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Economia

Analisi dei futuri scenari del prezzo dell’oro: cosa aspettarsi dopo i massimi storici

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Il 26 settembre 2024, il prezzo dell’oro ha raggiunto un nuovo record, toccando i 2.668,90 dollari l’oncia. Questo ha sollevato interrogativi su come si evolverà il mercato del metallo prezioso, e Wisdom Tree ha cercato di fornire risposte attraverso l’analisi di tre possibili scenari futuri.

Nel primo scenario, Wisdom Tree esamina le previsioni mediane degli economisti professionisti riguardo a inflazione, valore del dollaro e rendimenti dei titoli di stato. Si ipotizza che l’inflazione continuerà a scendere e stabilizzarsi su livelli leggermente superiori agli obiettivi delle banche centrali, mentre il dollaro potrebbe deprezzarsi e i rendimenti obbligazionari potrebbero diminuire. Se questo consenso si realizza, l’oro potrebbe raggiungere i 3.030 dollari/oncia entro il terzo trimestre del 2025, nonostante una possibile flessione nei mesi precedenti.

Il secondo scenario contempla un’inflazione che rimane alta a causa di shock commerciali o di specifiche materie prime. In questo contesto, la Fed continuerà il suo ciclo di tagli dei tassi, cercando di affrontare l’inflazione. Tuttavia, il sentiment nei confronti dell’oro rimarrebbe elevato a causa di notevoli rischi geopolitici. In questo caso, l’oro potrebbe raggiungere i 3.360 dollari/oncia entro il terzo trimestre del 2025, riflettendo un forte timore geopolitico-economico.

Il terzo scenario prevede una revisione della politica della Fed, con una continua avversione ai tagli dei tassi e un incremento dei rendimenti obbligazionari. In questo scenario, l’inflazione potrebbe scendere al di sotto degli obiettivi, con un dollaro in apprezzamento e un contesto di rigidità monetaria. Qui, l’oro potrebbe iniziare a scendere, arrivando a 2.200 dollari/oncia, per poi concludere il terzo trimestre del 2025 a 2.440 dollari/oncia.

Questi tre scenari presentano un ampio spettro di possibilità per il prezzo dell’oro, da un potenziale aumento significativo in un contesto di inflazione controllata e tensioni geopolitiche, a una possibile correzione in un ambiente di politica monetaria restrittiva. Con l’incertezza economica e politica attuale, gli investitori dovrebbero monitorare attentamente i segnali del mercato e le decisioni delle banche centrali per orientare le proprie scelte strategiche.

Economia

Maurizio Andrea Bormetti nuovo Direttore Marketing Opel Italia

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Si rinnova la Direzione Marketing di Opel in Italia con la nomina del nuovo Direttore, Maurizio Andrea Bormetti, dal 1° novembre 2024, in sostituzione di Eva Laureti che ha lasciato l’azienda, dopo 5 anni di fondamentale contributo, per seguire nuovi sviluppi professionali. Nato a Sondrio, 35 anni, Bormetti si è formato presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano con laurea in Economia e Gestione d’Impresa. Dal punto di vista professionale Bormetti ha ricoperto ruoli di crescente responsabilità nelle aree Vendite e Marketing di Citroèn e Peugeot, e prima ancora di altre multinazionali di differenti settori, prima di approdare in Opel Italia. Nel nuovo ruolo, Maurizio Andrea Bormetti, riporterà a Federico Scopelliti, Managing Director di Opel in Italia. Come prima sfida, dovrà affrontare importanti lanci di prodotto, con il rinnovamento dell’intera gamma SUV Opel: dall’aggiornamento recentemente annunciato di Opel Mokka, al nuovo Opel Frontera, alla seconda generazione di Opel Grandland. L’obiettivo è incrementare immagine e quote di mercato per Opel in Italia e rafforzare il ruolo del marchio tedesco all’interno del gruppo.

