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La Spagna contro il Telemarketing: una proposta per vietare i contratti telefonici

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Il telemarketing invasivo è un problema che affligge molti consumatori in tutta Europa, Italia inclusa. Spesso, le telefonate moleste dei call center non si limitano a offrire prodotti o servizi, ma procedono anche all’attivazione di contratti non richiesti. Una nuova proposta dalla Spagna potrebbe cambiare radicalmente il panorama del telemarketing, cercando di mettere fine a queste pratiche attraverso un divieto radicale.

La proposta spagnola, ancora in fase di discussione e non approvata, prevede il divieto totale di stipulare contratti telefonicamente. Questo approccio mira a evitare le trappole e i raggiri che molti utenti, tanto in Spagna quanto in Italia, hanno dovuto affrontare. Ma può una misura del genere realmente risolvere il problema?

Normativa Italiana: Contratti Telefonici Senza Firma

In Italia, la legge consente la stipula di contratti telefonici senza la necessità di una firma fisica, regolata dal Codice del Consumo. Questa normativa, introdotta con il decreto legislativo 206/2005, è pensata per facilitare la sottoscrizione di contratti in situazioni di urgenza o impossibilità fisica. Tuttavia, il sistema ha mostrato delle lacune, e alcuni call center hanno approfittato della situazione per attivare servizi non richiesti.

Il Codice del Consumo richiede che il consumatore riceva tutte le informazioni necessarie sul contratto, anche telefonicamente. Tuttavia, spesso, le informazioni sono incomplete o mal presentate, e i call center usano registrazioni vocali per simulare un consenso che in realtà non è stato esplicitamente fornito. Il contratto diventa vincolante solo se confermato su un supporto durevole e con il consenso scritto del consumatore.

La Proposta della Spagna: Pro e Contro

La proposta spagnola, sebbene ancora in fase di valutazione, mira a eliminare i contratti stipulati telefonicamente, richiedendo che tutte le sottoscrizioni avvengano fisicamente in un punto vendita. Questa misura potrebbe avere diversi effetti:

Vantaggi:

Maggiore Sicurezza Giuridica: La necessità di una firma fisica ridurrebbe il rischio di contenziosi e frodi, poiché i contratti firmati a mano sono più difficili da falsificare.
Riduzione delle Truffe: Eliminando le registrazioni telefoniche come prova di consenso, si potrebbe diminuire l’incidenza di truffe e attivazioni non autorizzate.

Svantaggi:

Aumento della Burocrazia: La necessità di recarsi fisicamente in un negozio potrebbe incrementare i costi e i tempi di gestione, influenzando negativamente l’efficienza del processo.
Meno Flessibilità per i Consumatori: Alcuni consumatori apprezzano la comodità dei contratti telefonici o online. L’obbligo di incontrarsi di persona potrebbe risultare scomodo e potrebbe aumentare i costi dei servizi.
Impatto sui Costi: L’aumento dei costi per la gestione della documentazione fisica e la formazione del personale potrebbe ricadere sui consumatori, aumentando le fatture mensili.

In conclusione, mentre la proposta spagnola potrebbe rappresentare un passo avanti nella protezione dei consumatori, potrebbe anche comportare significativi svantaggi in termini di efficienza e flessibilità. L’adozione di misure simili richiederà un bilanciamento attento tra protezione dei consumatori e mantenimento della praticità e dell’efficienza nel mercato.

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Cybersecurity: in crescita gli attacchi informatici, la sanità tra i settori più colpiti

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Negli ultimi cinque anni, gli attacchi informatici a livello globale hanno visto un preoccupante incremento del 110%, con il primo semestre del 2024 che ha registrato il 13% del totale degli attacchi degli ultimi cinque anni. Questo dato rappresenta il numero più elevato di incidenti mai rilevato, come emerso dal rapporto annuale del Clusit, l’Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica. Il report sottolinea una crescente preoccupazione, soprattutto nel settore sanitario, che si conferma il più vulnerabile a livello mondiale.

