Politica
Dibattito sulla manovra economica: Fratelli d’Italia difende la stabilità, Lega e Forza Italia chiedono modifiche sostanziali
Il dibattito sulla manovra economica del governo continua a infiammare il panorama politico italiano, con i partiti di maggioranza che si confrontano su possibili modifiche al testo uscito dal Consiglio dei ministri. Marco Osnato, presidente della Commissione Finanze della Camera e figura di spicco di Fratelli d’Italia, ha espresso la posizione del suo partito, sottolineando la coerenza della manovra con il programma di governo e gli impegni presi in ambito europeo.
Osnato ha indicato che, pur riconoscendo la possibilità di miglioramenti, non si prevedono cambiamenti sostanziali al testo, enfatizzando la necessità di mantenere gli impegni con l’Unione Europea e garantire la stabilità finanziaria del Paese. Questa stabilità è fondamentale per tenere sotto controllo lo spread e ridurre i costi del debito pubblico.
D’altra parte, partiti come la Lega e Forza Italia stanno spingendo per emendamenti significativi. La Lega ha presentato richieste specifiche riguardanti il sistema previdenziale, mentre Forza Italia punta a estendere la riduzione dell’aliquota Irpef per le fasce di reddito medio. Queste proposte, secondo alcuni osservatori, potrebbero rivelarsi decisive per il futuro della manovra, poiché non si limitano a piccole modifiche ma affrontano temi cruciali per i cittadini.
Il governo, comunque, rimane fermo sulla sua posizione. I leader di Fratelli d’Italia e i funzionari del Ministero dell’Economia hanno ribadito che la manovra deve rimanere in linea con gli accordi europei e non può subire variazioni significative senza rischiare di compromettere la stabilità economica.
Il panorama politico si presenta, quindi, teso e complesso, con le forze politiche che cercano di trovare un equilibrio tra le esigenze dei cittadini e le necessità di stabilità economica e finanziaria. Le prossime settimane saranno cruciali per comprendere se le pressioni interne al governo porteranno a modifiche significative o se il testo della Legge di Bilancio rimarrà sostanzialmente invariato.
Politica
Stefania Proietti eletta presidente dell’Umbria: il centrosinistra torna alla guida della Regione
Stefania Proietti è ufficialmente la nuova presidente della Regione Umbria. La candidata sostenuta da centrosinistra e liste civiche ha ottenuto il 51,13% dei voti, superando la presidente uscente Donatella Tesei, rappresentante del centrodestra, che si è fermata al 46,17%. Il risultato sancisce una svolta per l’Umbria, confermando la capacità di Proietti di riunire un’ampia coalizione e intercettare un consenso trasversale.
Con il nuovo assetto, il centrosinistra guadagna una solida maggioranza nell’Assemblea legislativa regionale, con 12 consiglieri eletti: nove del Partito Democratico, uno del Movimento 5 Stelle, uno di Umbria Domani e uno di Alleanza Verdi e Sinistra. Il centrodestra avrà sette rappresentanti, così suddivisi: tre per Fratelli d’Italia, due per Forza Italia, uno per la Lega e Donatella Tesei in qualità di consigliere aggiunto come presidente uscente.
Sul fronte delle preferenze di partito, il Partito Democratico si conferma la forza trainante del centrosinistra con il 30,3% dei voti, mentre Fratelli d’Italia guida la coalizione di centrodestra con il 19,44%.
La vittoria di Stefania Proietti segna un ritorno alla guida della Regione per il centrosinistra, che negli ultimi anni aveva perso il controllo dell’Umbria. L’affermazione di Proietti rappresenta anche una testimonianza del crescente peso delle coalizioni civiche in grado di dialogare con i partiti tradizionali.
La nuova presidente ha dichiarato che si impegnerà a lavorare per tutti i cittadini umbri, puntando su temi come il rilancio economico, il potenziamento della sanità pubblica e la sostenibilità ambientale. L’attenzione ora si sposta sulla composizione della giunta regionale e sui primi passi del nuovo governo per affrontare le sfide che attendono l’Umbria nei prossimi anni.
Politica
Cgil e Uil confermano lo sciopero generale del 29 novembre: trasporti ferroviari esclusi
Roma, 19 novembre 2024 – Cgil e Uil hanno ribadito la loro decisione di procedere con lo sciopero generale del 29 novembre, proclamato contro la manovra economica del governo. L’astensione dal lavoro coinvolgerà tutti i settori, sia pubblici che privati, fatta eccezione per il trasporto ferroviario, che sarà regolarmente operativo.
