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SAI CHE… 100 calciatrici scrivono alla FIFA contro l’Arabia Saudita e gli sponsor fossili?

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Più di 100 calciatrici da diverse federazioni mondiali, tra cui l’italiana Elena Linari, hanno preso una posizione forte e chiara contro l’Arabia Saudita e i suoi sponsor fossili. Questo gesto, che si configura come una sorta di class-action, rappresenta un importante passo avanti nella lotta per i diritti delle donne e per la sostenibilità ambientale.

Le atlete denunciano come il regime saudita, famoso per le sue gravi violazioni dei diritti umani, stia tentando di migliorare la propria immagine attraverso pratiche di sportwashing. Questi tentativi di distogliere l’attenzione dalle proprie atrocità attraverso eventi sportivi e sponsorizzazioni hanno suscitato indignazione. Le calciatrici sottolineano che, accettando il supporto di aziende come Saudi Aramco, la FIFA sta facendo una scelta etica discutibile, privilegiando il denaro rispetto alla sicurezza e ai diritti delle donne e del Pianeta.

In una lettera aperta indirizzata alla FIFA, le atlete hanno espressamente chiesto la cessazione del patrocinio con la compagnia petrolifera, evidenziando come Aramco non solo contribuisca alla crisi climatica, ma sia anche parte di un regime che opprime le donne e altre minoranze. Questo appello si inserisce in un contesto globale in cui sempre più atleti stanno utilizzando la propria voce per sensibilizzare su temi cruciali, come i diritti umani e la sostenibilità.

Il sostegno da parte di organizzazioni come Athletes of World dimostra l’importanza di unire le forze per affrontare questioni così rilevanti. L’iniziativa delle calciatrici è un invito a riflettere sulle responsabilità etiche dello sport professionistico e sull’impatto delle scelte economiche nel mondo dello sport.

La speranza è che questo grido di protesta non rimanga inascoltato e possa ispirare un cambiamento significativo, sia nel mondo del calcio che oltre.

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SAI CHE… Cos’è Great Elephant Migration?

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La “Great Elephant Migration” è un’incredibile iniziativa artistica che porta in giro per il mondo cento sculture di elefanti a grandezza naturale, realizzate da un collettivo di artisti chiamato “The Coexistence Collective”. L’obiettivo di questo progetto non è solo quello di stupire il pubblico con opere d’arte straordinarie, ma anche di sensibilizzare sull’importanza della conservazione degli elefanti e di raccogliere fondi per progetti che promuovono la coesistenza tra esseri umani e fauna selvatica.

Le sculture, create utilizzando la lantana camara, una pianta invasiva che minaccia gli ecosistemi naturali, sono state realizzate da circa 200 artigiani delle comunità indigene delle colline del Nilgiri, nel sud dell’India. Questa scelta di materiale non è casuale: il progetto non solo porta alla realizzazione di opere d’arte, ma contribuisce anche a rimuovere una pianta dannosa, favorendo il ripristino degli habitat per molte specie animali.

Dopo aver viaggiato in varie città del Regno Unito, la “mandria” di elefanti è attualmente in tournée negli Stati Uniti, con tappe in metropoli come New York, Miami, Houston e Los Angeles. Ogni scultura è disponibile per l’acquisto, con prezzi che variano tra gli 8.000 e i 22.000 dollari, e i proventi vengono destinati a iniziative di conservazione.

Un aspetto affascinante di questo progetto è il forte legame culturale tra le comunità indigene e la natura. Nelle colline del Nilgiri, la coesistenza con gli elefanti è una parte essenziale della vita quotidiana, basata su un profondo rispetto per tutti gli elementi naturali. La “Great Elephant Migration” non celebra solo la bellezza di queste creature ma sottolinea anche l’importanza di una relazione equilibrata e rispettosa tra l’umanità e il mondo naturale.

In sintesi, questa iniziativa artistica rappresenta un potente richiamo a riflettere sulla nostra responsabilità verso l’ambiente e sulla necessità di proteggere le specie in pericolo. La migrazione degli elefanti, quindi, diventa un simbolo di speranza per il futuro, invitando tutti a unirsi in uno sforzo comune per salvaguardare il nostro pianeta e le sue meraviglie.

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SAI CHE… Cos’è il forest bathing?