Secondo il Clusit, la sanità è stata colpita dal 18% degli attacchi informatici globali nel primo semestre del 2024, un dato in crescita rispetto al 14% registrato nel 2023. In Italia, la situazione appare ancor più grave: il numero di incidenti nel settore sanitario è aumentato dell’83% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, evidenziando un trend preoccupante di maggiore interesse da parte dei cybercriminali per un settore cruciale e ad alto rischio.

A livello globale, gli attacchi informatici sono cresciuti del 23% nei primi sei mesi del 2024, con una media di nove attacchi al giorno, confermando l’urgente necessità di una maggiore protezione delle infrastrutture digitali, soprattutto in ambiti sensibili come quello sanitario. La sicurezza informatica continua a essere una delle priorità assolute per governi, aziende e istituzioni, che devono adottare misure sempre più avanzate per prevenire e contrastare le minacce sempre più sofisticate.

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Gli enzimi come soluzioni innovative per la bonifica ambientale e industriale

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Gli enzimi, potenti catalizzatori biologici, stanno emergendo come alleati fondamentali nel risanamento dell’ambiente, dalle acque reflue ai suoli contaminati. Con l’evoluzione delle biotecnologie, questi strumenti biologici si sono trasformati in risorse versatili, in grado di rispondere alle esigenze sia ambientali che industriali, contribuendo a ridurre l’impronta ecologica delle attività umane.

Frances Arnold, una delle figure più influenti in campo scientifico, ha recentemente posto l’accento sul potenziale degli enzimi nella bonifica ambientale, affermando che “la natura è la chimica più abile che esista”. Il suo approccio si concentra sul potenziamento della natura attraverso l’ingegnerizzazione di soluzioni più efficienti per risolvere i problemi legati agli inquinanti. Questo concetto trova applicazione concreta, ad esempio, nelle attività di biorisanamento, dove gli enzimi vengono impiegati per rimuovere contaminanti pericolosi da suolo, aria e acqua.

Il ruolo degli enzimi nel biorisanamento

Gli enzimi sono agenti biologici in grado di catalizzare reazioni chimiche, rendendole più rapide ed efficaci, senza alterarsi durante il processo. Laura Cipolla, docente di chimica organica applicata alle biotecnologie presso l’Università Bicocca di Milano, spiega che gli enzimi vengono utilizzati principalmente nel biorisanamento, un settore che si occupa della decontaminazione di ambienti naturali. Questi biocatalizzatori sono impiegati in numerose applicazioni industriali e ambientali, come il trattamento delle acque reflue, dove sono in grado di abbattere contaminanti organici, tra cui idrocarburi e sostanze tossiche.

Il mercato globale delle soluzioni per il trattamento delle acque è in continua espansione, con stime che indicano un valore di 600 miliardi di dollari, destinato a crescere nei prossimi anni grazie all’utilizzo sempre più diffuso degli enzimi. In particolare, le tecniche basate su enzimi microbici, come le laccasi e le perossidasi, vengono utilizzate per neutralizzare composti chimici pericolosi, incluso l’ammoniaca, i pesticidi e i metalli pesanti.

Tecnologie avanzate per la bonifica industriale

In Italia, l’attività di bonifica ambientale ha un valore di mercato che supera i tre miliardi di euro, con prospettive di forte crescita. Molti siti industriali, soprattutto nelle aree più inquinate, richiedono interventi urgenti per rimuovere sostanze dannose come i metalli pesanti, i coloranti sintetici e le plastiche. In questo contesto, la figura del biotecnologo industriale, che possiede le competenze per sfruttare le potenzialità degli enzimi, sta diventando sempre più indispensabile.

L’intervento di bonifica a Milano, ad esempio, presso un sito noto come la “Foresta della Goccia”, è un chiaro esempio di come gli enzimi possano essere utilizzati per trattare contaminazioni provenienti da attività industriali come la cromatura di metalli e il trattamento di pelli. Tatiana Stella, esperta in biotecnologie ambientali, sottolinea come l’impiego di biocatalizzatori come quelli derivati dalle piante e dai microrganismi stia portando a risultati promettenti nella decontaminazione dei terreni e delle acque, abbattendo sostanze pericolose come idrocarburi aromatici policiclici e coloranti industriali.

