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Cronaca

Milano | Vallanzasca è “malato e disorientato”, per la difesa va trasferito in un luogo di cura

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Renato Vallanzasca, ex boss della banda della Comasina, è al centro di un’importante udienza oggi davanti al Tribunale di Sorveglianza di Milano. I legali di Vallanzasca, Corrado Limentani e Paolo Muzzi, hanno avanzato una richiesta di trasferimento in regime di detenzione domiciliare a causa delle gravi condizioni di salute dell’anziano criminale, ora 74enne. Secondo la difesa, Vallanzasca soffre di un decadimento mentale significativo, descritto nella recente relazione medica del carcere di Bollate come “disorientato nel tempo e parzialmente nello spazio”, con “comportamenti inadeguati” e “scarsamente collaborativo”.

I difensori hanno individuato una struttura assistenziale in Veneto, specializzata in malattie come l’Alzheimer e la demenza, che ha già accettato di accogliere Vallanzasca. Questo trasferimento, se approvato, permetterebbe all’ex capo della mala milanese di ricevere le cure e gli stimoli cognitivi necessari, come raccomandato nella relazione medica del carcere di Bollate. Secondo la difesa, l’ambiente carcerario non sarebbe adeguato per soddisfare queste esigenze.

In passato, Vallanzasca ha già usufruito di permessi premio per trascorrere del tempo in una comunità terapeutica. Tuttavia, la situazione clinica attuale è tale da rendere difficile la sua permanenza in regime carcerario. Le recenti valutazioni dei servizi di medicina penitenziaria del San Paolo di Milano confermano che le condizioni di Vallanzasca sono incompatibili con il regime penitenziario e richiedono una struttura assistenziale adeguata.

Oggi, il Tribunale di Sorveglianza ascolterà le argomentazioni della difesa e la posizione della Procura generale, che dovrà esprimere un parere sulla richiesta di trasferimento. I giudici Carmen D’Elia e Benedetta Rossi decideranno nei prossimi giorni, determinando se Vallanzasca potrà proseguire la sua detenzione in una struttura di cura esterna.

Cronaca

Latina: chiuso ristorante dopo un malore, gravi irregolarità igienico-sanitarie

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ADN24

Un ristorante di Latina è stato chiuso dai Carabinieri del Nas in collaborazione con il personale della Asl, a seguito di gravi carenze igienico-sanitarie e strutturali riscontrate durante un controllo. L’intervento è scattato dopo che un cliente, che aveva consumato una cena a base di pesce, ha accusato un malore.

Secondo quanto riportato, l’uomo avrebbe manifestato sintomi compatibili con una tossinfezione alimentare o una reazione allergica dopo aver mangiato tonno e alici. Gli alimenti sospetti sono stati sequestrati e inviati a laboratorio per verificare la presenza di contaminanti o allergeni non dichiarati.

Le verifiche nel locale hanno fatto emergere una situazione allarmante: circa 400 kg di alimenti, tra pesce, carne e prodotti vegetali, erano conservati in condizioni di promiscuità, senza etichette e senza rispettare le norme igieniche. La mancata adozione del sistema di autocontrollo HACCP, obbligatorio per garantire la sicurezza alimentare, è stata una delle infrazioni più gravi rilevate. Gli alimenti, considerati potenzialmente pericolosi, sono stati immediatamente distrutti per tutelare la salute pubblica.

Il valore della struttura chiusa è stato stimato in circa 400mila euro. Il titolare è stato multato per un totale di 3.000 euro e rischia ulteriori sanzioni in base ai risultati delle analisi sui campioni prelevati.

Le autorità hanno ribadito l’importanza del rispetto delle normative in materia di sicurezza alimentare, sottolineando che violazioni come queste possono mettere a rischio non solo i consumatori, ma anche l’intera attività commerciale.

L’episodio si aggiunge a recenti casi simili, come quello di un ristorante etnico a Parma, dove i Nas avevano trovato ragnatele, insetti morti e altre gravi irregolarità, evidenziando un problema diffuso nella gestione delle strutture ristorative.

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Cronaca

Tragedia in Brasile: muore dopo una liposuzione da 1.500 euro

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ADN24

Una tragedia ha colpito la comunità di San Paolo, Brasile, dove Paloma Lopes Alves, una donna di 31 anni, è morta in seguito a un intervento di liposuzione presso la clinica Manà Day. Paloma aveva conosciuto il medico, il dottor Josias dos Santos, tramite i social media, dove aveva trovato l’offerta per l’operazione al costo di 10mila real brasiliani (circa 1.500 euro). Tuttavia, l’intervento, che doveva riguardare schiena e addome, si è trasformato in un incubo.

Martedì 26 novembre, Paloma è entrata nella clinica in mattinata e avrebbe dovuto tornare a casa nel pomeriggio. Durante l’operazione, però, qualcosa è andato storto. La donna ha subito un arresto cardiorespiratorio ed è stata trasferita d’urgenza all’ospedale municipale di Tatuapé, dove i medici non sono riusciti a salvarla. Il suo decesso è stato registrato come sospetto.

Everton Silveira, marito della donna, ha raccontato che Paloma aveva risparmiato a lungo per potersi permettere l’intervento, ma aveva incontrato il chirurgo per la prima volta il giorno dell’operazione. Silveira ha denunciato che il dottor dos Santos, dopo la tragedia, ha chiuso la clinica ed è sparito senza fornire spiegazioni. “Voglio giustizia per Paloma,” ha dichiarato il marito.

Il caso ha suscitato indignazione in Brasile e riaperto il dibattito sulla regolamentazione delle cliniche estetiche e sulla sicurezza degli interventi promossi attraverso i social network.

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Cronaca

Scontri a Torino durante lo sciopero generale: antagonisti contro la polizia in via Sacchi

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Tensione e scontri tra manifestanti e forze dell’ordine a Torino durante lo sciopero generale di giovedì 28 novembre. Gli incidenti si sono verificati nel centro città, vicino alla stazione di Porta Nuova, precisamente in via Sacchi, dove un gruppo di antagonisti ha cercato di forzare il cordone di polizia e irrompere nella manifestazione principale. I manifestanti, appartenenti allo “spezzone sociale” del corteo, hanno tentato di passare con violenza attraverso la linea di sicurezza eretta dalle forze dell’ordine.

Le forze dell’ordine hanno risposto prontamente con cariche e manganellate, cercando di disperdere i dimostranti. I manifestanti hanno reagito con forza, sferrando calci, pugni e usando le aste delle bandiere per contrastare gli agenti. L’episodio ha avuto un forte impatto, con la zona di via Sacchi che è diventata teatro di uno scontro violento tra i due schieramenti.

Durante la protesta, i manifestanti hanno lanciato slogan contro il leader della Lega, Matteo Salvini, e si sono espressi anche contro il progetto della Tav Torino-Lione, tema che ha alimentato accesi dibattiti nel paese. La manifestazione, che inizialmente si era svolta in modo pacifico, ha subito una pesante escalation di violenza, attirando l’attenzione delle autorità locali.

Gli scontri sono stati un episodio di tensione che ha segnato la giornata di sciopero, alimentando le polemiche sulle modalità di protesta e sulla gestione dell’ordine pubblico. La situazione è stata monitorata dalle forze di sicurezza per evitare ulteriori escalation.

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