La decisione arriva dopo l’invito della Commissione di garanzia sugli scioperi, che aveva richiesto l’esclusione dallo stop dei settori cruciali come trasporti, sanità e giustizia per garantire i servizi essenziali. I due sindacati, tuttavia, hanno deciso di accogliere parzialmente l’indicazione, limitando l’esclusione al solo comparto ferroviario.
Cgil e Uil contestano la manovra economica presentata dal governo, ritenuta inadeguata a fronteggiare le difficoltà delle famiglie e dei lavoratori. Tra i principali motivi della protesta ci sono la richiesta di maggiori investimenti in sanità e istruzione, un intervento deciso contro la precarietà del lavoro e una revisione delle misure fiscali considerate insufficienti per sostenere le fasce più deboli della popolazione.
Lo sciopero interesserà quindi trasporto pubblico locale, aereo e marittimo, oltre a uffici pubblici, scuole, sanità e giustizia, con possibili disagi in tutta Italia. Saranno comunque garantiti i servizi minimi essenziali previsti dalla legge, come il pronto soccorso e altre attività urgenti in ambito sanitario e giudiziario.
In un comunicato congiunto, i vertici di Cgil e Uil hanno sottolineato la necessità di un confronto serio con l’esecutivo, auspicando che il governo apra al dialogo per apportare modifiche alla legge di bilancio e rispondere alle esigenze dei lavoratori e dei cittadini.
Lo sciopero del 29 novembre si preannuncia come un evento di forte impatto, volto a richiamare l’attenzione su questioni sociali ed economiche di grande rilevanza, con il rischio di ripercussioni significative sulla quotidianità di milioni di italiani.
Politica
Calderoli “L’autonomia verrà modificata, poi l’opposizione smetta di rompere”
“Io ho arato un campo incolto e se la Corte mi dà suggerimenti, sono contento. E’ stata l’opposizione a chiedere l’esame costituzionale dell’autonomia, quindi se ora applichiamo i suggerimenti costituzionali, nessuno deve più rompermi gli zebedei…”. Lo dice in un’intervista al quotidiano “La Repubblica” il ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli. “Nonostante qualcuno pensi che io abbia preso negativamente il pronunciamento della Corte, non è così. Ho il massimo rispetto dei giudici costituzionali – aggiunge -. Certo, sarei stato più contento se mi avessero detto “tutto a posto”, ma ho l’umiltà e l’orgoglio di chi, avendo percorso una terra sconosciuta e nuova, possa anche avere commesso qualche errore. Io sono riuscito a fare approvare in Parlamento una legge sull’autonomia e non avevo verità in tasca”.
Calderoli osserva che “il pronunciamento della Corte mi serve per correggere una legge in modo che sia corrispondente a quanto la Costituzione prescrive”.
“Se faccio un mea culpa? “Rispetto alle censure della Consulta a mia discolpa ho il fatto di avere usato una prassi consolidata dal passato e di muovermi in un territorio incognito. Ad esempio. Sui livelli essenziali di prestazione. i lep, nel caso della sanità sono stati definiti con un decreto del presidente del Consiglio dei ministri e sempre dpcm sono stati utilizzati per le misure anti Covid nel governo Conte. Però – spiega – questo strumento è considerato inidoneo per la definizione dei lep nell’autonomia differenziata. Se vogliono una fonte di rango primario, una legge del Parlamento o una legge delega, lo faremo”. “La mia legge”, rivendica Calderoli, “è fatta di 11 articoli e 45 commi, le Regioni di centrosinistra hanno contestato 43 dei 45 commi. La Consulta ha riscontrato 7 motivi su 60 di incostituzionalità che provvederemo a rimuovere. Risultato? L’impianto della legge ha retto”. E sul referendum spiega: “L’autonomia è solidale, forse anche troppo rispetto al comportamento di alcune Regioni.
A me il referendum non fa paura, perchè non ho mai creduto che fosse ammissibile. A Meloni manda a dire che senza autonomia niente premierato? E’ una competizione inesistente. I percorsi sono ampiamente separati e tali restano. Il premierato è una riforma costituzionale, richiede più tempo, ma vogliamo realizzarli entrambi”, conclude.
– foto: Agenzia Fotogramma –
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