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In Giappone, il concetto di “forest bathing”, noto come shinrin-yoku, è diventato una pratica terapeutica riconosciuta, utilizzata dai medici per affrontare diversi disturbi legati allo stress e al benessere psicofisico. Questa forma di terapia consiste nell’immersione nei boschi, non solo fisicamente ma anche mentalmente, coinvolgendo tutti i sensi.

Il termine shinrin-yoku, che si traduce letteralmente in “bagno nella foresta”, è stato introdotto ufficialmente negli anni ’80 in risposta all’aumento dei problemi di salute mentale nelle aree urbane. L’idea è quella di permettere alle persone di riconnettersi con la natura, favorendo una maggiore serenità e benessere.

Diversi studi scientifici hanno evidenziato i benefici di questa pratica. Passare del tempo in un ambiente naturale ha dimostrato di ridurre i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, migliorando anche il sistema immunitario. Ricerche recenti hanno mostrato che il forest bathing contribuisce a una diminuzione della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca, segni di un profondo rilassamento.

Ma i vantaggi non si fermano qui. Il contatto con la natura si è rivelato efficace nel combattere ansia e depressione. Studi hanno evidenziato che le persone che partecipano a sessioni di shinrin-yoku riportano una significativa riduzione dei sintomi ansiosi e un miglioramento della qualità della vita. La combinazione di elementi come il silenzio, l’aria pulita e i composti naturali rilasciati dalle piante favorisce un ambiente calmante che stimola la salute mentale e fisica.

Grazie a questi benefici, i medici giapponesi raccomandano il forest bathing a pazienti affetti da diverse patologie legate allo stress, come ipertensione e disturbi cardiaci. Questo approccio olistico, tipico della cultura giapponese, considera la connessione tra corpo e mente fondamentale per affrontare le radici dello stress.

Con l’aumento dell’interesse per il benessere psicologico, anche in Occidente si sta esplorando l’integrazione del forest bathing nei protocolli terapeutici. Tuttavia, il Giappone rimane all’avanguardia in questo campo, con numerosi percorsi di shinrin-yoku ufficialmente certificati, che offrono ai cittadini e ai visitatori un’opportunità unica di rigenerazione attraverso il contatto diretto con la natura.

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SAI CHE… Sul Monte Pelmo è stata fatta una scoperta sorprendente?

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Recentemente, una frana nel cuore delle Dolomiti Bellunesi ha svelato un antico ghiacciaio del Monte Pelmo, ritenuto scomparso. Questa scoperta è avvenuta dopo decenni in cui il ghiacciaio era rimasto nascosto sotto uno spesso strato di detriti. La frana, avvenuta nel 2023, ha rivelato porzioni di ghiaccio blu e grigio a un’altitudine tra i 2000 e i 2200 metri, affascinando un’escursionista locale che si trovava nella Val D’Arcia.

Tuttavia, nonostante l’entusiasmo per questa scoperta, esperti avvertono che la nuova esposizione del ghiacciaio rappresenta una minaccia per la sua esistenza. Esposto ai raggi del sole e situato su una superficie inclinata, il ghiacciaio si trova in una condizione critica, con il rischio di un rapido scioglimento. Questo ghiacciaio è di particolare importanza, poiché rappresenta un residuo dell’ultima “piccola era glaciale”, che si concluse intorno al 1850. Nella parte superiore del massiccio, una morena alta 25 metri è testimone di quel periodo climatico.

Il Monte Pelmo, con i suoi 3.168 metri, è una delle montagne più imponenti delle Dolomiti, famosa non solo per il suo aspetto ma anche per le impronte di dinosauri scoperte ai suoi piedi. Conosciuto anche come “Caregon del Padreterno” per la sua forma unica, il Monte Pelmo offre una varietà di percorsi escursionistici, come il noto Giro del Pelmo, che permettono di ammirare panorami straordinari. Durante l’inverno, le vicine località sciistiche offrono l’opportunità di praticare sport in un contesto mozzafiato.

Inserito nel Patrimonio dell’Umanità Unesco, il Monte Pelmo continua ad attrarre appassionati di montagna e natura. Purtroppo, il cambiamento climatico ha portato a un continuo ritiro dei ghiacciai delle Dolomiti negli ultimi 150 anni. La protezione offerta dai detriti ha consentito al ghiacciaio del Pelmo di resistere più a lungo, ma ora che è di nuovo esposto, la sua sopravvivenza è minacciata. È fondamentale intraprendere azioni per preservare non solo questo ghiacciaio, ma anche l’intero ecosistema montano, minacciato dai cambiamenti climatici in corso

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