Un futuro più sostenibile grazie alle soluzioni naturali

Un altro esempio significativo viene da Cosimo Masini, CEO di Dnd Biotech di Pisa, che ha recentemente lavorato su un progetto di biorisanamento a livello internazionale. Il trattamento, applicato su acque sotterranee contaminate da trattamenti non idonei delle acque reflue, ha impiegato tecniche avanzate per potenziare il ciclo dell’azoto e ridurre la presenza di ammonio e nitrati. Grazie a soluzioni microbiche mirate, è stato possibile eliminare anche i coliformi, contaminanti patogeni presenti nelle acque.

In conclusione, l’impiego degli enzimi nel trattamento dei contaminanti ambientali non solo rappresenta una risposta efficace per migliorare la qualità dell’ambiente, ma si dimostra anche una strada percorribile per le industrie che vogliono ridurre la loro impronta ecologica e migliorare le loro pratiche sostenibili. Con l’adozione crescente di queste tecnologie, si apre la strada a un futuro in cui l’innovazione e la natura collaborano per preservare il nostro pianeta.

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Il restauro delle opere d’arte e l’impiego degli enzimi

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Il restauro delle opere d’arte è un campo che si sta sempre più evolvendo grazie all’innovazione scientifica, dove il ruolo della microbiologia è diventato fondamentale. Tra le tecniche più recenti, l’utilizzo di batteri specializzati per la pulizia e il mantenimento delle opere d’arte è un approccio che sta guadagnando terreno, soprattutto grazie all’azione degli enzimi, che aiutano a preservare e “rinfrescare” le superfici senza danneggiarle.

Chiara Alisi, ricercatrice biochimica presso Enea Casaccia, sottolinea che ogni intervento di restauro presenta sfide specifiche legate alla natura dell’opera. Ogni materiale e ogni tipo di invecchiamento richiedono un’azione mirata, ed è qui che entra in gioco la banca dati dei ceppi batterici, sviluppata dal gruppo Enea/Emcc, che raccoglie microrganismi con capacità particolari di produrre enzimi, acidi organici e molecole bioattive.

Questi ceppi vengono scelti per la loro capacità di “sciogliere” o digerire depositi dannosi sulle opere d’arte, come colle animali, resine naturali e sintetiche, cera d’api o ossidi di ferro, senza compromettere il materiale originale. Un esempio recente di questo approccio innovativo è il restauro di una vetrata del 1500, dove i restauratori hanno scelto di utilizzare due ceppi batterici specifici per affrontare problematiche legate alla presenza di resine e ossalato di calcio. In particolare, uno dei ceppi proviene dal terreno contaminato di Masua, in Sardegna, e si è dimostrato efficace contro i metalli pesanti e gli idrocarburi, mentre l’altro proviene da una tomba etrusca.

Un altro caso interessante riguarda l’utilizzo del ceppo Serratia ficaria SH7, già impiegato in interventi precedenti, come nella pulitura dei marmi della Sagrestia Nuova di Michelangelo. Questo tipo di approccio rappresenta una strada alternativa alle soluzioni tradizionali di pulitura, che potrebbero danneggiare le superfici delicate, come nel caso delle vetrate, che presentano grisaglia (silicato piombico) e potrebbero risultare compromesse da metodi aggressivi.

Grazie a queste nuove tecniche, il restauro delle opere d’arte beneficia di un’alleanza sempre più forte tra la scienza e l’arte, consentendo interventi meno invasivi e più mirati, che rispettano la storia e la delicatezza dei materiali originali. Con il continuo avanzamento della ricerca microbiologica e la costante evoluzione delle tecniche di conservazione, il mondo del restauro si prepara a scoprire nuove soluzioni ancora più efficaci per proteggere il nostro patrimonio artistico.

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