Ulteriore mission di Bormetti sarà consolidare il viaggio di Opel verso il futuro della mobilità, che vede, già oggi, il marchio del fulmine offrire una gamma di vetture e veicoli commerciali interamente offerto con motorizzazioni elettriche e con autonomia a zero emissioni fino a 700 km, a fianco delle alternative termiche e ibride, con soluzioni adatte a tutte le necessità.

foto: ufficio stampa Stellantis

 

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Economia

L’Italia tra fiducia e preoccupazione: il deficit pubblico in calo, ma la crescita economica rallenta

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Nella cornice dei recenti incontri del Fondo Monetario Internazionale (FMI) a Washington, i rappresentanti italiani hanno espresso una moderata fiducia nella possibilità di ridurre il deficit pubblico entro il 3% del PIL già nel 2025. Se riuscisse a mantenere questo ritmo, l’Italia potrebbe uscire dalla procedura di sorveglianza europea con un anno di anticipo, un traguardo che potrebbe avere effetti positivi sui costi di finanziamento del debito. Infatti, nonostante le recenti tensioni nei mercati dei titoli in Europa, in particolare a Parigi e Londra, l’Italia è riuscita a mantenere stabile il costo del proprio debito pubblico.

Tuttavia, rimane l’incognita della crescita economica. L’FMI ha recentemente previsto una crescita dello 0,7% per l’Italia nel 2024, una stima inferiore rispetto all’obiettivo dell’1% fissato dal governo italiano. I dati del terzo trimestre mostrano infatti un’economia stagnante, con una crescita cumulata di appena lo 0,42% fino a settembre. Dopo un rimbalzo rapido post-pandemia, l’Italia sta avanzando nel 2024 a un ritmo più lento rispetto agli obiettivi ufficiali, segnalando un possibile “cambio di stagione” nell’economia del Paese.

Mentre il dibattito si concentra sul deficit e sulla crescita, il settore industriale italiano sta vivendo una crisi poco visibile ma profonda, la più grave dagli anni della crisi finanziaria post-Lehman Brothers. Tra novembre 2022 e agosto 2024, il fatturato manifatturiero ha subito un calo dell’8% secondo le stime dell’Istat. La crisi non si limita ai settori in difficoltà da tempo, come il tessile (-24%), ma coinvolge anche industrie ad alta intensità energetica come la metallurgia (-15%), la gomma e plastica (-14%) e l’automobile (-23%).

Questi dati mettono in evidenza le sfide che l’Italia si trova ad affrontare mentre tenta di bilanciare la necessità di ridurre il deficit e, al contempo, rilanciare un settore industriale sotto pressione. L’auspicio è che le prospettive di stabilità nei conti pubblici si traducano in nuovi investimenti per affrontare la crisi industriale, stimolare l’economia e sostenere la crescita strutturale del Paese.

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Economia

Crisi dell’automotive europeo: licenziamenti e chiusure nel settore

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Il settore automotive europeo sta vivendo una crisi profonda e senza precedenti, con licenziamenti, chiusure di fabbriche e operai costretti a ricorrere alla cassa integrazione. Questo scenario allarmante si presenta in un contesto in cui l’industria è chiamata a una trasformazione radicale: il passaggio dai motori a combustione interna ai veicoli elettrici.

Il comparto dei trasporti, che costituisce un pilastro dell’economia europea con 14 milioni di lavoratori, si trova a fronteggiare sfide enormi. Le aziende automobilistiche si trovano a dover affrontare un mercato in evoluzione, dove l’innovazione tecnologica richiede investimenti significativi e una rapida adattabilità. Tuttavia, le difficoltà economiche, i costi crescenti delle materie prime e le incertezze geopolitiche stanno creando un ambiente ostile alla crescita.

Recentemente, l’Associazione Europea dei Costruttori di Automobili (Acea) ha lanciato un appello urgente per invertire questa tendenza negativa. L’industria automobilistica europea, che è sempre stata all’avanguardia in termini di qualità e innovazione, ora rischia di perdere competitività a causa di vulnerabilità strategiche che non possono essere ignorate. Le misure di emergenza sono necessarie per supportare questo settore cruciale, affinché possa affrontare le sfide del futuro senza compromettere l’occupazione e la stabilità economica.

Senza interventi mirati, il rischio è quello di assistere a un ulteriore deterioramento della situazione, con conseguenze devastanti per milioni di lavoratori e per l’economia nel suo complesso. La transizione ecologica deve essere accompagnata da politiche che tutelino le aziende e i posti di lavoro, garantendo così un futuro sostenibile per l’industria automotive europea.

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