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Piracy Shield: il caos dell’anti-pirateria “blocca” Google

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Un episodio di grande impatto ha caratterizzato il fine settimana italiano del 19 ottobre 2024, quando Piracy Shield, il sistema nazionale anti-pirateria, ha bloccato per errore domini cruciali di Google, tra cui Google Drive. Questo evento ha creato disservizi significativi, mettendo in discussione l’efficacia del sistema e la sua capacità di proteggere le risorse digitali senza compromettere i servizi legittimi.

Un errore fatale

Il caos è iniziato in serata, quando il blocco di un dominio fondamentale per il funzionamento di Google Drive ha lasciato migliaia di utenti impossibilitati a scaricare file. L’incidente ha coinvolto non solo privati, ma anche aziende e istituzioni scolastiche che si affidano a Google Workspace. La tempistica, che ha coinciso con il weekend, ha mitigato l’impatto immediato, ma ha causato ansia tra gli utenti, trovatisi di fronte a un servizio inaccessibile.

I problemi strutturali di Piracy Shield

Per capire come sia potuto accadere un simile errore, è necessario esaminare la struttura di Piracy Shield, attivo dal 2023. Il sistema funziona tramite segnalazioni di detentori di diritti, come le emittenti sportive, che informano gli ISP su indirizzi IP sospetti. Una volta ricevuta una segnalazione, gli ISP hanno solo trenta minuti per attuare il blocco, limitando la possibilità di verifica accurata.

Un aspetto critico del sistema è la whitelist, che dovrebbe contenere circa 11.000 domini esenti da blocchi. Tuttavia, l’incidente ha rivelato che importanti domini di Google non erano presenti in questa lista. Questo solleva interrogativi sulla gestione e sull’accesso alle informazioni da parte delle aziende tecnologiche.

Risposta disorganizzata e reazioni politiche

La gestione dell’emergenza ha evidenziato l’assenza di un centro operativo centralizzato. Gli ISP hanno risposto in modo disomogeneo: alcuni hanno sbloccato il dominio, mentre altri hanno mantenuto il blocco. Le reazioni politiche non si sono fatte attendere, con proposte di interrogazioni parlamentari e richieste di una revisione delle procedure di sicurezza.

Riconsiderare il sistema

Questo episodio sottolinea la necessità di ripensare a Piracy Shield. Il sistema attuale non sembra tenere conto della complessità della moderna architettura di Internet, dove più risorse legittime possono coesistere sotto lo stesso dominio. È essenziale sviluppare soluzioni più precise e meno invasive che considerino la diversità delle risorse digitali.

In conclusione, il caso Google Drive è un campanello d’allarme per la sicurezza digitale in Italia. Mentre la lotta contro la pirateria resta un obiettivo importante, è fondamentale trovare un equilibrio tra la protezione dei diritti d’autore e la funzionalità dei servizi digitali. Solo un dialogo costruttivo tra istituzioni, operatori tecnologici e fornitori di servizi internet potrà portare a un sistema più efficace e giusto per tutti.

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Google contro il Dipartimento di Giustizia USA: tensione sul futuro di Chrome e dei dati di ricerca

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Google si oppone fermamente alle richieste avanzate dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (DOJ) nell’ambito di un caso legale che sta mettendo in discussione il predominio dell’azienda nel mercato della ricerca online. Tra le proposte avanzate dall’amministrazione americana spiccano misure drastiche come la cessione del browser Chrome, l’obbligo di condividere dati e risultati di ricerca con i concorrenti e altre disposizioni mirate a contrastare la presunta posizione monopolistica del gigante tecnologico.

L’azienda ha reagito duramente, sostenendo che le proposte del governo rappresentano un approccio eccessivo che va ben oltre le reali problematiche legali in gioco. In una dichiarazione, un alto dirigente di Google ha sottolineato come tali misure non solo avrebbero un impatto negativo sull’azienda, ma danneggerebbero anche gli interessi degli utenti e l’intero ecosistema tecnologico americano, proprio in un momento di forte competizione globale nel settore.

Secondo Google, l’imposizione di questi rimedi avrebbe effetti collaterali su larga scala, penalizzando consumatori e sviluppatori con un’alterazione forzata di un mercato già complesso. La società difende la sua posizione di leader, affermando che questa deriva dalla qualità e dall’innovazione, non da pratiche anticoncorrenziali.

Il Dipartimento di Giustizia, dal canto suo, accusa Google di avere sfruttato la sua posizione di dominanza per soffocare la concorrenza, ostacolando lo sviluppo di soluzioni alternative e consolidando un controllo senza rivali nel settore della ricerca. Le richieste di smembramento e condivisione dei dati mirano a ristabilire un equilibrio competitivo e a promuovere una maggiore diversità nel mercato digitale.

Il confronto legale potrebbe avere implicazioni significative per il futuro dell’industria tecnologica americana. Se il giudice accogliesse le richieste del DOJ, si tratterebbe di un evento storico con effetti dirompenti sia per Google che per l’intero settore.

Questa disputa, che coinvolge anche questioni di privacy, innovazione e competizione globale, rappresenta un banco di prova per la regolamentazione della tecnologia negli Stati Uniti. Da un lato, il governo intende garantire un mercato più equo; dall’altro, Google difende il proprio modello come un esempio di successo tecnologico.

