Economia
Possibile modifica della tassazione sulle plusvalenze dei bitcoin: il dibattito in corso
L’aumento della ritenuta sulle plusvalenze derivanti dai bitcoin, proposto nella recente manovra finanziaria, ha già sollevato un acceso dibattito all’interno del Parlamento. Attualmente, la normativa prevede un’aliquota che passerebbe dal 26% al 42%. Tuttavia, questa proposta potrebbe essere soggetta a modifiche, come confermato dal deputato della Lega, Giulio Centemero.
Centemero ha dichiarato che la posizione del suo partito tende a rivedere l’incremento della tassazione, ritenendolo “controproducente”. Secondo il deputato, un aumento della tassazione potrebbe incoraggiare l’emersione del sommerso e ostacolare la crescita di un mercato, quello delle criptovalute, considerato in espansione e di rilevante interesse per molti italiani.
Inoltre, il deputato ha evidenziato l’importanza di allinearsi con le posizioni geopolitiche di leader influenti nel settore tecnologico, come Elon Musk e Donald Trump, che hanno espresso opinioni favorevoli nei confronti di un approccio più favorevole alle criptovalute.
Il dibattito sulla tassazione delle criptovalute rappresenta una questione cruciale non solo per gli investitori e i risparmiatori, ma anche per il futuro della regolamentazione economica in un settore in continua evoluzione. Con la manovra che si avvicina al dibattito parlamentare, è atteso un confronto significativo tra le varie posizioni politiche, con l’obiettivo di trovare un equilibrio tra l’esigenza di regolare il mercato e quella di incentivare la crescita economica e la protezione degli investitori.
Economia
Olio Evo, produzione in calo in Italia
Aumenta la produzione di olio, ma non in Italia: il nostro Paese, stando alle ultime stime di campagna, perde un terzo dei quantitativi rispetto allo scorso anno e chiude il 2024 con circa 224mila tonnellate di olio di oliva (-32%).
Nel bacino mediterraneo la produzione globale sarà maggiore del 30% e del 12% rispetto alla media degli ultimi cinque anni. Per effetto dell’alternanza produttiva, ma anche dei cambiamenti climatici, il nostro Paese per la prossima campagna sarà il quinto produttore al mondo dopo Spagna, Turchia, Tunisia e Grecia.
Oltre a una minore produzione generale di olive, quest’anno i produttori italiani, tranne in alcune zone, hanno dovuto scontare una resa in olio fra le più basse mai registrate. L’appello di Confagricoltura in occasione della giornata mondiale dell’olivo è di salvaguardare il giusto valore della filiera, che vede ancora costi di produzione elevati e in particolare di frangitura, ma anche evitare speculazioni e mantenere a un livello adeguato il prezzo minimo. Il mercato, infatti, non remunera adeguatamente il produttore: dai 9.9 Euro/kg dello scorso anno si è passati in questi giorni ad alcuni scambi dell’olio extravergine italiano a 7.8 Euro/kg.
“L’Italia è il Paese olivicolo con più biodiversità al mondo, con oli EVO di altissima qualità, unici per proprietà organolettiche e analitiche di cui si deve tenere conto: non si può ridurre tutto a un mero calcolo algebrico – dice Walter Placida, presidente della Federazione Olivicola Olearia di Confagricoltura -.
Mai come in questa stagione il prodotto italiano assume un connotato di rarità e prestigio; mai come in questa stagione, falcidiata in termini produttivi da un’alternanza esasperata e da eventi climatici acuti, va riconosciuto il giusto pregio all’EVO italico. Dobbiamo prestare attenzione alle speculazioni e ai tentativi di quotazioni al ribasso, richiamando alla responsabilità tutti gli attori della filiera, con il supporto delle istituzioni”.
In quest’ottica, ad avviso di Confagricoltura, sarà di aiuto anche implementare efficaci azioni di controllo sugli oli in commercio, soprattutto di provenienza estera, per accertarne l’origine e la qualità. Queste azioni, unitamente a una corretta informazione al consumatore, sono di vitale importanza per la tutela e sviluppo del prodotto olio extravergine di oliva italiano.
“Non dimentichiamo poi – aggiunge la Confederazione – che alcune zone in cui la coltivazione dell’olivo è secondaria rispetto ad altri comparti produttivi sono sovente aree di grande vocazione turistica: l’eventuale abbandono o incuria degli uliveti causerebbe un grave danno economico all’intero territorio”.
“Oltre alla necessità di attivare specifiche campagne informative ed educative sulle peculitarità dell’olio di oliva italiano – conclude Placida – riteniamo utile attivare percorsi di consumo guidato nella ristorazione e nei consueti canali di distribuzione organizzata. Una maggiore consapevolezza della qualità del nostro prodotto non può che rafforzare il comparto”.
– Foto ufficio stampa Confagricoltura –
Economia
Banco Bpm, per il Cda offerta Unicredit non riflette potenziale
Il Cda di Banco Bpm ha preso atto della comunicazione di UniCredit sull’offerta pubblica di scambio volontaria sulla totalità delle azioni, che “non è stata in alcun modo preventivamente concordata con la banca. Fermo restando che Banco Bpm si esprimerà con le tempistiche, gli strumenti e secondo le modalità previste dalla legge, dall’analisi del comunicato rileva, in via preliminare e nel migliore interesse degli azionisti, che l’offerta indica un corrispettivo unitario – interamente in azioni – che riflette un premio dello 0,5% rispetto al prezzo ufficiale di BBpm del 22 novembre, e uno sconto implicito del 7,6% rispetto al prezzo ufficiale di ieri.
