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SAI CHE… l’ADHD visto dalla prospettiva Māori?

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Nella cultura Māori, l’ADHD viene definito con il termine “aroreretini”, che si traduce come “l’attenzione va a molte cose”. Questa visione non etichetta le persone con ADHD come “diverse”, ma piuttosto celebra la loro capacità unica di raccogliere stimoli da più fonti contemporaneamente. È una riflessione che invita a vedere il disturbo non come una limitazione, ma come un punto di forza che alimenta creatività e intuizione, in contrasto con la visione occidentale che tende a focalizzarsi sulle difficoltà.

Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) è noto soprattutto per l’impatto che ha sulla vita di bambini, che spesso faticano a concentrarsi, controllare gli impulsi e gestire l’iperattività. Le difficoltà scolastiche e sociali che ne derivano sono comuni, ma questa visione alternativa proposta dai Māori offre una prospettiva innovativa. Invece di vedere il movimento costante della mente e la scarsa capacità di focalizzarsi come un ostacolo, la cultura Māori li considera come tratti naturali di una mente che esplora diverse direzioni, creando connessioni uniche.

In effetti, la definizione Māori di “aroreretini” riflette una mente che può sembrare distratta, ma che in realtà è altamente ricettiva e pronta a raccogliere e analizzare una molteplicità di stimoli e idee. L’attenzione che si sposta su molti fronti può essere una risorsa creativa, utile a cogliere dettagli che altrimenti potrebbero sfuggire. Questa visione, che pone l’accento sui punti di forza piuttosto che sui limiti, incoraggia una visione più inclusiva e positiva nei confronti della neurodiversità.

Le difficoltà associate all’ADHD, come la disattenzione, l’impulsività e l’iperattività, sono ben note, ma la cultura Māori invita a riconoscere le capacità creative che queste caratteristiche possono offrire. Le persone con ADHD, piuttosto che essere etichettate come problematiche, sono viste come individui con modalità differenti di pensare e interagire con il mondo. Questa visione valorizza l’originalità e la capacità di esplorare il mondo in modo non lineare.

Il termine “aroreretini” si inserisce in un contesto culturale che non solo riconosce la diversità, ma la celebra. Un’altra parola chiave della cultura Māori è “Takiwātanga”, che indica “il mio tempo e spazio”, un termine utilizzato per descrivere l’autismo e, analogamente, riflette un approccio che non stigmatizza, ma celebra le differenze come parte del mosaico umano.

In occidente, l’ADHD viene generalmente trattato come una patologia, con l’attenzione rivolta principalmente alla correzione dei comportamenti attraverso diagnosi, supporto educativo e, talvolta, farmaci. Tuttavia, la visione Māori ci invita a ripensare la neurodiversità e a considerarla una ricchezza, un punto di forza che arricchisce la società piuttosto che renderla più difficile da gestire. Questo approccio potrebbe contribuire a un cambiamento significativo nel modo in cui trattiamo e sosteniamo le persone con ADHD, promuovendo una cultura che celebra la differenza e incoraggia la valorizzazione delle qualità uniche di ciascun individuo.

Se da una parte la diagnosi di ADHD e il trattamento dei suoi sintomi sono un percorso importante per molti, dall’altra parte la visione inclusiva e rispettosa della cultura Māori offre una prospettiva che dovremmo imparare ad abbracciare. In fondo, come dimostrato dalla loro lingua e cultura, ogni individuo ha il potenziale di brillare a modo proprio, anche quando il mondo sembra non essere in grado di comprenderne le modalità di pensiero e interazione.

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SAI CHE… esiste una classifica dei popoli più stressati?

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Secondo una classifica elaborata da esperti di un’azienda olandese che si occupa di benessere, i greci sono i più stressati tra i popoli europei. Seguono i turchi al secondo posto e i portoghesi al terzo. Tra gli altri Paesi in classifica ci sono Malta, Cipro, Irlanda e Spagna. Gli italiani si trovano all’ottavo posto, precedendo francesi e svizzeri.

La classificazione dello stress si basa su dati provenienti dal Global Burden of Diseases, uno studio della rivista medica Lancet che analizza periodicamente lo stato di salute globale, compresa la salute mentale. Sono stati considerati fattori come lo stress percepito, la prevalenza di ansia e depressione, la percezione di tristezza e gioia, e le ore lavorative settimanali per le persone di età compresa tra 15 e 64 anni. I dati sono stati integrati anche con i sondaggi condotti da Eurostat e da Gallup.

L’indagine ha coinvolto tutti i Paesi europei ad eccezione della Russia e dell’Ucraina, le cui situazioni attuali a causa del conflitto sono ritenute poco affidabili per questo tipo di analisi.