La decisione finale del tribunale avrà probabilmente un impatto duraturo, non solo per Google, ma anche per il modo in cui le grandi aziende tecnologiche saranno regolate in futuro.

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All’assemblea Anci le infrastrutture digitali di Inwit per i Comuni

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ADN24

Soluzioni per smart city e smart rural, monitoraggio dell’aria e degli incendi boschivi, riduzione del digital divide, torri e coperture 4G e 5G dedicate multi-operatore per location indoor DAS (Distributed Antenna System). Questi alcuni dei temi che Inwit porta all’assemblea dell’Anci al Lingotto Fiere di Torino. L’obiettivo è quello di creare ecosistemi digitali capaci di portare innovazione nei modelli di business. Per questa ragione l’azienda dispone di quasi 25 mila torri e 600 location indoor coperte con DAS, che consentono a città e borghi di diventare sempre più smart. Una rivoluzione digitale che sta già sviluppando applicazioni nella Pubblica Amministrazione, nei trasporti e nella mobilità, nella gestione e distribuzione dell’energia, nell’illuminazione pubblica, nella sicurezza urbana, nella gestione dei rifiuti, nella manutenzione e ottimizzazione degli edifici pubblici e privati come scuole, università, ospedali e musei, nei sistemi di comunicazione e di informazione. L’azione di Inwit è volta anche a salvaguardare l’ambiente, la biodiversità e i territori sia nelle grandi città che nei borghi e nelle aree rurali. E’ il caso del monitoraggio della qualità dell’aria o della prevenzione degli incendi grazie a sensori IoT, videocamere smart dotate di intelligenza artificiale e gateway installati sulle torri, per dare supporto ad amministrazioni locali, forze dell’ordine, vigili del fuoco e della Protezione Civile. Nello spazio espositivo di Inwit si possono sperimentare visori per la realtà virtuale di ultima generazione, l’innovativo ruolo delle torri di telecomunicazione e comprendere meglio il valore delle infrastrutture digitali per comunità locali e territorio. Grazie al modello di una torre digitale di circa 2 metri, è possibile effettuare quattro diverse esperienze immersive: la simulazione del monitoraggio sul rischio incendi, la misurazione della qualità dell’aria mediante sensori IoT, la tutela della biodiversità con il monitoraggio di flora e fauna in aree protette e, in ultimo, la funzione della torre come abilitatore di connettività degli operatori di tlc (4G, 5G, FWA).

Sempre attraverso la realtà virtuale è possibile conoscere la potenzialità dei sistemi di micro-antenne per location indoor DAS (Distributed Antenna System), in grado di portare la connettività multi-operatore, anche 5G, in luoghi difficilmente accessibili o particolarmente affollati come ospedali, musei o metropolitane.
“Abbiamo portato connettività in oltre 130 ospedali, 10 università e una decina di musei in tutto il territorio italiano – spiega Michelangelo Suigo, direttore Relazioni Esterne, Comunicazione e Sostenibilità di Inwit – Siamo molto presenti anche sulle vie di trasporto e mobilità, visto che abbiamo appena realizzato la prima copertura interamente in 5G della nuova linea blu della metropolitana a Milano, oltre ad aver acquisito il controllo esclusivo della società Smart City Roma per realizzare il progetto di Roma 5G”. Per quanto riguarda il monitoraggio sulla qualità dell’aria o sulla prevenzione incendi, Inwit è presente prevalentemente in Abruzzo e Piemonte, ma anche in Lazio e Lombardia.

-Foto: xn3/Italpress-

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Modifiche all’algoritmo di X: favoriti i post di Elon Musk e dei repubblicani?

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ADN24

Un recente studio condotto dai ricercatori della Queensland University of Technology ha svelato come l’algoritmo di X, la piattaforma di social media di Elon Musk, sia stato modificato per favorire i post dell’imprenditore e dei profili repubblicani. La ricerca, condotta da Timothy Graham e Mark Andrejevic, ha analizzato i contenuti pubblicati tra il 1° gennaio e il 25 ottobre 2024, periodi che hanno preceduto le elezioni presidenziali americane.

Secondo lo studio, i cambiamenti nell’algoritmo sono diventati evidenti dopo che Musk ha ufficialmente appoggiato l’ex presidente Donald Trump il 13 luglio 2024. A partire da quel momento, i post pubblicati da Musk hanno visto un incremento significativo nelle loro metriche: le visualizzazioni sono aumentate del 138%, mentre i repost sono balzati addirittura del 238%. I ricercatori hanno anche osservato che gli account legati ai repubblicani, sia utenti comuni che politici, hanno beneficiato di un aumento delle visualizzazioni rispetto ai profili democratici.

Questo non è il primo caso di modifiche controverse all’algoritmo di X. Un intervento simile era già stato attuato a febbraio 2023, quando Musk aveva minacciato di licenziare gli ingegneri della piattaforma dopo che un suo post aveva ricevuto meno visualizzazioni rispetto a uno pubblicato dal presidente Joe Biden. La situazione aveva suscitato diverse polemiche, con molti che avevano sollevato dubbi su un possibile favoritismo nei confronti dei contenuti a sostegno di Musk e dei suoi alleati politici.

Questi ultimi sviluppi alimentano il dibattito sulle influenze politiche e sull’uso degli algoritmi nelle piattaforme social, che continuano a essere al centro di discussioni sulla trasparenza e sull’imparzialità nel trattamento dei contenuti.

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