Tali condizioni risultano del tutto inusuali per operazioni di questa tipologia e, nell’opinione del Cda, non riflettono in alcun modo la redditività e l’ulteriore potenziale di creazione di valore per gli azionisti di Banco Bpm”, si legge in una nota. Secondo il Cda “negli ultimi anni il mercato ha infatti riconosciuto a Banco Bpm una forte capacità di execution, sovra-performando gli obiettivi di piano annunciati e promuovendo importanti iniziative di rafforzamento dell’assetto delle fabbriche prodotto. Tali operazioni hanno permesso di creare valore per gli azionisti e per tutti gli altri stakeholders, rafforzando in modo significativo il posizionamento competitivo della Banca, che oggi si pone tra i player con le migliori prospettive di crescita nell’attuale scenario di mercato, in condizioni di estrarre dalle fabbriche prodotto un contributo in prospettiva ancora più importante, riducendo nel contempo la propria esposizione al rischio di riduzione dei tassi di interesse. L’offerta espone peraltro gli stakeholders di Banco Bpm all’alea connessa all’esito delle iniziative di espansione avviate da UniCredit in Germania nonchè a una significativa diluizione dell’attuale esposizione geografica che, in luogo di un’attrattiva concentrazione di Banco Bpm nelle regioni più dinamiche del Paese e dell’Eurozona, si riposizionerebbe su aree oggi caratterizzate da una minore crescita e un maggiore rischio geopolitico.
Al contempo, nel comunicato è indicato che, nel minor tempo possibile, è prevista la fusione tra le due banche, facendo pertanto venir meno l’autonomia giuridica di Banco Bpm a discapito del brand. Riducendo significativamente la concorrenza sul mercato bancario italiano sia per i clienti retail che per i clienti corporate, in particolare per le Pmi ossia il tessuto produttivo a cui storicamente la banca si rivolge. Infine, secondo quanto riferito, le sinergie di costo lorde stimate sono pari a 900 milioni, ossia più di un terzo della base costi di Banco Bpm, destando forti preoccupazioni sulle prevedibili ricadute a livello occupazionale e sociale. Peraltro tali sinergie, al pari di quelle di ricavo, non sono per nulla valorizzate nelle condizioni dell’offerta. Oltre a tali considerazioni, si evidenzia che la promozione dell’offerta comporta l’effetto di assoggettare Banco Bpm alla passivity rule; questo condizionerà la flessibilità strategica del gruppo, in particolare con riferimento alle condizioni dell’offerta pubblica di acquisto promossa lo scorso 6 novembre da Banco Bpm Vita, società interamente partecipata dalla Banca, sulla totalità delle azioni Anima Holding e al recente investimento da parte della Banca nel capitale sociale di Banca Monte dei Paschi di Siena, determinandosi così un quadro di elevata incertezza.
Viene quindi limitato lo spazio di manovra su base autonoma del management, che in questi anni ha dato prova di un forte track-record in termini di crescita organica e di iniziative straordinarie realizzando con successo, e senza richiedere capitale al mercato, operazioni quali l’integrazione tra Bpm e Banco Popolare, il de-risking del portafoglio creditizio, la riorganizzazione del bancassurance, la partnership nella monetica e, in ultimo, le operazioni su Anima e Banca Monte dei Paschi di Siena. La banca rimane focalizzata sull’implementazione del piano 2023-2026, sull’esecuzione dell’Opa su Anima e sul conseguente aggiornamento del piano industriale, non trascurando alcuna opzione strategica che possa ulteriormente contribuire all’obiettivo di creare valore per gli azionisti e per tutti gli altri stakeholders del gruppo Banco Bpm”, conclude la nota.
-Foto: Agenzia Fotogramma-
Economia
Inflazione e politiche monetarie: la sfida della Fed con l’arrivo di Trump
L’inflazione statunitense è salita al 2,6% in ottobre, rispetto al 2,4% di settembre, suscitando dubbi tra gli analisti su come ciò influenzerà le decisioni della Federal Reserve (Fed) sui tassi d’interesse. La prossima riunione della Fed, prevista per il 18 dicembre, si svolgerà alla vigilia dell’insediamento di Donald Trump, un contesto che aggiunge incertezze alla politica monetaria. Le preoccupazioni riguardano l’atteggiamento della nuova amministrazione nei confronti dell’indipendenza della banca centrale, un aspetto cruciale per la stabilità economica.
Sebbene la Fed abbia recentemente abbassato il tasso di riferimento, portandolo tra il 4,25% e il 4,75%, la sfida per la banca centrale è bilanciare l’economia evitando l’aumento della disoccupazione e prevenendo un nuovo rialzo dell’inflazione. Il presidente della Fed, Jay Powell, ha dichiarato che non c’è urgenza di abbassare ulteriormente i tassi, ma ha avvertito che il cammino verso il target dell’inflazione al 2% potrebbe non essere lineare. Le proposte economiche di Trump, come l’imposizione di dazi e l’espulsione di immigrati, potrebbero infatti riaccendere le pressioni inflazionistiche, complicando ulteriormente le decisioni future della Fed.
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