimirante mi ha insegnato l’indipendenza e la libertà”.
Una storia vissuta tra Milano e Hammamet. In particolare sul capoluogo lombardo spiega: “Se si chiede oggi ad un milanese che cosa pensa della Milano degli anni ’80, chi l’ha vissuta, risponderà “Ridatecela”. Era la Milano delle opportunità, era la Milano disegnata dai sindaci riformisti, usciva dagli anni drammatici del terrorismo, che aveva anche vogli di divertirsi, era una città inclusiva, dove tutti si mischiavano, oggi Milano non è più così, hanno scambiato l’inclusività dei diritti con l’inclusività sociale, si è dimenticata di essere la capitale economica e morale del paese, ed è diventata una città per ricchi single”. Nel libro racconta di due Hammamet: “La prima quella che rappresenta la felicità, erano gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza, infanzia difficile perchè non c’era nulla, per l’adolescenza molto divertente perchè era diventata un ritrovo di molti artisti, italiani e francesi, molto vivace, molto viva, improvvisamente poi c’è l’Hammamet 2: il silenzio, la solitudine, l’isolamento, la difficoltà da lontano di farsi sentire, io ancora quella la giudico una storia di infamia che pesa sulla storia repubblicana dell’Italia. Le sentenze di Craxi sono pubbliche, si possono leggere e si può capire quale è stata l’ingiustizia, dopo di che la mia prima vita si chiude con la morte di mio padre e la politica torna a far parte della mia esistenza, forse non se ne era mai andata”.
Stefania Craxi precisa che “nel Paese l’aria è molto cambiata e la storia sta facendo il suo lavoro, prima di quanto io pensassi, questo libro è anche un’ode alla politica, alla buona politica e al suo primato: a quei tempi la politica aveva a che fare con la vita e con la morte, non con la televisione”.
La senatrice conclude ricordando gli anni della discesa in campo di Berlusconi: “Papà era contento che Silvio Berlusconi, con lui ha avuto una vera amicizia, avesse fermato la tristemente famosa “gioiosa macchina da guerra” di Occhetto che avrebbe, probabilmente, regalato al Paese anni di illiberalità. Sperava anche che si risolvesse il problema dello sconfinamento della giustizia in ambito politico, che si desse una fine politica a Tangentopoli, allo stesso tempo capisce che la politica era cambiata una volta per sempre”.
– Foto Italpress –
(ITALPRESS).
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