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SAI PERCHE’…la lingua dei serpenti è biforcuta?

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La lingua biforcuta dei serpenti è una caratteristica distintiva che li differenzia dagli altri animali. Ma perché si è sviluppata questa particolare forma di lingua? In questo articolo, esploreremo le teorie e le spiegazioni scientifiche dietro questa peculiarità.

La lingua biforcuta dei serpenti ha un ruolo cruciale nel rilevare le sostanze chimiche nell’ambiente circostante. Essa consente loro di acquisire informazioni sulle prede, sui predatori e sull’ambiente stesso.

Funziona come un sensore chimico: quando il serpente estrae la lingua, le due estremità biforcate si muovono indipendentemente, catturando le particelle chimiche nell’aria. Al ritrarsi, queste particelle vengono trasportate ai recettori olfattivi nella bocca del serpente.

Ci sono varie teorie sull’origine della lingua biforcuta. Una suggerisce che sia stata sviluppata per migliorare l’efficienza nella caccia, mentre un’altra ipotizza che sia stata un adattamento per rilevare i predatori.

È stata una caratteristica cruciale nell’evoluzione dei serpenti, consentendo loro di adattarsi a differenti habitat e di sviluppare molteplici strategie di caccia grazie alla capacità di percepire le sostanze chimiche circostanti.

In conclusione, la lingua biforcuta dei serpenti svolge un ruolo fondamentale nella loro sopravvivenza. È uno strumento vitale per individuare prede e sfuggire ai predatori, contribuendo significativamente alla loro adattabilità e successo evolutivo.

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SAI PERCHE’… si attaccano i lucchetti dell’amore sui ponti?

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Vi è mai capitato di vedere un ponte decorato con centinaia o migliaia di lucchetti? Questo fenomeno, noto come “lucchetti dell’amore”, è diventato un simbolo romantico in tutto il mondo. Le coppie spesso incidono le loro iniziali sui lucchetti, li fissano a un ponte e gettano poi le chiavi in acqua come segno di amore eterno.

Origini del fenomeno

Sebbene la popolarità dei lucchetti dell’amore sia esplosa negli anni 2000 grazie al romanzo di Federico Moccia Tre Metri Sopra il Cielo, che descrive una scena al Ponte Milvio di Roma, le radici di questa usanza sono più antiche. Alcuni storici fanno risalire la pratica addirittura alla Prima Guerra Mondiale in Serbia, dove i lucchetti erano già utilizzati sul Most Ljubavi (“Ponte dell’Amore”) a Vrnjačka Banja.

Gli “scienziati del comportamento” hanno osservato e studiato questo rituale moderno. Uno studio del 2017 condotto da Ceri Houlbrook dell’Università dell’Hertfordshire ha documentato l’effetto emulazione. Nel caso del ponte Oxford Road di Manchester, il numero di lucchetti è passato da sette nel 2014 a 409 nel 2017, dimostrando come la pratica possa rapidamente diffondersi.

Alcuni studi hanno rivelato che le motivazioni per apporre un lucchetto variano. Alcune coppie lo fanno per commemorare le vacanze, altre per celebrare anniversari o eventi speciali. Curiosamente, una coppia di anziani ha utilizzato un lucchetto per commemorare una vincita alla lotteria!

Tuttavia, i lucchetti dell’amore non sono privi di problematiche. Oltre al costo per le autorità locali per la rimozione dei lucchetti, l’accumulo di questi oggetti può compromettere la sicurezza dei ponti. In effetti, l’eccessivo peso dei lucchetti ha sollevato preoccupazioni riguardo all’equilibrio statico delle strutture. Città come Parigi e Melbourne hanno dovuto affrontare questi problemi, portando a rimozioni massicce dei lucchetti.

Un altro aspetto problematico è rappresentato dalle conseguenze personali. Ad esempio, una donna ha percorso migliaia di chilometri dalla Corea del Sud agli Stati Uniti per rimuovere un lucchetto dopo la fine di una relazione.

I lucchetti dell’amore sono un affascinante fenomeno culturale che riflette il desiderio di legare simbolicamente un amore eterno a un luogo fisico. Tuttavia, è importante essere consapevoli delle potenziali problematiche legate a questa pratica, tra cui i rischi per la sicurezza delle strutture e le complicazioni personali per chi cerca di rimuovere i lucchetti. La bellezza e il romanticismo di questo rituale devono essere bilanciati con considerazioni pratiche per preservare la sicurezza e l’integrità delle infrastrutture.

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